Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10149 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. II, 09/05/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 09/05/2011), n.10149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.F. (OMISSIS), R.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato LUBERTO ENRICO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MENATO PAOLO;

– ricorrenti –

contro

P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato SAVINI

ZANGRANDI LUCA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MANCINI SERGIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 988/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato ENRICO LUBERTO difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LUCA SAVINI ZANGRANDI difensore del resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.M., promissario acquirente, per sè o per persona da nominare, di un bene immobile sito in (OMISSIS), promessogli da R.F. e R.A., conveniva questi ultimi in giudizio innanzi al Tribunale di Verona per ottenere, previa offerta del saldo prezzo di L. 45.603.794, una sentenza costituiva, ex art. 2932 c.c., di trasferimento del bene in favore di P.S., che con lui sottoscriveva l’atto di citazione per accettazione.

I convenuti, pur non opponendosi a che il bene promesso fosse intestato a P.S., deducevano che la relativa legittimazione ad agire competeva a quest’ultimo, e non già a P.M.. Inoltre, domandavano in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento dei danni da ritardo nella stipula del definitivo e al pagamento di un indennizzo per la già avvenuta occupazione dell’immobile, ovvero alla corresponsione degli interessi sul saldo prezzo dalla data prevista per il contratto in poi.

Nel replicare, l’attore modificava la propria domanda deducendo di aver pagato, nelle more, vari debiti dei R.- R. per evitare l’espropriazione dell’immobile, oggetto di azioni esecutive, per cui al netto di quanto pagato egli era divenuto creditore verso costoro di L. 71 milioni.

Il Tribunale di Verona, respinta l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di P.M., ritenuta inammissibile la modifica della domanda principale, emetteva sentenza costitutiva di trasferimento dell’immobile in favore di P.M., subordinatamente al pagamento del residuo prezzo di L. 45.603.794, e respingeva la domanda riconvenzionale.

Tale sentenza era impugnata innanzi alla Corte d’appello di Venezia in via principale dai R.- R., e in via incidentale dal P.. I primi ne deducevano il vizio di extrapetizione, non avendo mai chiesto l’attore una sentenza di trasferimento in suo favore, e censuravano il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale; il secondo lamentava che il giudice di primo grado non aveva considerato che nelle more del giudizio non solo era stato già corrisposto il saldo prezzo, ma altresì erano state versale ai promittenti anche somme in eccesso per un totale di L. 160.967.918.

Con sentenza dell’8.6.2004 la Corte d’appello di Venezia dichiarava la nullità della decisione di primo grado in quanto emessa a contraddittorio non integro, ritenendo che al giudizio avrebbe dovuto partecipare P.S., per cui rimetteva la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

Per la cassazione di detta sentenza ricorrono R.F. e R.A., formulando due motivi.

Resiste con controricorso P.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 161 c.p.c., in relazione al n. 3 (rectius, 4) dell’art. 360 c.p.c., comma 1.

Premesso che ai sensi della norma di cui è denunciata la violazione le nullità della sentenza si convertono in motivi d’impugnazione, parte ricorrente sostiene che sebbene il giudizio di primo grado si sarebbe dovuto svolgere con la partecipazione necessaria di P. S., sta di fatto che il Tribunale ha disposto il trasferimento dell’immobile in favore di M. e non di P.S., e che ciò nonostante l’attore non ha interposto appello incidentale contro tale capo della decisione. Conseguentemente, la domanda sulla quale vi sarebbe stata la necessità d’integrare il contraddittorio non è mai entrata nel thema decidendum del giudizio d’appello, impedendo, così, il rilievo d’ufficio della nullità da parte della Corte territoriale.

2. – Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c.. in relazione al n. 3 (rectius, 4) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto l’erronea dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado ha provocato l’omesso esame da parte della Corte d’appello dei motivi di merito posti a sostegno dell’impugnazione principale.

3.- I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto il secondo non è che la declinazione delle conseguenze processuali derivanti dall’accoglimento del primo, sono fondati.

3.1. – Il difetto di integrità del contraddittorio nel primo giudizio, in riferimento all’ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine sostanziale, produce nullità del procedimento che ai sensi dell’art. 159 c.p.c. si propaga alla sentenza, e che, al pari di ogni altra nullità di quest’ultima, si converte in motivo d’impugnazione. Ne consegue che, formatosi il giudicato interno, per acquiescenza espressa o tacita, sulla relativa domanda, il giudice d’appello non può rilevare d’ufficio tale nullità (cfr. Cass. nn. 2922/74. 6497/80, 3061/96 e 8141/04).

3.1.1. – Nello specifico, il Tribunale nell’accogliere la domanda principale aveva statuito, seppur difformemente da quanto l’attore aveva chiesto, il trasferimento del bene in favore di M., e non già di P.S., incorrendo, pertanto, nel vizio di extrapetizione, ricorrente ogni qual volta il giudice si pronunci su di una domanda diversa, per personae, petitum o causa petendi, da quella formulata.

Tale error in procedendo, pertanto, avrebbe dovuto formare oggetto di apposita censura da parte dell’attore, unico soggetto interessato a farlo valere, secondo l’art. 161 c.p.c., in base al quali le nullità (proprie o derivate) della sentenza (ad eccezione di quella di cui all’ultimo comma della citata norma) si convertono in motivi d’impugnazione. In difetto di ciò, ogni relativa questione, inclusa quella pregiudiziale riguardante la necessità che al giudizio partecipasse anche P.S., quale soggetto nominato ai sensi dell’art. 1401 c.c. e destinatario degli effetti del contratto, è rimasta al di fuori del thema decidendum del giudizio d’appello, la cui natura devolutiva è sì piena, ma circoscritta ai capi e alle parti impugnate della sentenza di primo grado.

3.1.2. – Il giudice di secondo grado, invece, rilevando la questione senza che la stessa fosse più enucleabile dagli atti, siccome coperta dal giudicato interno, ha violato l’art. 161 c.p.c. e falsamente applicato, di riflesso, l’art. 354 c.p.c., provocando la nullità della sentenza d’appello.

4. – Il ricorso va, dunque accolto, e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà ad esaminare la controversia nel merito e a regolare le spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese de giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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