Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10154 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. II, 09/05/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 09/05/2011), n.10154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato

SANTARONI MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato DI MEGLIO

GIUSEPPE;

– ricorrente –

e contro

D.C.G., D.C.V.;

– intimati –

sul ricorso 25433-2005 proposto da:

D.C.V. (OMISSIS), D.C.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ZANGHI RAFFAELE;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

I.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1219/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/03/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1997, D.C.F., proprietario di un immobile con antistante corte scoperta sito in (OMISSIS) lamentava che I.I. aveva realizzato un manufatto nel cortile adiacente a preesistente fabbricato a confine con la sua proprietà in violazione delle distanze di cui al PRG. La I., nel costituirsi di fronte all’adito tribunale di Napoli, chiedeva il rigetto della domanda, e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore all’arretramento delle proprie fabbriche; con sentenza del 2002, il detto Tribunale condannava la I. ad arretrare il proprio immobile ad almeno mt. 4 dal fabbricato della controparte e a ad almeno mt. 8 dal confine, rigettava la domanda riconvenzionale, e regolava le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente cui resistevano G. e D.C.V., quali eredi di F., chiedendo comunque la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo.

Con sentenza in data 4.3/26.4.2005, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la I. all’arretramento del proprio fabbricato ad almeno mt. 3 dal fabbricato delle controparti e ad almeno mt. 1,5 dal confine e regolava le spese.

Osservava la Corte partenopea che, ricostruita cronologicamente la vicenda sulla base della CTU espletata in prime cure e del supplemento ad essa, risultava escluso che il fabbricato della I. potesse essere la sostituzione di un preesistente solaio in lamiera; che le disposizioni del PRG operavano, quanto alle distanze, alle linee ad alle prescrizioni di zona, pur in carenza di piani particolareggiati, attesa la funzione di questi ultimi.

In caso di caducazione poi del vincolo di in edificabilità relativo ad una zona, la stessa andava assimilata a quelle prive di disciplina urbanistica donde l’applicabilità dell’art. 873 c.c. per le costruzioni, con la conseguente necessità di disporre l’arretramento della costruzione della I. alle distanze surricordate; tale statuizione non costituiva poi ultrapetizione, in ragione della facoltà del giudice di accogliere una domanda minore rispetto a quella avanzata, non risultando così leso il diritto di difesa della controparte.

Il divieto di costruire in aderenza o sul confine poi opera anche nel caso in cui la costruzione non superi in altezza il dislivello tra il fondo su cui insiste e quello a confine, anche per evitare intercapedini dannose, oltre alla sussistenza dell’interesse ad un ordinato assetto urbanistico.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di cinque motivi, illustrati anche con memoria, la I.; resistono con controricorso i D.C., proponendo al contempo ricorso incidentale basato su di un solo motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la stessa sentenza e vanno pertanto riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Venendo all’esame del ricorso principale, con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. ultrapetizione ed insufficiente ed illogica motivazione; ci si duole che la sentenza impugnata si sia pronunciata sul rispetto delle distanze di cui all’art. 873 c.c. benchè la domanda avesse ad oggetto il rispetto delle distanze previste dal piano regolatore con conseguente violazione degli articoli citati, ravvisandosi domanda nuova in appello e ultrapetizione.

Il motivo è infondato; a fronte di una domanda di rispetto di distanze legali fissate da norme integrative dell’art. 873 c.c., non costituisce vizio di ultrapetizione nè tantomeno pronuncia su di una domanda nuova in secondo grado la sentenza che abbia accolto la domanda, accertando l’insussistenza di previsioni integrative ed abbia applicato la normativa dettata dall’art. 873 c.c., atteso il dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica il rapporto dedotto con il solo limite del divieto di immutare il petitum o la causa pretendi o di introdurre nuovi elementi nel tema controverso.

Poichè la sentenza impugnata non è incorsa nella violazione di detti limiti, la censura è priva di pregio.

Con il secondo mezzo si lamenta violazione dell’art. 873 c.c. ed omesso esame del punto decisivo della controversia consistente nel fatto che i due fabbricati non si fronteggiano, essendo quello della ricorrente principale addossato al muro di sostegno del terrapieno del D.C. e della mancata creazione quindi di una intercapedine.

Non è fondato: la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in tema di distanze tra costruzioni, l’art. 873 c.c. trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area meno elevata non raggiunga il livello di quello superiore, in quanto il rispetto delle distanze legali non viene meno in assenza del pericolo del formarsi di intercapedini dannose (cfr.

Cass. 15.7.2008, n 19486).

In applicazione di tale principio, della presenza nella sentenza impugnata di idonea motivazione e della considerazione secondo cui nel caso di edifici non si pone la questione sulla idoneità della costruzione realizzata a creare intercapedini dannose, tenuto conto della possibilità di sopraelevazione dell’edificio sottostante, il motivo deve essere respinto.

Anche il terzo mezzo lamenta violazione dell’art. 873 c.c. ed omesso esame di un punto essenziale; si ripropone la questione delle intercapedini con riferimento alla circostanza che i due pilastri che sorreggono il primo piano non determinano alcuna intercapedine.

Non è fondato: la distanze vanno osservate con riferimento all’intera estensione in elevazione delle costruzioni (proiezione al suolo) fatti salvi i soli sporti; solo in caso di manufatti non costituenti edifici può ipotizzarsi una indagine di merito sulla idoneità di essi a creare intercapedini.

Con il quarto mezzo ci si duole ancora di violazione dell’art. 873 c.c., atteso che è stata imposta la distanza di mt. 1,50 dal confine, quando invece la norma citata si limita a stabilire la distanza tra fabbricati.

Anche se in linea teorica la doglianza può essere considerata non priva di pregio, deve essere considerato il principio di prevenzione, per cui, chi costruisce successivamente deve rispettare la distanza e se la costruzione preveniente è posta a mt. 1,50 dal confine, come nella specie, anche il prevenuto deve tenersi a mt. 1,5 dal confine, donde la sostanziale aderenza della statuizione quale adottata allo stato dei luoghi.

Con il quinto motivo ci si duole di omessa pronuncia sul punto della compensazione delle spese e dell’obbligo di restituzione della somma versata a tale titolo in forza della sentenza di primo grado; detto motivo va esaminato contestualmente al motivo del ricorso incidentale, con cui si sostiene che la restituzione doveva essere comunque contenuta in una cifra inferiore a quella richiesta.

Devesi al riguardo osservare che effettivamente, la sentenza impugnata non ha pronunciato sulla richiesta restituzione, mentre ha succintamente motivato circa la compensazione delle spese relative a tutti i gradi di giudizio, cosa questa che rende attuale il solo profilo della restituzione.

Entrambi i motivi vanno pertanto accolti, in ragione del fatto che la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli che, nel pronunciare sulla restituzione, determinerà quale sia l’importo effettivamente corrisposto al titolo dedotto e provvederà anche sulle spese del presente procedimento per cassazione.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, la Corte accoglie il quinto motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale e rigetta gli altri motivi del ricorso principale. Cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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