Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10154 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 18/2006 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 03/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI FABRIZIO, che si

riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.G., esercente la attività di agente di commercio, presentava alla Agenzia della Entrate istanza di rimborso della imposta regionale sulle attività produttive relativa agli anni dal 1998 al 2000, ritenendola indebitamente versata in mancanza del presupposto impositivo. Avverso il silenzio-rifiuto della Amministrazione il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che lo accoglieva.

L’Ufficio appellava e la Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna, con sentenza n. 18/2/06 in data 3-4-06, depositata in data 3-4-2006, respingeva il gravame, ritenendo che il contribuente non fosse dotato di autonoma organizzazione.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione la Agenzia delle Entrate, con un motivo.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 (come modificati dal D.Lgs. n. 37 del 1998) nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 53 e 55 e art. 2195 c.c., n. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Espone che la Commissione ha ritenuto che il contribuente fosse esentata dall’IRAP in quanto non dotato di una organizzazione anche minima, idonea a potenziare l’esercizio della attività, omettendo di considerare che il medesimo esercitava la professione di agente di commercio. Rileva che gli agenti di commercio esercitano una attività ausiliaria a quella di intermediazione nella circolazione dei beni, e pertanto sono soggetti all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2195 c.c., n. 5. Ne deriva che la attività svolta crea reddito di impresa, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55 e non reddito di lavoro autonomo o professionale D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 53, e pertanto è in ogni caso soggetta ad IRAP. Formula il seguente principio di diritto:

“dica la Corte se nel caso in cui un lavoratore autonomo eserciti la attività di agente di commercio, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per la applicazione dell’IRAP non debba farsi questione sulla presenza o meno di una struttura autonoma del lavoratore, ovvero della auto-organizzazione della attività professionale, gestita e svolta direttamente dalla persona fisica che la esercita, senza vincoli di subordinazione a terzi ed organizzando i propri mezzi, come se si trattasse di un libero professionista, considerato che l’agente di commercio svolge una attività parificabile a quelle imprenditoriali, producendo un reddito di impresa ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55 e non già reddito autonomo o professionale D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 53, e perciò, come tale, è assoggettato all’IRAP.”.

Il motivo non è fondato.

La questione della posizione dell’agente di commercio – come pure quella del promotore finanziario – in rapporto alla soggezione all’IRAP è stata puntualizzata e risolta dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 12108 del 2009, che ha composto un contrasto giurisprudenziale prima esistente su questo tema, oggetto di vari opinamenti tra loro non conformi. Le Sezioni Unite della Corte, premessa una disamina della normativa istitutiva dell’IRAP alla luce dei principi espressi dalla sentenza della Corte Costituzionale, hanno osservato che la imposta ha come presupposto, laddove non si tratti di attività esercitata da società ed enti, (ipotesi in cui la imposta si applica in ogni caso)” l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione od allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi” (art. 2 come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1998, art. 1, comma 1). Tali attività possono essere svolte da persone fisiche, sia come lavoratori autonomi che come imprenditori commerciali.

Orbene, come ha riconosciuto la Corte Costituzionale, se “l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda la attività di lavoro autonomo, ancorchè svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare una attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui.” La presenza o meno di tali elementi di organizzazione “costituisce una questione di mero fatto, “riservata ai giudici di merito.

Su tali premesse, la assimilazione, ai fini della imposta, di coloro che esercitano attività ausiliarie ai sensi dell’art. 2195 c.c., agli imprenditori, non può dirsi scontata. Infatti, tale equiparazione, sancita dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55, ai fini delle imposte sui redditi, non può essere estesa automaticamente all’IRAP, che si basa su un presupposto diverso, ovvero “l’esercizio di una attività autonomamente organizzata” che produce valore aggiunto, specifico oggetto di tassazione.

Ora, poichè è ipotizzabile sia sulla base della legislazione nazionale che dei principi in materia del diritto comunitario che gli agenti di commercio e i promotori finanziari esercitino la loro attività in assenza di organizzazione, trattandosi di attività professionale consistente in una prestazione di opera per la quale non è necessaria una struttura di impresa, occorre riconoscere che ai fini dell’IRAP i soggetti che esercitano attività ausiliarie si sensi dell’art 2195 c.c., devono essere assimilati ai lavoratori autonomi.

Infatti, ipotizzare il contrario significa sottoporre a tassazione una attività svolta da una persona fisica anche in assenza di elementi di organizzazione, in contrasto con i principi che regolano la imposta secondo una lettura costituzionalmente orientata.

Nessun rilievo in proposito esplica l’obbligo di iscrizione al registro delle imprese, in relazione al valore discriminante dato dalla legge al requisito della autonoma organizzazione.

E’ stato quindi affermato dalla Corte il seguente principio di diritto: ” in tema di IRAP. a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 44, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio della attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 204 del 1985, art. 1 e di promotore finanziario di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31 comma 2, è escluso dalla applicazione della imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio della attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni”.

Alla stregua di tale principio, che il Collegio condivide, la risposta al quesito di diritto proposto dalla Agenzia deve essere negativa ed il ricorso deve essere rigettato.

Infatti, non appare contestata la asserzione del giudice di appello sulla assenza di elementi organizzativi a sostegno della attività svolta dal contribuente.

Nulla per le spese, in mancanza di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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