Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10151 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

STUDIO ASSOCIATO VIRILI & CAMPAGNA;

– intimato –

sul ricorso 1159-2006 proposto da:

STUDIO ASSOCIATO VIRILI (già Studio Associato Virili &

Campagna), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA PIAZZA S. LORENZO IN LUCINA 4 presso lo studio

dell’avvocato MARI GIACOMO, rappresentato e difeso dall’avvocato MOLE

NICOLA, giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 64/2004 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 15/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI FABRIZIO, che si

riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso

incidentale, l’accoglimento di quello principale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Lo Studio Associato Virili & Campagna proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Terni avverso il silenzio- rifiuto della Amministrazione Finanziaria in ordine alla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di imposta IRAP per l’anno 1999, mancando, ad avviso del contribuente, il presupposto impositivo.

La Commissione accoglieva il ricorso, ritenendo che la attività del ricorrente si svolgesse in assenza di autonoma organizzazione.

Appellava l’Ufficio, sostenendo che le norme istitutive dell’IRAP ne sancivano l’applicabilità alle attività di lavoro autonomo professionale, per lo svolgimento delle quali era normale avvalersi di una autonoma organizzazione.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, con sentenza n. 64/5/04 in data 23-6-2004, depositata in data 15-10-2004, respingeva il gravame, confermando la decisione impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

Resiste lo Studio Associato con controricorso, e formula ricorso incidentale con due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. Con il primo motivo di ricorso principale, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, nonchè D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 3 artt. 8, 27, 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che il legislatore, introducendo con il citato D.Lgs. n. 137 del 1998 nel D.Lgs. n. 446 del 1998, art. 2, la locuzione “autonomamente organizzata” riferendola alla attività oggetto di imposta, non ha inteso modificare nel merito la normativa precedente, ma unicamente precisarla, escludendo dal novero dei soggetti passivi di imposta i soggetti la cui attività è organizzata da altri, ovvero i collaboratori che esercitano attività coordinata e continuativa.

Qualora invece il soggetto eserciti la attività professionale in proprio, cioè in modo indipendente, e produca comunque un valore aggiunto, ovvero nuova ricchezza, per ciò solo tale attività deve intendersi come “autonomamente organizzata”. Ad avviso della Agenzia, quindi, tutti gli esercenti arti o professioni sono soggetti all’IRAP a prescindere dalla esistenza o meno di una struttura organizzativa di supporto.

Con il secondo motivo, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione della stessa normativa (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sotto diverso profilo, sostiene che anche volendo darsi peso alla presenza o meno di una organizzazione, questa dovrebbe essere considerata anche nei casi di “professione protetta” ovvero in cui l’esercizio della stessa presuppone l’iscrizione del titolare ad un albo professionale.

In queste ipotesi, il fatto che la organizzazione non possa prescindere dalla presenza del titolare, in quanto la attività professionale è fondata sull'”intuitus personae” è irrilevante, in quanto, in caso contrario, tutti professionisti sarebbero esclusi dall’IRAP, con palese violazione della normativa concernente tale imposta.

Conclude pertanto per l’annullamento della sentenza impugnata.

Lo studio associato, nel controricorso confuta le tesi della Amministrazione e formula due motivi di ricorso incidentale.

Con questi motivi, tra loro strettamente connessi, espone che lo Studio Associato “Virili & Campagna” non esisteva più già prima del giudizio di appello, per recesso di uno degli associati; in tale fase giudiziale si era costituito lo Studio Associato Virili, succeduto al primo e subentrato nei rapporti pendenti.

Ne derivava, ad avviso dell’intimato, che 1) la sentenza di secondo grado era nulla per avere pronunciato nei confronti dello “Studio Associato Virili & Campagna” non più esistente; 2) il ricorso in Cassazione della Agenzia era inammissibile, per avere indicato una parte inesistente, ex art. 366 c.p.c., n. 1.

Occorre prendere le mosse dai motivi di ricorso incidentale, attesa la natura preliminare degli stessi.

I motivi sono inammissibili per mancanza di autosufficienza, in quanto asseriscono circostanze di fatto senza nè citare nè indicare i documenti, prodotti in giudizio, che li attestino.

Comunque questi paiono infondati di per sè, in quanto lo stesso Studio Associato che si è costituito in questa fase (contraddicendo l’assunto di estraneità dichiarato) ha ammesso di essere subentrato nei rapporti pendenti in capo al precedente, ed ha esposto difese nel merito, con ciò comprovando di essere lo stesso soggetto con denominazione variata.

Passando ai motivi di ricorso principale, anche questi possono essere trattati congiuntamente, avendo ad oggetto violazioni delle stesse disposizioni di legge.

A tale proposito, deve citarsi la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 12111 del 2009, secondo cui in tema di IRAP il professionista “è escluso dalla imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit “, il minimo indispensabile per l’esercizio della attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni”.

Da quanto sopra emerge che la “auto-organizzazione” del professionista, nel senso della autonomia ed indipendenza nell’esercizio della attività rispetto ai terzi, è bensì un elemento essenziale per la sottoposizione alla imposta, ma non è sufficiente, essendo altresì necessario un elemento organizzativo esterno, basato sulle esistenza di beni strumentali, ricorso a lavoro altrui ed apporto di capitale, anche in via tra loro alternativa.

E’ infatti principio consolidato che in tema di IRAP la esistenza di una autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, postula che la attività abituale ed autonoma del professionista si avvalga di una organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la attività produttiva; non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini della esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità. (v. Cass. n. 5001 del 2007; Cass. n. 3677/2007).

Alla stregua di tale consolidato orientamento, le argomentazioni della Agenzia a sostegno del primo motivo non sono condivisibili, e quelle relative al secondo motivo lo sono in relazione alla asserzione che per la sottoposizione all’IRAP è sufficiente la esistenza di una struttura organizzativa a supporto del titolare della attività.

In questi termini, il motivo è fondato.

La Commissione in fatto premette, quale punto incontroverso, che lo Studio Associato si avvaleva, per la fornitura di tutti necessari servizi, (dalla telefonia al segretariato) delle prestazioni rese da una società, la “s.r.l. Virili Service”. Da tale situazione di fatto deduce che lo Studio è privo di autonoma organizzazione, in quanto delega ogni tipo di incombente di tale natura ad un soggetto terzo.

L’assunto integra violazione della legge istitutiva dell’IRAP, nel senso sopra esposto, in quanto proprio dal ricorso ad una società di servizi si evince che lo Studio si avvale in forma rilevante e non occasionale, anzi continuativa del lavoro di terzi, così integrando il requisito di autonoma, organizzazione quale struttura posta a sostegno e potenziamento della attività professionale; in ordine alla quale è irrilevante che la struttura di supporto sia fornita da personale dipendente o da un terzo su base di un contratto di fornitura.

La sentenza deve quindi essere cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (essendo il dato rilevante già acquisito e non contestato) la causa può essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente.

Attesa la natura della controversia, in relazione alle oscillazioni giurisprudenziali di merito anche recenti, si ritiene di compensare tra le parti le spese di questa fase di legittimità e del precedente giudizio di merito.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo di ricorso principale ed il ricorso incidentale; accoglie il secondo motivo di ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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