Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1016 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. II, 17/01/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 17/01/2011), n.1016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1385-2009 proposto da:

COMUNE DI STIGNANO (OMISSIS) in persona del Sindaco pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTTAVIANO 32, presso lo studio

dell’avvocato CARNUCCIO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende,

giusta Delib. Giunta Comunale 5 dicembre 2008, n. 85 e giusta mandato

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 316/2008 del TRIBUNALE di LOCRI Sezione

Distaccata di SIDERNO, depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIAMPAOLO

LECCISI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Locri con sentenza del 17 settembre 2008, notificata il 4 novembre 2008, rigettava l’appello proposto dal comune di Stignano avverso C.T., per la riforma della sentenza resa il 16 novembre 2006 dal giudice di pace di Stilo, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dall’opponente in relazione a sanzione amministrativa per violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9.

Rilevava che la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo apparecchio velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata; che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce la regola, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie deduceva che la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza. Il Tribunale riteneva, inoltre, che l’amministrazione non aveva prodotto in causa prova del certificato di omologazione del dispositivo elettronico utilizzato, indispensabile per dare dignità di prova all’accertamento effettuato con detto strumento. La sentenza impugnata infine esaminava e respingeva altri motivi di opposizione.

Il comune ha proposto ricorso per cassazione notificato il 2 gennaio 2009, imperniato su quattro motivi.

L’opponente è rimasto intimato.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, ravvisando la manifesta fondatezza del ricorso.

Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 nonchè violazione degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., affermando che la disposizione dell’art. 4 del citato decreto-legge non preclude la possibilità per gli agenti di polizia di procedere a rilevazione delle violazioni del limite di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte le volte in cui, non rientrando la strada tra quelle espressamente previste dalla citata disposizione e non essendo la strada stessa inclusa dal Prefetto nell’elenco delle strade in cui possono essere utilizzate dette apparecchiature, queste siano utilizzate direttamente dagli agenti stessi, i quali devono procedere a contestazione immediata salvo il caso in cui ciò non sia possibile ai sensi dell’art. 201 C.d.S. e dell’art. 384 relativo reg. esec.; evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, come esposto in narrativa.

Il Comune formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema che gli agenti di polizia in servizio sulle strade per le quali non è applicabile la speciale disciplina di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4 convertito in L. n. 168 del 2002 (per l’assenza del decreto prefettizio ex art. 4, comma 2, cit.) possono parimenti procedere al rilevamento della velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti) direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata contestazione della velocità vietata, salvo però le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 dello stesso codice ed esemplificate dall’art. 384 reg. att.)”.

Connesso al primo è il secondo motivo, con cui si chiede alla Corte di stabilire “che nel caso di accertamento della violazione dei limiti di velocità a mezzo autovelox (art. 142 C.d.S.), da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione differita dell’infrazione quando si verificano le situazioni di impossibilità contemplate dall’art. 201, comma 1-bis (lett. e); e ciò pur con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative ragioni, che se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384 (lett. e) del regolamento divengono insindacabili”.

Entrambi i motivi sono manifestamente fondati, trovando applicazione il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui “il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione dello stesso art. 4, comma 2 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del medesimo art. 4, comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1-bis” (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008). Ed inoltre va rilevato che, a fronte dell’affermata possibilità di rilevamento da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, nel caso non si sia proceduto alla contestazione immediata nei confronti del trasgressore, l’indicazione nel verbale di una ragione che renda ammissibile la contestazione differita dell’infrazione, comporta “ipso facto” la legittimità del verbale medesimo e della conseguente irrogazione della sanzione, senza che sussista alcun margine da parte del giudice di apprezzare nel concreto le scelte organizzative compiute dall’amministrazione ai fini dell’espletamento del servizio.

(Cass. 19032/08; 24355/06).

Terzo e quarto motivo, relativi all’omologazione dell’apparecchiatura utilizzata, denunciano rispettivamente: a) violazione dell’art. 142 C.d.S. e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 reg. esec. nonchè del decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 2971 del 27 novembre 1989; b) vizi di motivazione in ordine alla ritenuta mancanza del certificato di omologazione. La manifesta fondatezza del terzo motivo, che assorbe l’altra censura, risulta da un ormai consolidato orientamento di questa Corte. Il Comune chiede con il ricorso di ribadire che ai fini della sussistenza del requisito della omologazione dell’apparecchiatura elettronica utilizzata per la rilevazione della velocità e la contestazione dell’infrazione, osserva il ricorrente, ciò che rileva è che il modello di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola specifica apparecchiatura in concreto usata.

Premesso che dalla sentenza impugnata risulta che nel caso di specie, lo stesso verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata, la Corte di cassazione ha da tempo chiarito che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass., n. 29333 del 2008, ed ivi precedenti richiamati); il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – dacchè tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore (Cass., n. 29333 del 2008, cit.; Cass., n. 9950 del 2007); – in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142, comma 6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 C.d.S., (Cass., n. 29333 del 2008, cit.).

Corollario di questa affermazione è l’insussistenza di alcun ulteriore onere probatorio, a carico dell’Amministrazione, relativo alla perdurante funzionalità delle predette apparecchiature.(Cass 17361/08).

Pertanto, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata; non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione originaria; parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo quanto ai tre gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna l’opponente al pagamento delle spese dell’intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti, ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari di avvocato; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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