Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1015 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. II, 20/01/2021, (ud. 25/06/2020, dep. 20/01/2021), n.1015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 26962-2019 proposto da:

T.N., elettivamente domiciliato in VIA ISOLA DI MEZZSO 26

TREVISO presso l’Avv. CARLO CIANCI che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO

PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in Roma, VIA Dei Portoghesi

22, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente –

Avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia, depositata il

24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

è stata impugnata da T.N. l’ordinanza, resa nel procedimento iscritto al n. R.G. 7886/2018, dal Tribunale di Venezia in data 14.6.2019.

Il ricorso è basato su due motivi.

La parte intimata ha depositato soltanto mero atto di costituzione “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente chiedeva al suddetto Tribunale la caducazione del provvedimento con cui il Prefetto di Treviso, come da atti, gli intimava l’allontanamento dal territorio nazionale italiano per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

La domanda veniva rigettata.

Nella fattispecie e, per quanto ancora rileva, il Giudice di prime cure disattendeva le doglianza mosse al provvedimento prefettizio per errata valutazione dei presupposti di fatto per l’allontanamento e della pericolosità sociale, nonchè per vizio di incompetenza.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con il primo motivo del ricorso si deduce la “nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Venezia per omessa pronuncia su un motivo di impugnazione ovvero sull’eccezione di incompetenza dell’autorità che ha emanato il decreto di allontanamento”.

Nella sostanza il ricorrente – cittadino romeno – adducendo di essere residente in Italia dal 20.9.2005 sosteneva che il decreto de quo poteva essere adottato dal solo Ministro dell’Interno e non dal Prefetto del luogo di residenza o domicilio dell’interessato.

Parte ricorrente deduce quanto sopra in assenza della dovuta indicazione del parametro normativo processuale alla cui stregua viene svolta la censura qui scrutinata.

Inoltre parte ricorrente adduce la propria residenza in Italia dal 2005 limitandosi a rinviare alla “pagina 6 del ricorso avverso il decreto prefettizio”.

In ogni caso (decisivamente) il motivo è infondato, data la disposizione di cui al D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, comma 9, parte prima.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

2. – Con il secondo motivo si censura il vizio di “violazione di legge per violazione o falsa applicazione dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20″ della normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007”.

Anche per il motivo in esame viene omessa la dovuta indicazione del parametro normativo di riferimento alla cui stregua viene proposta la censura.

Ciò posto, va osservato che il nucleo fondante del motivo consta, in sostanza, nella prospettazione che “la valutazione della pericolosità sociale dello straniero comunitario D.Lgs. n. 30 del 2007, ex art. 20, ai fini del suo allontanamento dal territorio nazionale, non può essere interpretata alla luce della giurisprudenza formatasi nelle controversie riguardanti l’espulsione del cittadino extracomunitario D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13”.

Il motivo è inammissibile in quanto fondato su una propria ricostruzione personale della natura e dei limiti dell’accertamento della pericolosità sociale (ancorchè di quella di un cittadino romeno), nè offre idonei motivi tali da ritenere la pronuncia gravata in contrasto con norme di legge o principi giurisprudenziali.

(Cass. n. 635/2015).

In ogni caso il motivo non si confronta con la esplicita ratio della decisione gravara, che poggia sulla valutazione della notevole pericolosità del cittadino, ancorchè comunitario, attestata da “plurimi comportamenti delittuosi anche di notevole gravità, accertati con l’emissione di sentenze di condanna”.

In più nel provvedimento del Tribunale di prima istanza è, con esauriente tata la ricorrenza di “plurimi comportamenti delittuosi anche di novità gravita, accertati con l’emissione di sentenze di condanna”.

Il motivo e, pertanto, inammissibile.

Il Collegio ritiene in ogni caso, di dover enunciare il seguente principio:

“la valutazione, della pericolosità, al fine della legittima adozione di provvedimento di espulsione, non soggiace a particolari limitazioni allorchè sia attinto dal provvedimento stesso un cittadino comunitario, del quale risulti acclarata la rilevante pericolosità per conseguenza di “plurimi comportamenti delittuosi, anche di notevole gravità, accertati con l’emissione di sentenze di condanna”, nell’ambito di una complessiva situazione oggettiva attestante la detta pericolosità il cui valido accertamento è tale in sè e non perchè vengano adottati particolari parametri a seconda se si tratti di accertare la pericolosità di un cittadino extra-comunitario o comunitario”.

3. – Alla inammissibilità dei motivi consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel suo complesso.

5. – Nulla va statuito, in assenza di controricorso, quanto alle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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