Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10159 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 16/04/2021), n.10159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9129-2017 proposto da:

I.A., A.E., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIALE AMERICA 125, presso lo studio dell’avvocato MARZIA AZZELLA,

rappresentate e difese dall’avvocato MARIA LETIZIA BORTONE;

– ricorrenti –

contro

LA SCAURESE EREDI R. DI R.R. & C. S.A.S., in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA SPARAGNA;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO, SENZA NUMERO DI R.G. proposta da:

I.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE AMERICA 125,

presso lo studio dell’avvocato MARZIA AllELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA LETIZIA BORTONE;

– ricorrente successivo –

contro

LA SCAURESE EREDI R. DI R.R. & C. S.A.S., in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA SPARAGNA;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 5078/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/11/2017 R.G.N. 7184/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

 

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 16 novembre 2016, la Corte d’Appello di Roma, chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione resa dal Tribunale di Latina, che, con riguardo alla domanda proposta da A.E. e A. e I.C. nei confronti di La Scaurese eredi R. di R.R. & C. s.a.s., società operante nel settore dei servizi di pulizia alle cui dipendenze operavano le istanti, avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive maturate per essere state le medesime retribuite in misura inferiore alle ore effettivamente lavorate e per non aver ricevuto il TFR, disattesa la pretesa relativa alla retribuzione ordinaria unitamente alla domanda riconvenzionale sul punto proposta dalla Società, accoglieva in favore di ciascuna delle istanti la pretesa relativa al TFR, in parziale riforma della decisione di primo grado, confermava l’accoglimento della pretesa avanzata dalle istanti quanto al TFR, salvo rideterminare in riduzione l’importo spettante all’ A. ma, nel contempo, in accoglimento della riconvenzionale proposta dalla Società, condannava le istanti alla restituzione delle somme accertate come corrisposte in eccesso a titolo di retribuzione per le ore lavorate;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione, sollevata dalle originarie istanti, di inammissibilità dell’appello proposto dalla Società presentando questo appieno i requisiti di forma e di sostanza di cui all’art. 434 c.p.c., parimenti infondata la censura proposta dalla Società di nullità della sentenza di primo grado per omessa pronunzia sull’eccezione di prescrizione, attenendo questa alla pretesa relativa alle ore non retribuite rigettata in prime cure, fondate viceversa le ulteriori censure, essendo risultato da un lato incontroverso che le lavoratrici fossero state pagate per ore di lavoro in più segnalate ma mai effettuate e dall’altro erronea la somma riconosciuta all’ A., in via equitativa ed immotivatamente, a titolo di TFR;

che per la cassazione di tale decisione ricorrono, da un lato, A.E. e I.A. affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso la Società e, dall’altro, I.C., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la Società.

che le ricorrenti A.E. e I.A. hanno poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che le ricorrenti A.E. e I.A., con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 81,100,112,342 e 437 c.p.c., art. 2909 c.c.artt. 3,24 e 111 Cost., imputano alla Corte territoriale di essersi pronunziata in ordine alla domanda riconvenzionale di restituzione delle retribuzioni corrisposte in eccesso rispetto alle ore lavorate in difetto di devoluzione della questione avendo la Società in sede di gravame sostenuto la correttezza della decisione di prime cure, limitatasi al rigetto della pretesa contraria delle originarie ricorrenti (relativa al pagamento delle ore lavorate in misura superiore a quelle retribuite) e in presenza, viceversa, di un giudicato implicito formatosi sulla domanda restitutoria della Società in ragione della motivazione del rigetto della pretesa delle originarie ricorrenti recata dalla sentenza di primo grado data dal mancato raggiungimento della prova dell’orario, motivazione tale da riflettersi sulla pretesa opposta della Società e da ritenerla rigettata;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,132,163,164,345,416,420 e 437 c.p.c.artt. 2033,1427,1429,1431,1441,1442 e 2077 c.c., le stesse ricorrenti lamentano la nullità della sentenza per omessa o inesistente motivazione in ordine ai motivi ulteriori rispetto al primo, specificamente motivato, solo cumulativamente richiamati quando l’accoglimento ha riguardato esclusivamente l’ultimo (il quarto) dei motivi di appello concernente il rigetto della domanda riconvenzionale e comunque l’inammissibilità di tale ultimo motivo per la novità della domanda sottesa all’accoglimento del medesimo, da ritenersi diversa da quella formulata in via riconvenzionale in primo grado per essere quella fondata sulla qualificazione del pagamento effettuato come indebito oggettivo ovvero in assenza di causa, laddove in sede di gravame la ripetizione delle somme risultava basata sull’annullamento dell’atto di adempimento dell’obbligazione in essere per errore essenziale e riconoscibile, errore peraltro neppure configurabile laddove il pagamento eccedente il dovuto ben poteva qualificarsi nel rapporto tra datore e lavoratore come trattamento di miglior favore;

che con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2033,2077 e 2697 c.c., le ricorrenti lamentano la non conformità a diritto della pronunzia di accoglimento resa dalla Corte territoriale circa la domanda riconvenzionale della Società, atteso che, in difetto della prova incombente alla Società medesima dell’assenza o del venir meno della causa giustificativa del pagamento, elemento costitutivo della ripetizione dell’indebito, quanto pagato sarebbe qualificabile come superminimo;

che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.artt. 115 e 116 c.p.c. è prospettata in relazione all’erroneo apprezzamento da parte della Corte territoriale delle prove, tanto documentali che testimoniali, attestanti, a detta delle ricorrenti, anzichè il pagamento eccedente l’orario svolto da esse medesime la conoscenza risalente da parte della Società dell’orario inferiore al dichiarato e quindi dell’erogazione delle somme eccedenti a titolo di superminimo e pertanto tale da inficiare la decisione della Corte territoriale di accoglimento della domanda riconvenzionale della Società; che, dal canto suo, la ricorrente I.C., con l’unico motivo, nel denunciare la violazione degli artt. 81,83,84,125,159,163,414,417 e 434 c.p.c., deduce la nullità della sentenza impugnata per essere stata pronunziata nei confronti della ricorrente che, a suo dire, stante la falsità della sottoscrizione apposta in calce al mandato a margine del ricorso di primo grado, non avrebbe rilasciato alcuna procura per la difesa in giudizio da parte degli avvocati che hanno proposto il ricorso;

che il Collegio, riuniti i ricorsi e proceduto all’esame dei motivi di impugnazione, ritiene l’inammissibilità dell’unico motivo del ricorso proposto da I.C., risultando in questa sede improponibile la querela di falso trattandosi di atti afferenti a precedenti fasi processuali (cfr Cass. 2.11.2004, n. 21054), mentre, quanto ai quattro motivi di cui al ricorso proposto da A.E. ed I.A., li ritiene inammissibili, risultando le censure di cui ai primi due inconferenti rispetto alla pronunzia della Corte territoriale in punto ammissibilità del gravame proposto dalla Società, che appare corretta sia sotto il profilo del riconosciuto effetto devolutivo della cognizione della domanda riconvenzionale di ripetizione dell’indebito conseguente alla formulazione sul punto di un apposito motivo di appello, sia sotto il profilo della sancita tempestività della domanda medesima conseguente alla qualificazione che della stessa la Corte territoriale ha, con valutazione insindacabile in questa sede, operato in termini non differenziati, come sostenuto dalle ricorrenti, in relazione alle diverse espressioni usate nell’avanzarla in primo e secondo grado, ma in termini del tutto identici nel due gradi e risolvendosi quelle di cui al terzo e quarto motivo nella mera confutazione del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa l’assolvimento da parte della Società della prova dell’indebito dato dallo svolgimento da parte delle odierne ricorrenti di un numero di ore inferiore a quelle loro pagate, convincimento che si rivela fondato sul rilievo, qui non fatto oggetto di specifica censura, per il quale a riguardo nessuna contestazione era stata sul punto mossa dalle odierne ricorrenti nella memoria in appello;

che i ricorsi riuniti vanno pertanto dichiarati inammissibili;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte riuniti i ricorsi li dichiara inammissibili. Condanna I.C. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Condanna A.E. e I.A. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

 

 

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