Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10150 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10150 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

5.6″1/241(-,

SENTENZA

sul ricorso 11280-2012 proposto da:
TOPPI DANIELA TPPDNL59H53H501H, IACCARINO FRANCESCA
CCRFNC66S58H501P, CORSARO CARMELO CRSCML57L18G620D,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANDREA DORIA 48,
presso lo studio dell’avvocato ABBATE FERDINANDO
EMILIO, che li rappresenta e difende, giusta procura in
2012

calce al ricorso;
– ricorrenti –

9591
contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 30/04/2013

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– resistente –

avverso il decreto nel procedimento R.G. 15/2012 della
CORTE D’APPELLO di PERUGIA del 12.12.2011, depositato

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott.
PASQUALE D’ASCOLA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Roda Ranieri (per
delega avv. Ferdinando E. Abbate) che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

il 05/01/2012;

R.g. 11280/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20 luglio 2010 presso la Corte
d’appello di Perugia, Daniela Toppi e altri due istanti hanno
proposto, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa

non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione
introdotto dinnanzi alla Corte d’appello di Roma con ricorso
depositato nel mese di settembre 2005, concluso con decreto di
parziale accoglimento depositato nel mese di luglio 2007 e
definito, a seguito di ricorso per cassazione notificato nel
mese di marzo 2008, con sentenza depositata nel mese di marzo
2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda
inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla
legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla
denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi
presupposti, non discendendo tale proponibilità dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo
l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti ex lege
n. 89 del 2001 compensabile dal giudice del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto, gli istanti
hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo, cui ha
resistito, con atto tardivo di costituzione, l’intimata
Amministrazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione
semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo del ricorso i ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89

111 Cost., richiamando numerosi decreti emessi dalla stessa
Corte d’appello di Perugia, con i quali l’eccezione di
inammissibilità del rimedio

ex lege

n. 89 del 2011 in

relazione a procedimenti introdotti ai sensi di tale legge, è
stata rigettata, rilevandosi che la citata legge non consente
in alcun modo di distinguere i procedimenti di equa
riparazione da quelli ai quali la medesima legge si applica e
di sottrarli quindi al regime di ragionevole durata, che
discende direttamente dalla Convenzione europea e dalla
Costituzione italiana.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in
ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla
legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base
della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile
l’operatività del termine ragionevole di durata e del
conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa
riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed

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del 2001 e degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art.

eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa
Corte, è un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi
ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale

all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale
nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sé una
condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n.
89 del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il giudizio
dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte
europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato
diritto fondamentale, atteso che il procedimento interno
rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre
che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una
ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un giudizio
“Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione, la
durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta
ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.

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tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio

Il ricorso deve quindi essere accolto, poiché è erronea la
decisione della Corte territoriale, che ha ritenuto
inammissibile la domanda di equa riparazione per la
irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato depositato
presso la Corte d’appello di Roma nel mese di settebre 2005;
l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con decreto
depositato nel mese di luglio 2007; il giudizio dà cassazione
è stato introdotto con ricorso notificato nel mese di marzo
2008 ed è terminato con sentenza depositata nel mese di marzo
2010. La durata complessiva del procedimento di equa
riparazione è stata dunque di circa 54 mesi. Detratto il
termine ragionevole, stimato in due anni, nonché il termine di
sei mesi intercorso tra il deposito del decreto e la
proposizione della impugnazione, ulteriore rispetto al termine
breve legislativamente previsto per il ricorso per cassazione,
la durata non ragionevole risulta essere stata di circa due
anni.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
a ciascuno dei ricorrenti spetta un indennizzo che va
liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in

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relativamente a giudizio presupposto di altra natura.

complessivi euro 1500,00, oltre interessi legali dalla data
della domanda al saldo.
Ai ricorrenti compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in

Le spese del giudizio di merito devono essere distratte in
favore del difensore di parte ricorrente, dichiaratosi
antistatario, come quelle del giudizio di legittimità in
favore dell’avvocato Abbate.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma
di euro 1.250,00, oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo; condanna il Ministero alla rifusione delle
spese dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di
merito, in euro 775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00
per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese generali e
agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in
euro 506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e
agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese
del giudizio di merito in favore della difesa dei ricorrenti,
e quelle del giudizio di legittimità in favore dell’avvocato
Abbate, dichiaratosi antistatario.

dispositivo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 12

dicembre 2012.

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