Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10160 del 18/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10160 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 23527-2013 proposto da:
STUDIO TECNICO ASSOCIATO ARCHITETTI MONACO
EDOARDO E MARTINI ALESSANDRO 02984890587 in persona
dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
SERPIERI 8, presso lo studio dell’avvocato GAETANO BUSCEMI,
che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
SPINA ANTONIO MARIA, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CIPRO 4/H, presso lo studio dell’avvocato SERGIO
CAMMARERI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIANO
CANNATA, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 18/05/2015

avverso la sentenza n. 1353/2012 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA del 31.7.2012, depositata il 10/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Gaetano Buscemi che ha chiesto

dato atto del deposito di relazione ex art. 380

cpc del seguente

tenore:
1— Lo Studio Associato Monaco-Martini propose opposizione avverso
il decreto del 1° dicembre 1998 con il quale il Presidente del Tribunale
di Catania, accogliendo il ricorso dell’ing. Antonio Maria Spina, aveva
ingiunto il pagamento di lire 290.073.126 quale residuo compenso per
l’opera prestata per il rifacimento progettuale dell’elaborato attinente
alla sistemazione esterna ed alle reti di alimentazione del nuovo centro
agro-alimentare di Catania; sostenne l’opponente — per quello che
ancora conserva interesse in sede di legittimità- di aver concordato con
il predetto professionista il compenso forfettario di 10 milioni di lire,
in parte corrisposto, dichiarandosi disposto a versare la differenza.
L’opposto nel costituirsi, contestò l’assenza di qualunque accordo,
assumendo che, a seguito di nuove richieste della committenza — la
società consortile Mercati Agro Alimentari di Sicilia — lo studio tecnico
aveva radicalmente modificato le variazioni progettuali in precedenza
concordate, pervenendo ad un incarico di estensione diversa e
maggiore che, come tale, avrebbe dovuto esser remunerato secondo
tariffa o quanto meno, nella misura del 50% della prima progettazione

2 — L’adito Tribunale con sentenza n. 150/2006 accolse l’opposizione
e, ritenuta la sussistenza e la validità della convenzione sull2 misura del
corrispettivo, condannò lo Studio Tecnico al pagamento di euro

Ric. 2013 n. 23527 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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l’accoglimento del ricorso.

3.873,43 ( pari a lire 7.500.000), oltre interessi secondo la misura e la
decorrenza indicate nella legge professionale.

3 — Lo Spina propose impugnazione; la Corte di Appello di Catania
riformò la prima pronunzia , condannando parte appellata al
pagamento di euro 78.458,00 -somma ritenuta corrispondente,

professionali- sulla base dell’assunto che, pur dando per accertato
l’accordo sul compenso, esso si sarebbe riferito alla prima richiesta di
modifica dell’originario incarico e quindi non sarebbe stato applicabile
al secondo affidamento di incarico, in revisione del precedente.

4 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso lo Studio
Associato Monaco-Martini, facendo valere un unico ed articolato
mezzo di annullamento, contro il quale l’ing Spina ha risposto con
controricorso.

OSSERVA IN DIRITTO
I — Parte ricorrente denunzia innanzi tutto la violazione e la falsa
applicazione delle norme che presiedono il corretto iter formativo del
pronunziamento giudiziale, con riferimento agli artt. 132, comma IV
cpc e 118 disp. att. cpc; assume altresì la sussistenza di un vizio di
motivazione, ricondotto in modo indifferenziato a tutte e tre le ipotesi
previste dall’art. 360, I comma, n.5 cpc, nella formulazione anteriore
alle modifiche introdotte con la legge 134/2012 (applicabile radone

temporis, dal momento che la gravata decisione è stata pubblicata il
giorno prima dell’entrata in vigore di tale testo normativo)in cui
sarebbe incorso il giudice dell’appello nella ricostruzione e
configurazione del contratto d’opera “ex artt. 112 e 116 cpc”

I.a — Lamenta parte ricorrente che il giudice del gravame avrebbe
disatteso le, per lei condivisibili, conclusioni alle quali era pervenuto il
giudice del grado precedente, in merito alla portata dell’accordo sul
Ric. 2013 n. 23527 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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/rta,c,cel<-0L-( secondo disposta CTU, alle spettanze liquidate secondo le tariffe compenso forfettario, senza un effettivo apporto argomentativo che consentisse di ricostruirne il percorso logico, così integrando una motivazione del tutto apparente; lamenta il mancato rilievo che si sarebbe dovuto attribuire alla conoscenza da parte dell'ing Spina — e degli altri collaboratori esterni — alla circostanza che tra la committente la corresponsione, da parte della prima all'esponente, di un compenso forfettario per le ulteriori modifiche progettuali; la Corte distrettuale, non considerando tale presupposto dell'agire delle parti, sarebbe incorsa in un'erronea interpretazione dei rapporti con l'ing. Spina in merito alla modifica dell'incarico progettuale; assume altresì lo Studio 'Associato che erroneamente il giudice dell'impugnazione avrebbe seguito le indicazioni del consulente di ufficio nella determinazione del nuovo compenso, dal momento che la tariffa professionale che l'ausiliare aveva ritenuto di applicare , si sarebbe potuta riferire al committente primario (la società consortile Mercati Agro Alimentari di Sicilia) e non già allo Spina, con il quale non era intervenuto un contratto di lavoro autonomo bensì di collaborazione tra professionisti; denunzia poi la parte ricorrente che elementi in contrario all'applicazione della tariffa nella misura richiesta, si sarebbero dovuti trarre dalla richiesta, formulata dall'ing Spina prima dell'inizio della causa, di una somma — lire 60 milioni di lire- ben diversa da quella poi esposta in via monitoria e denunziante quindi la presenza di un accordo su una somma inferiore. I.b Ripropone altresì il ricorrente, nell'esposizione del motivo, l'eccezione di inammissibilità dell'appello per carenza. di critiche specifiche alla sentenza di primo grado , assumendo che il detto gravame era del tutto generico e sostenendo che non sarebbe stato condivisibile il rigetto dell'eccezione da parte della Corte territoriale in Ric. 2013 n. 23527 sez. M2 - ud. 05-03-2015 -4- ed essa ricorrente era stato raggiunto un accordo che avrebbe previsto ■"11111~ quanto reso con motivazione del tutto incongrua, tale da integrare il vizio di cui all'art. 112 cpc. 11 — Il relatore propone la definizione del ricorso in camera di consiglio con decisione di manifesta infondatezza, essendo i singoli profili di censura affetti da molteplici cause di inammissibilità sarebbe incorsa la sentenza impugnata, contenuta nell'intestazione del motivo: gli art. 132 ( con evidente riferimento al n. 4 e non al comma IV della norma) cpc e 118 disp.att cpc attengono infatti agli aspetti formali che deve rivestire il pronunziamento del giudice per permettere la ricostruibilità del proprio ragionamento in rapporto allo svolgimento del processo ed alle difese delle parti e non già — come appresso si vedrà esser accaduto- ai risultati del proprio argomentare; la motivazione non può, ad un tempo, essere omessa, insufficiente e contraddittoria; la motivazione che si critica nei suoi approdi interpretativi non può dirsi omessa; la motivazione apparente — consistente cioè in apodittiche affermazioni- è astrattamente censurabile a' sensi dell'art. 360, 1 comma n.4 cpc in quanto nulla ex artt. 156 e 161 cpc; l'omessa pronunzia — su una domanda; su un motivo di gravame o su un'eccezione — non è, all'evidenza, ipotizzabile laddove vi sia stato un esame , pur se dedotto come insufficiente, su una di tali deduzioni difensive. II.b — La violazione dell'art. 342 cpc — non dedotta in epigrafe ma discorsivamente trattata ai foll 18-19 del mezzo- è inammissibilmente posta perché non viene allegato il contenuto dell'impugnazione dello Spina, in deroga al principio di autosufficienza del ricorso: invero, pur se trattasi di un dedotto error in _procedendo — come tale imponente alla Corte di scendere all'esame diretto dell'atto di appello- tuttavia a fronte della motivazione posta sul punto dal giudice dell'appello ( che ritenne Ric. 2013 n. 23527 sez. M2 - ud. 05-03-2015 -5- [La — Va innanzi tutto rimarcata l'erronea indicazione dei vizi in cui che la critica, contenuta nell'appello, alla ritenuta ininfluenza del sopravvenuto ampliamento dell'incarico progettuale sulla portata della convenzione sul compenso, ben integrasse motivo specifico di gravame) sarebbe stato onere della parte ricorrente addurre , in contrasto con il rigetto della propria eccezione, le ragioni testuali che che la mera non condivisione, da parte della parte ricorrente, di tale approdo interpretativo, non costituisce a sua volta ragionata critica — oltretutto male diretta sotto il vizio di omessa pronunzia — del ragionamento giudiziale. II.c — In definitiva le critiche contenute nel mezzo tendono tutte ad un mero riesame del merito — talvolta su basi del tutto nuove, come nel caso del disconoscimento dell'applicabilità della tariffa professionale ai rapporti tra professionisti dello stesso settore- oltretutto, come visto, non adeguatamente veicolato all'attenzione della Corte per il tramite dell'emergenza di uno dei vizi di cui all'art. 360 cpc III — Se verranno condivise le sopraesposte argomentazioni, il ricorso è idoneo ad esser trattato in camera di consiglio P.Q.M. Il ricorso può esser definito in camera di consiglio, ex astt. 380 bis; 375 n.5 cpc , per esser colà dichiarato manifestamente infondato ." Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro la parte ricorrente non ha svolto argomentazioni critiche idonee a confutarne la tenuta logica, atteso che nella memoria non si esaminano le valutazioni sopra esposte. Il ricorso va dunque rigettato e parte soccombente condannata al pagamento delle spese, liquidate secondo quanto indicato in dispositivo; — sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore Ric. 2013 n. 23527 sez. M2 - ud. 05-03-2015 -6- avrebbero militato per la contraria conclusione; è comunque evidente importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a nonna del comma 1 Pc"" dell'art. 13, d.P.R. 115/2002. P.Q.M. La Corte 5.800,00 di cui 200,00 per esborsi; a' sensi dell'art. 13, comma del d.P.R. n. 115/2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a nonna del comma Virdello stesso art. 13. Così deciso il 5 marzo 2015 in Roma, nella camera di consiglio della sez VI-2 della Suprema Corte di Cassazione Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento di euro

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