Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10158 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 16/04/2021), n.10158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23828-2017 proposto da:

ESSEX ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DOMENICO

PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PIERGIOVANNI MANDRUZZATO;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA, 48,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO, SENZA NUMERO DI R.G. proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA, 48,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente successivo –

contro

– ESSEX ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DOMENICO

PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PIERGIOVANNI MANDRUZZATO;

MSD ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DOMENICO PETRACCA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERGIOVANNI

MANDRUZZATO;

– controricorrenti al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 735/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 07/08/2017 R.G.N. 249/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 7 agosto 2017, la Corte d’appello di Palermo dichiarava, nei due giudizi riuniti di reclamo rispettivamente proposti da MSD Italia s.r.l. e da Essex Italia s.r.l., illegittimo il licenziamento intimato il 9 luglio 2015 dalla seconda società a G.G., condannandola a riassumere il lavoratore entro tre giorni ovvero a versargli, a titolo risarcitorio, un’indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori e condannando il predetto “a restituire alla parte reclamante la differenza tra l’indennità risarcitoria sopra liquidata e quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado”, così riformata;

2. il Tribunale aveva infatti dichiarato la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra G.G. e MSD Italia s.r.l., siccome sua effettiva datrice di lavoro, per effetto della conversione, a norma del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1 del rapporto contrattuale del 9 febbraio 2012 con Essex Italia s.r.l., in stretta correlazione con il rapporto di distribuzione intrattenuto tra le due società, formalmente di agenzia, ma non così qualificabile per l’attività di informatore scientifico prestata dal lavoratore, piuttosto integrante una collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, soggetta alle previsioni dell’art. 61 D.Lgs. cit., non rientrando in alcuna ipotesi esclusa dalla sua applicazione, in difetto di un progetto o programma di lavoro. A causa di una tale qualificazione del rapporto, esso aveva quindi dichiarato illegittimo (per la sua generica giustificazione in base a “precedenti penali”) il licenziamento, così qualificato il recesso del 9 luglio 2015 e condannato MSD Italia s.r.l., per la ritenuta insussistenza del fatto, alla reintegrazione di G.G. nel posto di lavoro e al pagamento, in suo favore a titolo di indennità risarcitoria, della somma di Euro 30.000,00, pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;

3. ribadita la diversa natura dell’attività di informatore scientifico (di mera propaganda informativa) da quella di agente (di promozione della conclusione di contratti), pure riscontrata da dati di fatto (pattuizione di modalità di computo del compenso variabile e operatività nella medesima zona di “agenti di farmacia”) e ricondotta la prima, in difetto di diversi elementi, all’area della parasubordinazione con applicabilità ratione temporis della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 (non rientrando l’informazione scientifica in alcuna delle attività, indicate dal suo comma 3, escluse dal campo di applicazione della disciplina ed essendo l’art. 69bis introdotto dalla L. n. 92 del 2012 successivo alla conclusione del contratto), la Corte territoriale condivideva con il Tribunale la conversione del rapporto per difetto di un progetto di lavoro, a norma dell’art. 69, comma 1 D.Lgs. cit.;

4. essa escludeva tuttavia, in esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, l’interposizione fittizia di Essex Italia s.r.l., ritenendola pertanto titolare del rapporto convertito. Qualificato poi il suo recesso del 9 luglio 2015 alla stregua di licenziamento disciplinare (siccome fondato su precedenti penali tali da non consentire la prosecuzione del rapporto), intimato senza le garanzie procedimentali stabilite dalla L. n. 300 del 1970, art. 7 e comunque in assenza di giusta causa (per la documentata revoca del decreto penale di condanna), ne dichiarava l’illegittimità, applicando la tutela obbligatoria (in assenza del requisito dimensionale per l’applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18) con le condanne suindicate;

5. con atto notificato il 5 ottobre 2017, Essex Italia s.r.l. ricorreva per cassazione con due motivi, cui il lavoratore resisteva con controricorso; il medesimo notificava in data successiva (6 ottobre 2017) autonomo atto (da qualificare pertanto ricorso incidentale: Cass. 20 marzo 2015, n. 5695; Cass. 14 gennaio 2020, n. 448) con cui parimenti ricorreva per cassazione con due motivi, cui M.S.D. s.r.l. ed Essex Italia s.r.l. resistevano con controricorso;

6. tutte le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. la società ricorrente deduce violazione degli artt. 1362,1742 c.c., D.Lgs. n. 219 del 2006, artt. 113 e 122 per la negata riconducibilità dell’attività di propaganda informativa, propria dell’informatore scientifico del farmaco, al contratto di agenzia, individuato parimenti da un’attività di promozione, e non già di “convincimento del potenziale cliente ad effettuare ordini”, erroneamente ritenuta costituire suo peculiare requisito, posta che anch’essa consiste in un’attività di promozione volta a favorire la vendita, che non necessariamente deve essere conclusa dall’agente, siccome non onerato della “ricerca del cliente”, purchè ad essa causalmente ricollegabile: diversamente trasformandosi un’obbligazione di mezzi, quale quella dell’agente, in una di risultato (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. l’attività del propagandista di medicinali (definito anche propagandista scientifico o informatore medico-scientifico), che può svolgersi sia nell’ambito del rapporto di lavoro autonomo che in quello del rapporto di lavoro subordinato, consiste nel persuadere la potenziale clientela dell’opportunità dell’acquisto, informandola del prodotto e delle sue caratteristiche, ma senza promuovere (se non in via del tutto marginale) la conclusione di contratti: così differendo dall’attività dell’agente, il quale, nell’ambito di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato, deve altresì pervenire alla promozione della conclusione dei contratti, essendo a questi direttamente connesso e commisurato il proprio compenso (Cass. 19 agosto 1992, n. 9676); sicchè, quando l’ausiliare di un’impresa farmaceutica si limiti a propagandare il prodotto presso i medici, e quindi a promuovere solo indirettamente gli affari del preponente, è un propagandista scientifico ma non un agente, la cui obbligazione tipica è al contrario l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, consistente nell’attività di convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente (Cass. 22 giugno 1999, n. 6355; Cass. 23 ottobre 2001, n. 13027);

3.1. nel contratto di agenzia la prestazione dell’agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato (quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l’accettazione), tutti tendenti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente; sicchè, l’attività tipica dell’agente di commercio non richiede necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall’agente, non sia stato direttamente ricercato da quest’ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purchè sussista nesso di causalità tra l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione. Inoltre, l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento delle vendite, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che è proprio con riguardo a questo risultato che viene attribuito all’agente il compenso, consistente nella provvigione sui contratti conclusi per suo tramite e andati a buon fine (Cass. 1 aprile 2004, n. 6482; Cass. 8 luglio 2008, n. 18686; Cass. 2 agosto 2018, n. 20453);

3.2. la Corte territoriale ha esattamente applicato i suenunciati principi di diritto, in esito ad accertamento in fatto della natura parasubordinata del rapporto, adeguatamente argomentato (per le ragioni illustrate dal terz’ultimo capoverso di pg. 3 al terz’ultimo di pg. 4 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità (Cass. 3 gennaio 1995, n. 29);

4. la società ricorrente deduce poi erronea e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69 in relazione all’art. 69bis D.Lgs. cit., per l’applicabilità della seconda norma anche ai rapporti in corso alla data della sua entrata in vigore (il 13 luglio 2012, siccome introdotta dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 26) dopo il decorso di dodici mesi, ai sensi del suo comma 4: e pertanto anche al caso di specie (per la conclusione del contratto il 9 febbraio 2012 e la vigenza del rapporto fino alla data di recesso del 9 luglio 2015), con esclusione della presunzione di collaborazione coordinata e continuativa prevista dall’art. 69bis, comma 1 essendo il lavoratore titolare di una posizione fiscale ai fini Iva e dotato di competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi (secondo motivo);

5. anch’esso è infondato;

6. giova premettere che la presunzione contenuta nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69bis, comma 1 introdotto dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 26 per la quale le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nel ricorso delle condizioni indicate dalla stessa disposizione e salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, si applica ai rapporti in corso alla data di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, decorsi dodici mesi dalla medesima data, secondo quanto previsto dallo stesso art. 69bis, comma 4: con la conseguenza che la presunzione non opera con riferimento ai rapporti di collaborazione cessati prima dell’anno da tale data (Cass. 8 maggio 2019, n. 12173);

6.1. tuttavia, indipendentemente dalla non corretta interpretazione in ordine all’applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69bis (al primo periodo di pg. 5 della sentenza), la Corte territoriale ha operato la conversione ai sensi (non già del suo comma 1, ma) dell’art. 69, comma 1 D.Lgs. cit. per la ritenuta riconducibilità, sulla base delle clausole negoziali sottoscritte dalle parti all’area della parasubordinazione (così al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza; con assoluta irrilevanza del riferimento alla novità della qualificazione alla stregua di contratto d’opera autonoma ai sensi dell’art. 2222 c.c., all’ultimo capoverso della stessa pagina): e pertanto in virtù di un accertamento diretto di una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (art. 409 c.p.c., n. 3); non già per effetto della presunzione dell’art. 69bis citato: sicchè; al riguardo è sufficiente la correzione della motivazione, a norma dell’art. 384 c.p.c., u.c., nel senso suindicato;

7. il lavoratore a propria volta deduce, in via incidentale, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 27, 28, 29, art. 1655 c.c., per esclusione dell’intermediazione illecita di Essex Italia s.r.l. nel rapporto di lavoro nell’effettiva titolarità di MSD Italia s.r.l., sulle base di circostanze giuridicamente irrilevanti, quali la distinzione delle sue società, partecipanti al medesimo gruppo Merk & Co., la stipulazione tra le stesse di un contratto di distribuzione commerciale dei farmaci a marchio MSD e la sua esecuzione attraverso una rete di agenti tra i quali il ricorrente (primo motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’inserimento organico del lavoratore nell’organizzazione MSD con assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e di controllo della società, documentato dalla produzione sub 6 della medesima società (in allegato alla memoria di costituzione nella fase sommaria del procedimento), recante il suo organigramma, da cui risultanti i suoi dipendenti, aventi funzioni direttive (anche) sul ricorrente ed il cui contratto di agenzia era stato sottoscritto da una dipendente di MSD (come pure l’intimazione di licenziamento), non avendo Essex Italia s.r.l. alcun dipendente, ma soltanto agenti di farmacia e informatori scientifici (secondo motivo);

8. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

9. l’appalto di opere o servizi espletato con mere prestazioni di manodopera è lecito purchè il requisito della “organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore”, previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 costituisca un servizio in sè, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza che l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore (Cass. 10 giugno 2019, n. 15557); al contrario, dovendosi ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l’intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro (Cass. 25 giugno 2020, n. 12551);

9.1. la Corte territoriale ha peraltro accertato in fatto l’esistenza tra Essex Italia s.r.l. e MSD Italia s.r.l., entrambe appartenenti al gruppo MerK & Co. e sulla base del contratto di distribuzione del 22 dicembre 2009, di un rapporto di esternalizzazione delle vendite dalla prima alla seconda, titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) per la maggior parte dei prodotti distribuiti dal gruppo, escludendo la prova dell’inserimento organico dell’informatore assunto da Essex s.r.l. nell’organizzazione aziendale di MSD Italia s.r.l.: di ciò fornendo adeguata giustificazione sulla scorta del critico scrutinio delle risultanze istruttorie (per ragioni illustrate in particolare dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo di pg. 7 della sentenza);

9.2. le doglianze si risolvono pertanto in una contestazione, sulla base di un autonomo percorso argomentativo, della valutazione probatoria della Corte capitolina e in una diversa ricostruzione del fatto, incensurabili in sede di legittimità, laddove congruamente argomentati (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 4 novembre 2013, n. 24679; Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. 18 settembre 2019, n. 23308): tanto meno alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal cui più rigoroso ambito devolutivo è esclusa la valutazione delle risultanze istruttorie; dovendosi poi escludere la configurabilità del vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il quale deve avere natura del “fatto storico”, oggetto di discussione tra le parti e “decisivo”, ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940) e non già consistere in una valutazione giuridica frutto di un (diverso) apprezzamento probatorio, come invece nel caso di specie in riferimento all’inserimento organico del lavoratore nell’organizzazione di MSD Italia s.r.l.;

10. per le suesposte ragioni il ricorso principale deve essere rigettato e l’incidentale dichiarato inammissibile, con l’integrale compensazione delle spese tra le parti e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa interamente le spese del giudizio tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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