Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10155 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/04/2017, (ud. 21/12/2016, dep.21/04/2017),  n. 10155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4000-2011 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE A.S.L. (OMISSIS) LANCIANO VASTO CHIETI, C.F.

(OMISSIS), succeduta alla AZIENDA SANITARIA LOCALE CHIETI E ALLA

AZIENDA SANITARIA LOCALE CHIANCIANO, in persona del Direttore

Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SUSA 1,

presso lo studio dell’avvocato IDA DI DOMENICA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONELLA BOSCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DEI PARIOLI 76, presso lo studio dell’avvocato SEVERINO

D’AMORE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PAOLO FEBBO,

giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE A.S.L. (OMISSIS) LANCIANO VASTO CHIETI C.F.

(OMISSIS), succeduta alla AZIENDA SANITARIA LOCALE CHIETI E ALLA

AZIENDA SANITARIA LOCALE CHIANCIANO, in persona del Direttore

Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SUSA 1,

presso lo studio dell’avvocato IDA DI DOMENICA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONELLA BOSCO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1006/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/08/2010 R.G.N. 671/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato DI DOMENICA IDA per delega Avvocato BOSCO ANTONELLA;

udito l’Avvocato FEBBO FRANCESCO PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di L’Aquila ha respinto l’impugnazione proposta dalla Azienda Sanitaria Locale (OMISSIS) Lanciano – Vasto – Chieti avverso la sentenza del Tribunale di Chieti che aveva accolto la domanda di A.P., dirigente medico di primo livello, ed aveva condannato la azienda al pagamento della complessiva somma di Euro 312.618,34, oltre alle differenze retributive maturate dal gennaio 2009 e agli interessi legali.

2 – La Corte territoriale ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello, evidenziando che la domanda subordinata di arricchimento senza causa non era stata accolta dal Tribunale bensì dichiarata assorbita e, comunque, le ragioni fatte valere dalla Azienda dovevano ritenersi sufficienti a resistere anche a detta domanda.

3 – Nel merito il giudice di appello ha premesso che pacificamente l’appellato aveva svolto per oltre un decennio l’attività di direzione di struttura complessa, sicchè doveva escludersi l’asserito carattere temporaneo dell’incarico ed andava affermato il diritto del dirigente medico a ricevere ex art. 36 Cost. e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 il trattamento retributivo proporzionato alla qualità della prestazione lavorativa resa, con conseguente integrale riconoscimento di tutti gli emolumenti previsti per il dirigente di struttura complessa.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Azienda Sanitaria sulla base di tre motivi. A.P. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale reiterando, sulla base di due motivi, la eccezione di inammissibilità dell’appello, non accolta dalla Corte territoriale. Al ricorso incidentale la A.S.L. (OMISSIS) Lanciano – Vasto – Chieti ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione e/o erronea e/o falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 15, 15 ter, 15 quinquies e successive modificazioni; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 51 e seguenti C.C.N.L. 5.12.1996, artt. 18, 26 e 27 C.C.N.L. 8.6.2000, art. 60 C.C.N.L. 3.11.2005”. Richiamato il quadro normativo e contrattuale di riferimento, sottolinea la ricorrente che il D.Lgs. 16 giugno 1999, n. 229 ha apportato sostanziali modifiche all’assetto della dirigenza sanitaria, collocandola in un ruolo ed un livello unici, individuando le caratteristiche delle strutture alle quali i dirigenti possono essere preposti e prevedendo la inapplicabilità dell’art. 2103 c.c. nelle ipotesi di sostituzioni. Aggiunge che la Corte territoriale, prescindendo del tutto dalle norme di legge e di contratto richiamate in rubrica, ha erroneamente fondato il diritto dell’Albanese sul disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 senza considerare che la assegnazione ad una struttura complessa, anzichè semplice, non comporta esercizio di mansioni superiori e resta disciplinata dalle disposizioni contrattuali che prevedono solo il diritto a percepire la indennità di sostituzione, regolarmente corrisposta al dirigente.

1.2 – La seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia “violazione e/o erronea e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 19, 24 e 52, del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 19 e 56 e dell’art. 36 Cost.”. Ribadisce la ricorrente che le peculiarità proprie del rapporto di lavoro dirigenziale non consentono di applicare le disposizioni che regolano il rapporto non dirigenziale. Aggiunge che nel caso di espletamento di mansioni superiori l’art. 36 Cost. non impone di riconoscere al dipendente il trattamento economico esattamente corrispondente a quello del livello superiore, essendo sufficiente anche la corresponsione di un compenso aggiuntivo, quale quello previsto dalla contrattazione collettiva per i casi di sostituzione.

1.3 – Il terzo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio, perchè la Corte territoriale non avrebbe considerato che la struttura complessa di pneumologia territoriale era stata qualificata tale solo in via provvisoria, in attesa dell’atto aziendale, mai intervenuto, ed era stata poi soppressa ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 34. La stessa struttura, inoltre, aveva una valenza marginale e residuale, perchè composta da un’unica unità medica rappresentata dallo stesso dott. A., il quale, tra l’altro, in quanto dirigente di primo livello, non era in possesso del requisito richiesto per essere preposto ad una struttura complessa.

2.1 – Il ricorso incidentale denuncia, con il primo motivo, “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 434, 342 e 329 c.p.c. oltre che dell’art. 2099 c.c. nonchè di ogni altra norma e principio in tema di motivi specifici di impugnazione, di acquiescenza, di formazione del giudicato in relazione alle parti ovvero ai capi della sentenza non appellati (art. 360 c.p.c., n. 3)”. Assume il ricorrente che la Corte territoriale erroneamente ha fondato il rigetto della eccezione di inammissibilità dell’appello sul presupposto, non rispondente al vero, dell’assorbimento della domanda subordinata. In realtà su detta domanda il Tribunale aveva pronunciato, ritenendola egualmente fondata e aggiungendo che “l’indennizzo ben può essere ragguagliato alle differenze retributive rivendicate dal ricorrente e quindi al suddetto importo determinato dall’ausiliario ufficio”. A fronte di detta duplice ratio decidendi la Azienda avrebbe dovuto formulare per ciascun capo autonomi e specifici motivi di impugnazione. L’appello, invece, era stato proposto sulla base di argomenti con i quali veniva contestato il solo accoglimento della domanda contrattuale, sicchè la impugnazione doveva essere dichiarata inammissibile.

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente incidentale, denunciando violazione degli artt. 434 e 342 c.p.c. e degli artt. 1362 c.c. e ss., nonchè “omessa e/o insufficiente motivazione in relazione alla interpretazione della domanda anche d’appello e della specificità dei motivi di impugnazione”, contesta la “correttezza giuridica del procedimento interpretativo” e la “logicità del suo esito” e rileva che in modo apodittico la Corte di merito ha sostenuto che le ragioni del gravame potevano valere anche a contrastare la subordinata, quando in realtà l’appello non conteneva alcun elemento testuale che riguardasse la azione di ingiustificato arricchimento.

3 Deve essere esaminato in via prioritaria il ricorso incidentale, perchè logicamente e giuridicamente preliminare rispetto a quello principale.

Il ricorso, con il quale si insiste sul passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado che aveva ritenuto fondata anche la domanda di ingiustificato arricchimento, è fondato.

Occorre premettere che allorquando, come nella fattispecie, venga dedotto un error in procedendo, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione fornita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto (in tal senso fra le più recenti Cass. 30.7.2015 n. 16164). Detto principio è stato ribadito da questa Corte in tema di denunciata violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., ed è stato rilevato che, allorquando si contesti con il ricorso per cassazione la ritenuta specificità dei motivi di appello, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione alla completezza ed alla coerenza delle ragioni per le quali l’eccezione è stata disattesa nel giudizio di merito, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti sui quali il ricorso si fonda, potendo ritenere assolto l’onere di specificazione solo qualora il gravame contenga una espressa censura delle argomentazioni poste a fondamento della decisione di primo grado (Cass. 28.11.2014 n. 25308 e con riferimento all’art. 434 c.p.c. Cass. 5.2.2015 n. 2143).

3.1 – Detto esame diretto nella specie è consentito perchè i motivi sono stati formulati nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, avendo il ricorrente incidentale trascritto nel ricorso, alle pagine da 3 a 10 e da 32 a 33, i brani salienti della motivazione della sentenza di primo grado e dell’appello, e provveduto al deposito degli atti, contenuti nei fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio.

Ciò premesso, osserva il Collegio che il giudice di appello ha senz’altro errato nell’affermare che la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento non era stata esaminata dal Tribunale, ma assorbita nell’accoglimento della principale.

La sentenza del Tribunale di Chieti, infatti, alla lettera l) della pagina 5, esamina “la domanda di indennizzo per arricchimento ingiustificato ex art. 2041 c.c.” rilevando che “si appalesa anch’essa fondata, sussistendone nella fattispecie in esame i presupposti, costituiti dal risparmio di spesa conseguito dall’Azienda per non avere dovuto retribuire un dirigente di secondo livello che avrebbe dovuto ricoprire la posizione in oggetto, dalla indubbia maggiore gravosità ed onerosità dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente quale dirigente di secondo livello rispetto a quella concernente il primo livello, nonchè dal nesso di corrispondenza tra il primo e le seconde”. Aggiunge, poi, il giudice di prime cure che “l’indennizzo ben può essere ragguagliato alle differenze retributive rivendicate dal ricorrente e quindi al suddetto importo determinato dall’Ausiliario d’ufficio”.

3.2 – Il Tribunale di Chieti, non importa se correttamente o meno, ha posto a fondamento del decisum, ossia della condanna della ASL al pagamento della somma di Euro 312.618,34, una duplice ratio decidendi.

Questa Corte, infatti, ha da tempo affermato che la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la pronuncia nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nella diversa ipotesi di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, nè contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sè sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe (Cass. 7.11.2005 n. 21490).

3.3 – E’ stato anche evidenziato che il giudice del merito si priva della potestas iudicandi solo qualora adotti una pronuncia di rito incompatibile con l’esame della domanda, dichiarando, ad esempio, l’inammissibilità dell’azione o il difetto di giurisdizione o di competenza, mentre ciò non si verifica nell’ipotesi in cui decida una questione di merito logicamente e giuridicamente preliminare ed esami, poi, anche quelle subordinate che avrebbe potuto dichiarare assorbite. Le relative decisioni non configurano obiter dicta bensì ulteriori ragioni a sostegno della decisione, che la parte ha l’interesse e l’onere di impugnare, se da sole idonee a giustificare il decisum (Cass. 17.4 2015 n. 7838 e Cass. 5.2.2013 n. 2736).

3.4 – L’applicazione alla fattispecie dei principi di diritto sopra richiamati induce a ritenere senz’altro fondato il ricorso incidentale, nella parte in cui evidenzia che la ASL. avrebbe dovuto impugnare il capo della decisione di primo grado con il quale la pretesa del ricorrente a vedersi riconoscere il trattamento retributivo spettante al dirigente di struttura complessa era stata ritenuta fondata, non solo a titolo di adempimento contrattuale ma anche ex art. 2041 c.c., avendo il Tribunale ritenuto che in tal caso l’indennizzo dovesse comunque coincidere con le differenze retributive fra i due livelli della dirigenza medica.

3.5 – Nè a diverse conclusioni si può giungere facendo leva sul tenore letterale del solo dispositivo, innanzitutto perchè non sussiste alcun contrasto fra quest’ultimo e la motivazione, in quanto il giudice di prime cure ha condannato la ASL al pagamento della somma quantificata dal CTU, somma che in motivazione è stata ritenuta corrispondente anche all’indennizzo. Opera, quindi, il principio in forza del quale “nel rito del lavoro la prevalenza del dispositivo sulla motivazione è circoscritta alle ipotesi in cui vi è contrasto tra le due parti della pronuncia, mentre, ove l’incompatibilità manchi, la portata precettiva della pronuncia va individuata integrando il dispositivo con la motivazione” (Cass. 21.6.2016 n. 12841).

Si deve poi aggiungere che l’orientamento di questa Corte, sul quale ha fatto leva la difesa dell’ASL per resistere al ricorso incidentale, si riferisce all’ipotesi in cui il dispositivo venga reso immediatamente pubblico mediante lettura in udienza e sia distinto dalla motivazione, depositata solo in un momento successivo. In tal caso, infatti, la pubblicità acquistata attraverso la lettura, cristallizza la statuizione, impedendo che enunciazioni contrastanti possano essere contenute nella motivazione.

Nel caso di specie, peraltro, la sentenza del Tribunale di Chieti è stata pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., che prevede la contestuale lettura del dispositivo e delle ragioni della decisione, sicchè trova applicazione il diverso orientamento, già espresso da questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui “il principio della non integrabilità del dispositivo con la motivazione in caso di insanabile contrasto fra le due parti della sentenza, con la conseguente inidoneità delle enunciazioni eventualmente contenute nella sola motivazione a costituire giudicato, non trova applicazione nell’ipotesi in cui venga data lettura in udienza sia della motivazione che del dispositivo, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., atteso che in tal caso la parte motiva e quella dispositiva concorrono entrambe a cristallizzare la statuizione consentendo, mediante un’interpretazione complessiva, il passaggio in giudicato (anche) delle enunciazioni contenute soltanto nella motivazione” (Cass. 29.1.2004 n. 1673).

3.6 – Dalle considerazioni che precedono discende che la ASL era tenuta a censurare entrambi i capi della decisione, con argomentazioni idonee a confutare in modo specifico le ragioni indicate dal giudice di prime cure a sostegno della ritenuta fondatezza di entrambe le domande.

Ciò non è stato fatto perchè, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, i motivi di impugnazione si riferiscono esclusivamente all’azione contrattuale e fanno leva sulla inapplicabilità dell’art. 2103 c.c. e art. 36 Cost. e sulla errata interpretazione della normativa e delle disposizioni contrattuali dettate in tema di dirigenza medica. Nessuno degli argomenti spesi nell’atto di gravame attinge in modo specifico la diversa ed autonoma ratio, perchè nulla è detto nel ricorso in appello sulla applicabilità dell’art. 2041 c.c., sulle condizioni che devono ricorrere affinchè l’azione di ingiustificato arricchimento possa essere ritenuta fondata, sui criteri di quantificazione dell’indennizzo.

Il giudice di appello, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della impugnazione e non esaminarla nel merito, sia pure per ritenerla infondata, giacchè il principio secondo cui in caso di pluralità di rationes decidendi l’interesse alla impugnazione viene meno qualora una di dette rationes non sia stato oggetto di specifico motivo di censura, opera non solo in sede di legittimità ma anche in tutti i giudizi di natura impugnatoria, in quanto, una volta formatosi giudicato interno sul capo della decisione non impugnato, la fondatezza del motivo formulato non potrebbe assicurare in nessun caso all’impugnante il risultato utile perseguito.

3.7 – La sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, pertanto, deve essere cassata senza rinvio, poichè si è formato giudicato sulle statuizioni non impugnate della decisione di primo grado, idonee a sorreggere la pronuncia di condanna. Resta, conseguentemente, assorbito il ricorso principale.

Le spese del giudizio di appello e di legittimità devono essere poste a carico della ASL nella misura indicata in dispositivo, da distrarsi in favore dell’Avv. Francesco Paolo Febbo, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale e dichiara assorbito il ricorso principale. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 per esborsi e competenze professionali, e del giudizio di legittimità, quantificate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv. Francesco Paolo Febbo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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