Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10155 del 18/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10155 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 23098-2013 proposto da:
GIUST GINO GSTGNI34L16D325H, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA TIMAVO 12, presso lo studio dell’avvocato SERGIO
USAI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GABRIELE MARIN, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente
contro
CAPRIZ VANDA;
– intimata avverso la sentenza n. 146/2013 della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE del 5.11.2012, depositata il 04/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Sergio Usai che si riporta agli scritti;

Ap’g-

Data pubblicazione: 18/05/2015

dato atto che è stata depositata relazione ex art. 380 bis cpc del seguente
tenore:
“1 — Gino Giust citò innanzi al Tribunale di Tolmezzo Vanda Capriz,
consorte dalla quale era legalmente separato, per sentirla condannare: a
– al pagamento di euro 121.078,17 — o della somma che fosse risultata

della casa coniugale; b — alla restituzione dei mobili di arredo e dei
propri effetti personali; instò altresì a che fosse disposta la divisione dei
beni acquistati in costanza di matrimonio e, infine, affinchè • la
convenuta fosse condannata a risarcire i danni cagionati per
l’atteggiamento aggressivo tenuto nei confronti di esso attore; la Capriz
contestò il fondamento delle domande e, in via riconvenzionale,
concluse per la condanna del marito alla rifusione del valore dei beni
che assumeva dallo stesso asportati dalla casa coniugale , oltre al
risarcimento del danno.
2 — Le contrapposte domande vennero respinte dall’adito Tribunale
con decisione n. 72/2011 del 5/12 aprile 2011, in quanto ritenute
sfornite di adeguato sostegno probatorio: in particolare giudicò il
predetto Tribunale che il Giust non avesse dimostrato di aver
corrisposto alla moglie le somme di cui chiedeva la restituzione né che
i, pretesi versamenti fossero stati effettuati per la costruzione della casa
coniugale e non piuttosto per l’adempimento di un’obbligazione
nascente dal rapporto di coniugio.
3 – La Corte di Appello di Trieste respinse l’appello del Giust — che
aveva riprodotto le richieste istruttorie già disattese in prime cure ed
aveva contestato l’interpretazione delle emergenze di causa da parte del
primo giudice- con sentenza n. 146/2013, depositata il 4 marzo 2013.
4 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Giust,
sulla base di tre motivi; la Capriz non ha svolto difese.
kic. 2013 n. 23098 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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a seguito dell’istruttoria- da esso attore esborsata per la costruzione

OSSERVA IN DIRITTO
I — Con il primo motivo -che dichiaratamente riproduce, adattandoli al
contenuto del ricorso in legittimità, i motivi di appello- viene
denunciata la violazione dell’art. 111 Cost; dell’art. 131 cpc e dell’art.
118 disp att cpc ; viene altresì fatto valere un vizio di motivazione,

I.a — Si duole il ricorrente che la Corte giuliana non abbia esposto nè i
presupposti di fatto della decisione né le ragioni giuridiche della stessa,
per la ragione che non avrebbe esaminato i motivi di appello,
limitandosi ad un mero rinvio alle argomentazioni contenute nella
decisione di primo grado e non avrebbe valutato nella loro interezza le
acquisizioni probatorie del giudizio di primo grado — prove per testi e
do cumentiII.a — Va innanzi tutto messo in evidenza che trova applicazione la
disciplina del vizio di motivazione portata dall’art. 360, I comma, n.5
cpc come novellata ad opera del di. 83/2012, convertito con
modificazioni nella legge 134/2012, atteso che la sentenza della Corte
di Appello è stata pubblicata in data successiva alli 1 settembre 2012,
primo giorno successivo alla scadenza del trentesimo giorno
dall’entrata in vigore della suddetta legge di conversione; secondo
recente indirizzo interpretativo espresso dalla sentenza n. 8053/2014
delle Sezioni Unite della Cassazione, “La riformulazione dell’art. 360,
primo comma, a 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del di. 22
giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto -2012, n. 134, deve essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle
preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di
legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
Ric. 2013 n. 23098 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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indicata come omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella

qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione.”

III

Dall’esame del mezzo — il cui contenuto è stato, in sintesi, sopra

riportato- emerge che le pretese violazioni di legge sono funzionali a
far emergere una deficitaria valutazione delle emergenze istruttorie e
dunque -non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che
avrebbe formato oggetto di discussione tra le parti: ne deriva che
sfugge al controllo di legittimità sulla motivazione, come delineato
dalla novella del 2012, la valutazione del peso significativo delle
acquisizioni probatorie.
II.c — Il mezzo sarebbe stato inammissibile anche per carenza di
specificità — nella sua manifestazione del difetto di autosufficienza
espositiva- atteso che non è stato riportato il contenuto delle
interrogazioni ai testi né, nella loro completezza, le risposte dei
medesimi, rendendo quindi comunque non praticabile il pur sollecitato
controllo circa la logicità interna della decisione.

II.d

Per completezza di argomentazione giova sottolineare che il

giudice del gravame non si limitò ad esprimere un’adesione alla
motivazione del Tribunale ma formulò un proprio giudizio di
irrilevanza delle prove richieste e di inammissibilità — per la sua finalità
“esplorativa” – del sollecito all’effettuazione di una consulenza di
ufficio e, soprattutto, valutò che le prove, pur acquisite e richiamate
dall’appellante nel gravamen, non avrebbero apportato alcuna
Ric. 2013 n. 23098 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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“motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa

significativa conferma agli assunti di costui , pervenendo dunque alla
medesima conclusione del primo giudice, sulla base del condiviso
assunto che , ferma pure la dimostrazione della provenienza degli
esborsi dal patrimonio del ricorrente, sarebbe mancata la prova che
essi fossero destinati alla ristrutturazione della casa coniugale e non

III — Per le ragioni appena sopra espresse è assorbito il secondo
motivo, relativo al mancato riconoscimento del diritto di credito che
sorgerebbe in capo al coniuge che costruisca con denaro proprio, una
casa su terreno di proprietà dell’altro.
IV — Con il terzo motivo si denunzia un vizio di ultrapetizione —
nonché di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione — per
avere, il giudice dell’appello, sollevato di ufficio un’eccezione di
tardività della domanda di rimborso ( a cagione del fatto che tra i
coniugi Giust era intervenuta separazione consensuale omologata il 21
dicembre 1990 , con contestuale assegnazione alla Capriz della casa
coniugale e regolazione di tutti i profili economici ad essa connessi) : il
mezzo è inammissibile per carenza di interesse, stante la idoneità
dell’autonoma ratio decidendi rappresentata dalla carenza di prova della
direzione degli esborsi ai quali sopra s’è fatto cenno, a giustificare il
rigetto dell’appello.

V — Se verranno condivise le sopraesposte argomentazioni, il ricorso è
idoneo ad esser trattato in camera di consiglio
P.Q.M.
Il ricorso può esser definito in camera di consiglio, ex artt. 380 bis -, 375
n.1 cpc , per esser colà dichiarato manifestamente infondato .”

Osserva

Ric. 2013 n. 23098 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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piuttosto a sostenere i pesi della famiglia.

Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro le quali
parte ricorrente non ha svolto argomentazioni critiche idonee a
confutarne la tenuta logica, limitandosi, nella memoria depositata a’
sensi dell’art. 380 bis II comma, cpc ed in sede di discussione camerale,
,

a ribadire la centralità argomentativa dell’evidenza dell’acquisto , da

magione familiare, circostanza questa che, lungi dal costituire
presupposto argomentativo ineliminabile — pretermesso dai giudici del
merito — avrebbe formato oggetto esso stesso della materia
controversa, delibato negativamente dalla Corte di Appello.
Il ricorso va dunque rigettato; se non deve farsi luogo alla condanna
al pagamento delle spese — non avendo la parte intimata svolto difese
— sussistono tuttavia i presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso stesso, a norma del comma 1 quat” dell’art. 13, d.P.R. n.
115/2002.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso; a’ sensi dell’art. 13, comma I q”‘ , del d.P.R. n.
115/2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del
comma I bù dello stesso art. 13.
Così deciso il 5 marzo 2015 in Roma, nella camera di consiglio della
sez VI-2 della Suprema Corte di Cassazione

parte di esso ricorrente, dei materiali occorrenti per l’edificazione della

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