Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10153 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. II, 16/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 16/04/2021), n.10153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25737-2019 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI n.

81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1651/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 26.2.2918 il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da A.R. avverso il provvedimento di diniego della sua domanda di protezione, internazionale e umanitaria, emesso dalla Commissione territoriale competente.

Interponeva appello l’ A. e la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza oggi impugnata, n. 1651/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia A.R., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 Cost., art. 3 della Direttiva 2011/95/UE, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria, a fronte della situazione di grave violazione dei diritti umani e di violenza generalizzata esistente nel Paese di provenienza.

La censura è inammissibile.

La ricorrente aveva riferito di essere fuggita dal proprio Paese, insieme al marito, per timore di essere perseguitata da privati che avrebbero voluto avviarla ad un rito satanico; era stata infatti minacciata di morte se non avesse prestato il consenso ad uccidere un’altra persona nell’ambito di detto rito, e per questo la coppia si era risolta alla fuga. Aveva inoltre riferito di esser stata violentata in Libia davanti al marito. La storia è stata ritenuta non credibile tanto dalla Commissione, che dal Tribunale, che dalla Corte di Appello. Quest’ultima, in particolare, ha escluso la concedibilità della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) esaminando il contesto esistente nel Paese di provenienza della A., indicando le C.O.I. consultate (Easo 2018) e dando atto non soltanto delle specifiche informazioni da esse tratte, ma anche del fatto che la richiedente non aveva allegato, nel corso del giudizio di merito, l’esistenza di una condizione di pericolosità diffusa in (OMISSIS) (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

La ricorrente non si confronta in modo adeguato con detta statuizione, nè deducendo – e dimostrando – di avere, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, introdotto il tema della violenza generalizzata in patria anche nel corso del giudizio di merito, nè la ricorrente non contesta nè idoneità nè aggiornamento delle stesse, nè contrapporre alle fonti usate dal giudice di merito alcuna diversa fonte, più specifica o più aggiornata, sulla propria area di provenienza. La censura finisce quindi per risolversi in una inammissibile critica del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito ed a invocare, in definitiva, un mero riesame del giudizio di fatto, estraneo alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello non avrebbe in alcun modo tenuto conto delle violenze subite durante il soggiorno in Libia.

La censura è fondata.

La questione non è stata in alcun modo esaminata dalla sentenza impugnata, neppure sotto il profilo della protezione umanitaria, ai fini della quale, invece, il fatto – ove effettivamente riscontrato, o ritenuto verosimile – sarebbe stato elemento di sicura decisività. Non si pongono, al riguardo, problemi di devoluzione della questione in appello, posto che la domanda di riconoscimento della tutela umanitaria era stata devoluta alla Corte territoriale, onde quest’ultima avrebbe dovuto esaminare la sussistenza di eventuali profili di vulnerabilità tenendo conto dell’intera storia narrata della richiedente, ivi incluso il capitolo relativo alla violenza sessuale subita durante il soggiorno in Libia.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente disposto la revoca dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

La censura è inammissibile.

Questa Corte ha affermato il principio – cui occorre dare continuità – secondo cui “Il provvedimento di revoca della ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (sia con separato decreto che all’interno del provvedimento di merito) dev’essere sempre considerato autonomo e di conseguenza soggetto ad un separato regime di impugnazione ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15. Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost. mentre è escluso che della revoca irritualmente disposta dal giudice del merito possa essere investita la Corte di cassazione in sede di ricorso avverso la decisione” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16117 del 28/07/2020, Rv. 658601 e Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10487 del 03/06/2020, Rv. 657893).

Peraltro, in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, il giudice del rinvio dovrà condurre un nuovo esame del merito, all’esito del quale adotterà una nuova statuizione sulla conferma, o la revoca, dell’ammissione al beneficio di cui si discute.

In definitiva, vanno dichiarati inammissibili il primo ed il terzo motivo, mentre va accolto il secondo. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili il primo ed il terzo motivo di ricorso ed accoglie il secondo. Cassa la sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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