Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10145 del 09/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10145 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
•r•

sul ricorso 22323-2011 proposto da:
FERRERI LUIGI FRRLGU65D28E506I, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G.G. PORRO 18, presso lo studio dell’avvocato
JACOPO VIVALDI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO
BOLOGNESE giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
ALFA 999 S.A.S.;
– intimata avverso la sentenza n. 2193/2010 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 20/09/2010, depositata il 4/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2014 dal Conigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

Data pubblicazione: 09/05/2014

udito l’avvocato JACOPO VIVALDI (delega avvocato BOLOGNESE)
difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:

Corte di appello di Lecce, pronunciando sull’impugnazione principale
proposta da Luigi Ferreri e su quella incidentale proposta dalla Alfa 999
s.a.s., confermava la decisione n. 10881/2008 del Tribunale di Lecce che
aveva riconosciuto la sussistenza tra le parti in causa di un rapporto di
lavoro subordinato per 25 giornate all’anno e per 5 ore per ogni
giornata, dal 1999 al 2002. Riteneva la Corte territoriale, per quanto di
interesse nel presente giudizio, che non vi fosse alcun elemento utile per
ritenere che il rapporto lavorativo in questione fosse terminato, come
assumeva il Ferreri, il 20/4/2003.
Avverso tale sentenza Luigi Ferreri ricorre per cassazione con un
unico motivo.
E’ rimasta solo intimata la Alfa 999 s.a.s..
Con l’unico motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio”. Lamenta che la Corte territoriale non abbia valutato con la
dovuta attenzione le dichiarazioni rese dal teste Puce che avrebbero
consentito di collocare l’attività lavorativa del Ferrari fino a tutto il
20/4/2003, data in cui si sarebbe verificato un sinistro in itinere.
Il motivo è manifestamente infondato.
Va, al riguardo, ricordato che la deduzione con il ricorso per
cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non
conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della
vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza

Ric. 2011 n. 22323 sez. ML – ud. 25-03-2014
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“Con sentenza n. 2193/2010, depositata in data 4 ottobre 2010, la

giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice
del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere
ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicché le
censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel

accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n.
9043; id. 13 gennaio 2011, n. 313; 3 gennaio 2011, n. 37; 3 ottobre 2007,
n. 20731; 21 agosto 2006, n. 18214; 16 febbraio 2006, n. 3436; 27 aprile
2005, n. 8718).
Né è possibile far valere con il vizio di motivazione la rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento
soggettivo della parte e, in particolare, prospettare un preteso migliore e
più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del
giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi
di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo
di tale convincimento (così Cass. 26 marzo 2010, n. 7394).
In buona sostanza, il controllo di logicità del giudizio di fatto,
consentito dall’art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., non equivale alla
revisione del «ragionamento decisorio», ossia dell’opzione che ha
condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della
questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non
sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente
in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità.
La valutazione, poi, delle risultanze della prova testimoniale, il
giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di
altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute
più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di
Ric. 2011 n. 22323 sez. ML – ud. 25-03-2014
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sollecitare una lettura delle emergenze processuali diversa da quella

fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della
propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o

implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la
decisione adottata (Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; id. 26 febbraio 2007,
n.4391; 27 luglio 2007, n. 16346).
Tanto precisato, va osservato che, nella specie, le valutazioni delle
risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congruamente
motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è
chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta
illogicità o insanabile contraddizione.
La Corte territoriale ha, in particolare, dato conto delle ragioni per le
quali ha ritenuto di non attribuire decisiva rilevanza alle dichiarazioni
rese dal teste Puce evidenziando che questi aveva confermato solo
l’occasionalità e la precarietà delle prestazioni rese dal Ferreri, aveva
indicato orari di lavoro che non corrispondevano a quelli segnalati
dall’appellante e non aveva saputo indicare presso quali locali il
medesimo avesse svolto attività lavorativa.
La suddetta motivazione regge alle censure del ricorrente che,
peraltro, appaiono incentrate sulla asserita sussistenza della prova di una
prestazione lavorativa svolta il giorno 20/4/2003 dalle ore 22,00 alle
2,00 presso il locale Atlantis di Otranto senza che emerga con chiarezza
il rapporto tra la Alfa 999 s.a.s. e tale locale (evincendosi solo dalla
ricostruzione del fatto – pag. 4 – che l’attività lavorativa sarebbe stata
svolta in favore della società convenuta “controllando gli accessi nei non meglio precisati – locali notturni di volta in volta indicati dall’AU della
Ric. 2011 n. 22323 sez. ML – ud. 25-03-2014
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a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi

stessa, sig. Mazzo”) e soprattutto senza che si evincano elementi per
ritenere, venendosi in tema di riconoscimento di un rapporto di lavoro
subordinato, che sussistessero, nel periodo oggetto di residua
rivendicazione, gli elementi tipici della subordinazione (risultando, a tal

insufficienti, le dichiarazioni del teste Puce).
Sulla base delle considerazioni che precedono si propone il rigetto
del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.”.
2 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le
considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto
condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di
legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto
dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del
processo.
3- Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
4 – Infine, nulla va disposto per le spese processuali essendo la
ALFA 999 s.a.s. rimasta solo intimata.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 marzo 2014.

fine, come correttamente evidenziato dalla Corte leccese, del tutto

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