Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10154 del 18/05/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10154 Anno 2016
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 7245-2013 proposto da:
CIBIS SPA 00496550278 in persona del Direttore Affari
Generali e Legali Dott. ANTONIO TARZIA, domiciliata ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

2016
262

RICCARDO ZACCHTA e FABIO BRUSA giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrentecontro

PAL.MIRA

S.R.L.

UNIPERSONALE

1

in

persona

Data pubblicazione: 18/05/2016

dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro
tempore Dott. ANTONIO MARCO MATTEUCCI, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE, 2,
presso lo studio dell’avvocato UGO PRIMICERJ, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA

controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 337/2012 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 02/08/2012, R.G.N.

1563/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO
GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;

udito l’Avvocato ELISABETTA FONTANA per delega;
udito l’Avvocato UGO PRIMICERJ;
udito il P.M. in persona

del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

REGGIANINI giusta procura speciale in calce al

RITENUTO IN FATTO

1.

Il 27 settembre 1994 Brek Ristoranti S.p.A. (che avrebbe poi

mutato la propria denominazione in Cibis S.p.A.) concludeva un
contratto di affitto di azienda commerciale con la Estense S.p.A. di
Modena, quest’ultima in qualità di concedente; il 5 dicembre 1995 il
contratto veniva risolto e contestualmente sostituito da un nuovo
contratto di affitto avente lo stesso oggetto e la durata di anni 8, con

cessionaria dalla Estense S.p.A., comunicava all’affittuario la scadenza
per la data del 4 dicembre 2009 (corrispondente alla fine del primo
periodo di proroga).
2.

Il 24 novembre 2009 la Cibis S.p.A. citava in giudizio la Pal.Mira

S.r.l. sostenendo la nullità dei contratto di affitto di azienda commerciale
per l’inesistenza dell’oggetto e cioè per l’assenza dei requisiti minimi per
la configurabilità dell’azienda; di conseguenza, chiedeva la conversione
del contratto in locazione immobiliare commerciale ed il riconoscimento
dell’indennità di avviamento ai sensi dell’articolo 34 della legge 3921978. In subordine, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento
dell’indebito arricchimento. La Pal_Mira S.r.I si costituiva in giudizio
chiedendo il rigetto di tutte le domande.
3.

Il tribunale di Bologna rigettava tutte le domande attoree, che

venivano riproposte mediante atto di impugnazione in appello. Anche la
Corte d’appello di Bologna, peraltro, respingeva tutte le domande.
4.

Contro la sentenza di appello propone ricorso per cessazione la

Cibis S.p.A. allegando il vizio di contraddittoria ed insufficiente
motivazione sotto due diversi profili e cioè, da un lato, in relazione alla
qualificazione di azienda dell’immobile, nonostante le poche e scarse
attrezzature in dotazione, e, dall’altro, per la mancata valutazione di
plurimi elementi confermativi della reale intenzione delle parti di
concludere un contratto di locazione.
5.

La ricorrente deduce poi, con un terzo motivo di ricorso, erronea

applicazione degli articoli 112 del codice di procedura civile e 1362 del
codice civile, nonché insufficiente motivazione, con riferimento alla
mancata disamina della documentazione prodotta
particolare alla mail del 25 maggio 2009).

3

(si riferisce in

proroga tacita di 6 anni in 6 anni. Il 6 novembre 2007, la Pal.Mira S.r.l.,

6.

Ed infine, con un quarto motivo, denuncia la insufficiente

motivazione per mancata valutazione di tutte le circostanze emerse in
corso di causa e descritte nei motivi di ricorso.
7.

Pal.Mira S.r.l. resiste con controricorso.

8.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

1.

Il ricorso è inammissibile prima di tutto per la sua estrema genericità

e poi perché attiene a profili di merito che hanno trovato in entrambe
le sentenze un’adeguata giustificazione logica, attraverso un percorso
argomentativo esente da vizi manifesti.
2.

Con riferimento all’oggetto del contratto, il giudice di merito ha
correttamente osservato, in ciò uniformandosi alla giurisprudenza di
questa Corte, che “ai fini della configurabilità di un contratto di affitto
d’azienda non è necessario che siano ceduti in godimento tutti gli
elementi che normalmente la costituiscono, compresi quelli
immateriali, ma è sufficiente

che

lo siano alcuni, purchè nel

complesso di quelli ceduti permanga un residuo di organizzazione che
ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure con La
successiva integrazione da parte dell’affittuario (Sez. 3, Sentenza n.
23496 del 17/12/2004, Rv.

578713) e che “La figura dell’affitto

d’azienda ricorre anche quando il complesso organizzato dei beni sia
stato dedotto nel contratto nella sua fase statica, ovvero al momento
della conclusione dello stesso non fosse in grado di funzionare per la
necessità di una diversa e più efficiente organizzazione o dell’apporto
di altri” (Sez.

3, Sentenza n. 8076 dei 31/03/2007, Rv. 598469).

D’altronde, la configurabilità di un contratto di affitto di azienda non
è condizionata dalla effettiva produttività dei beni che la compongono
al momento della conclusione del contratto, essendone sufficiente la
potenziale attitudine produttiva, quale prevista e considerata dalle
parti contraenti, attitudine da valutarsi peraltro anche in relazione al
luogo o alla particolarità del contesto ove si esercita l’impresa (cfr.
Sez. 3, Sentenza n. 3950 del 06/05/1997, Rv. 504108).
3, Non si deve, poi, dimenticare che le parti hanno espressamente
qualificato il contratto e gli hanno dato regolare esecuzione e che per

ben 14 anni l’odierna ricorrente ha utilizzato i locali e i beni ivi
4

CONSIDERATO IN DIRITTO

presenti senza sollevare alcuna eccezione di sorta in merito alla
qualificazione giuridica del rapporto.
4. Quanto al riferimento alle disposizioni regolamentari tipiche del
contratto di locazione, il motivo di ricorso numero 2 si palesa
Inammissibile in quanto privo della necessaria specificità, non
confrontandosi affatto con quanto affermato dalla Corte d’appello,
laddove tale Giudice ha osservato che i richiami testuali alle norme
dettate dal codice per le locazioni non assumono alcun significato –

azienda è normativamente riconducibile in via concettuale al più
generale ambito delle locazioni, da cui infatti mutua in via suppletiva
molte regole.
5. Il terzo motivo di ricorso introduce censure di merito pur a fronte
di un apparato motivazionale adeguato, congruo e logico, specie se
valutato sistematicamente nella sua naturale integrazione con la
motivazione di primo grado; il motivo, peraltro, si riferisce ad una
valutazione in fatto che non riveste alcun carattere di decisività, atteso
che l’utilizzo di determinati termini da parte di un semplice dipendente
della società concedente nella fase di scioglimento del rapporto non
assume alcuna rilevanza nell’interpretazione della natura del negozio,
peraltro chiaramente individuata nei testo contrattuale, mai oggetto di
contestazione nella sua fase esecutiva.
6. Il quarto motivo di ricorso è assolutamente generico e come tale

7.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le
spese del presente giudizio di cessazione – liquidate nella misura
indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della
sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma
17.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in C
7.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre rimborso di spese forfettarie
ed accessori di legge.

5

nell’ottica della ricorrente – per Il fatto che lo stesso istituto dell’affitto di

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto

della sussistenza dei presupposti per il versamento,

da parte del

ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma lbis
dello stesso articolo 13.

Così deciso il 4/02/2016

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