Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10146 del 09/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10146 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 24503-2011 proposto da:
BRIGNONE EGIDIO BRGGDE65S08G315X, titolare dell’omonima
impresa edile, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
LEONARDO GIGLIO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
CETIMA – CASSA EDILE TRAPANESE DI ISTRUZIONE
MUTUALITA’ ED ASSISTENZA, in persona del suo legale
rappresentante Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE CARNARO, 14, presso lo studio dell’avvocato
MARTINA PROVENZANO, rappresentata e difesa dall’avvocato
FABRIZIO GENCO giusta mandato speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 09/05/2014

avverso la sentenza n. 1255/2010 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO del 29/07/2010, depositata il 14/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

che si riporta agli scritti.

1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con sentenza n. 1255/2010 depositata in data 14 dicembre 2010,
la Corte di appello di Palermo rigettava il gravame proposto da Egidio
Brignone, nei confronti della Cassa Fdi1e Trapanese di Istruzione
Mutualità ed Assistenza, avverso la sentenza del Tribunale di Marsala
che, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dal Brignano
avverso il decreto con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in
favore della C.E.T.IM.A., della somma di euro 6.788,85, aveva revocato
il provvedimento opposto e condannato il Brignone a pagare la somma

di 2.535,85

oltre interessi. Riteneva la Cotte territoriale che

correttamente il Tribunale avesse accolto solo parzialmente l’eccezione
di prescrizione formulata dal Brignone e che non vi fosse la prova
dell’intervenuta totale estinzione del debito nei confronti della Cassa.
Avverso detta sentenza il soccombente ricorre con un motivo con il
quale lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione circa un punto
decisivo della controversia in relazione all’art. (art. 360, n. 5, cod. proc.
civ.), nonché la violazione per errore in procedendo delle norme di cui
agli artt. 112, 115, 116 e 414 cod. proc. civ. e per errore in giudicando
degli artt. 1193 e 2697 cod. civ., pure in ordine alla valutazione delle
emergenze istruttorie ed alla qualificazione delle eccezioni sollevate

quale operazione ermeneutica per la pronuncia di estinzione della

Ric. 2011 n. 24503 sez. ML – ud. 25-03-2014
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udito l’Avvocato FABRIZIO GENCO difensore della controricorrente

pretesa creditoria de qua, nonché dell’intero processo in relazione all’art.
360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ..
Resiste con controricorso la Cassa Edile Trapanese di Istruzione
Mutualità ed Assistenza.

Con l’articolato motivo si duole il ricorrente del fatto che la Corte
territoriale abbia omesso di valutare le emergenze documentali
provenienti dalla C.E.T.I.M.A. e non abbia proceduto al confronto, pur
in via comparativa, tra tutte le evidenze disponibili raccolte nel giudizio.
Si duole altresì della non corretta applicazione del principio sulla
ripartizione dell’onere della prova e della omessa valutazione dei fatti
non contestati e del comportamento processuale avversario. Lamenta
ancora che la Corte palermitana si sia limitata ad affermare
apoditticamente che il Brignone non aveva fornito la prova dell’eccepito
adempimento, omettendo di motivate tale conclusione.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Non si riscontra nella sentenza impugnata alcuna delle denunciate
violazioni di legge.
Secondo i criteri di distribuzione dell’onere della prova contenuti
nell’art. 2697 cod. civ., al creditore spetta di dimostrare il fatto
costitutivo del credito azionato e al debitore di provare il fatto estintivo
dello stesso credito o di una sua parte (cfr. Cass. 3 febbraio 1998, n.
1041). Così, la parte convenuta in giudizio per il pagamento di una
somma di denaro (id est la parte che abbia proposto opposizione ad un
decreto ingiuntivo) che eccepisca di avere adempiuto alla propria
obbligazione ammette, per ciò stesso, sia pur implicitamente, l’esistenza
del rapporto su cui si fonda la pretesa della controparte, che è
conseguentemente sollevata dall’onere della relativa prova, incombendo
sul convenuto (id est sull’opponente) il compito di dimostrare il proprio
Ric. 2011 n. 24503 sez. ML – ud. 25-03-2014
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Il ricorso è manifestamente infondato.

assunto difensivo, in base al principio per cui chi eccepisce
l’estinzione del diritto fatto valere nei suoi confronti deve provare il
fatto su cui l’eccezione si fonda (cfr. Cass. 26 gennaio 2005; id. 19 luglio
1995, n. 7860).

indicati principi laddove ha ritenuto che il Brignone non avesse
compiutamente assolto all’onere di provare l’intervenuta totale
estinzione del credito preteso dalla C.E.T.I.M.A.. Ciò in considerazione
della valutata insufficienza probatoria delle prodotte copie delle richieste
di bonifico del 12/5/2005, attestanti solo l’inoltro, all’istituto di credito,
della richiesta di eseguirlo, non anche il relativo buon esito (si ricorda, al
riguardo, che l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, ai sensi degli
artt. 1182, terzo comma, e 1183 cod. civ., si perfeziona nel luogo e nel
tempo in cui il creditore entra in concreto nella disponibilità della
somma di denaro – così Cass. 10 luglio 2008, n. 18877 -).
Le ragioni addotte dalla Corte territoriale danno adeguato conto del
ragionamento decisorio e rispetto a questo il ricorrente si limita a
contrapporre un asserito riconoscimento, da parte della Cassa,
dell’avvenuta ricezione del pagamento. Manca tuttavia la decisività della
relativa questione non emergendo elementi per disancorare la ritenuta
mancata prova del pagamento rispetto ai titoli di cui al decreto
ingiuntivo.
Ed infatti risulta, e non è contestato, che vi fossero stati pagamenti
oggetto di riconoscimento; si era trattato, però, di quelli di due distinti
versamenti (il primo in data 12/5/2005 dell’importo di euro 3.061,00 ed
il secondo in data 1/6/2005, dell’importo di curo 540,00) imputati dalla
Cassa ad un titolo diverso da quello oggetto di procedimento monitorio
e tanto risultava dalla stessa certificazione del credito allegata al ricorso
per decreto ingiuntivo.
Ric. 2011 n. 24503 sez. ML – ud. 25-03-2014
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Orbene, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione degli

Del resto la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di
legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale,
bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della

essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una
autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure
concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare
una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal
Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; id. 13
gennaio 2011, n. 313; 3 gennaio 2011, n. 37; 3 ottobre 2007, n. 20731;
21 agosto 2006, n. 18214; 16 febbraio 2006, n. 3436; 27 aprile 2005, n.
8718).
Né è possibile far valere con il vizio di motivazione la rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento
soggettivo della parte e, in particolare, prospettare un preteso migliore e
più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del
giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi
di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo

di tale convincimento (così Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
In buona sostanza, il controllo di logicità del giudizio di fatto,
consentito dall’art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., non equivale alla
revisione del «ragionamento decisorio», ossia dell’opzione che ha
condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della
questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non
sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente
in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità.
Ric. 2011 n. 24503 sez. MI – ud. 25-03-2014
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coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non

Per quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso, con
ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.”.
2 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le
considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto

legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto
dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del
processo.
3 – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
4 – La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento,
in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed curo 2.500,00 per
compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 marzo 2014.

condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di

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