Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10143 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 28/04/2010), n.10143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L., residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso per

procura a margine del ricorso dagli Avvocati Bonajuto Renato e Nicola

Mainelli, elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. Andrea

Cicala in Roma. P.zza Cavour n. 3;

– ricorrente –

contro

Comune di Bojano;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2/04 della Commissione tributaria regionale

del Molise, depositata il 21.9.2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

febbraio 2010 dal consigliere relatore dott. BERTUZZI Mario;

Viste le conclusioni dei P.M., in persona dei Sostituto Procuratore

Generale doti. DE NUNZIO Wladimiro, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 6.9.2005, S.L. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 36/2/04 del 21.9.2004 della Commissione tributaria regionale del Molise, che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva in parte respinto il suo ricorso per “annullamento degli avvisi di accertamento adottati dal comune di Bojano che di intimavano il pagamento dell’ici per le annualità 1995 e 1996, confermando in statuizione di primo grado che aveva dichiarato l’ente impostore decaduto dalla pretesa relativa all’anno 1995, ma respingendo il ricorso del contribuente in ordine all’annualità 1996. In particolare, il giudice di secondo grado, per quanto qui interessa, rigettò in parie qua il ricorso affermando che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova del suo assunto circa la destinazione agricola dell’immobile e che la mancata notifica da parte del comune della delibera della giunta che aveva attribuito al terreno in oggetto un prezzo di mercato, posto a base dell’imponibile, non costituiva causa di illegittimità dell’atto, atteso che ai sensi della L. n. 342 del 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono di spettanza, anche per la notifica, dell’Ufficio del territorio. Il comune di Bojano non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7 ed al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, 36 ter e 42 ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando ,la sentenza impugnata per avere respinto la doglianza con cui il ricorrente contestava il vizio di motivazione dell’atto impositivo per mancala notifica dell’atto presupposto utilizzato per il calcolo dell’imponibile, costituito dalla delibera della giunta comunale che aveva determinato i criteri di calcolo e di stima del valore dell’area, motivando la relativa statuizione mediante l’erroneo richiamo alla L. n. 342 del 2000, art. 74 che invece riguarda esclusivamente gli atti attributivi delle rendite catastali e pone di conseguenza l’onere di notifica dell’alto relativo a carico dell’Ufficio del territorio ed è, pertanto, del tutto estranea all’attività di accertamento dell’ente impositore. Il mezzo è infondato.

Non vi è dubbio che, nel caso di specie, essendo stato l’avviso di accertamento notificato il 29.12.2001, trovasse applicazione il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, che pone a carico del comune l’obbligo di allegare all’avviso di liquidazione e di accertamento l’atto presupposto ovvero di riprodurne il suo contenuto essenziale, laddove per atto presupposto deve intendersi l’atto sul cui contenuto risulta l’ondata, anche in parte, la pretesa impositiva. Altrettanto fondato è il rilievo critico circa il richiamo fatto dalla decisione impugnata alla L. n. 342 del 2000, art. 74 che invece riguarda esclusivamente gli atti attributivi e modificativi della rendita catastale e che, quindi, male si attaglia alla questione sollevata dal contribuente di illegittimità dell’atto impositivo per mancata allegazione o riproduzione della delibera della giunta comunale che aveva fissato i criteri di stima del valore dell’area in cui ricade il proprio terreno.

La censura non merita tuttavia accoglimento in quanto, come questa Corte ha già chiarito, l’obbligo di allegazione o di riproduzione nell’atto impositivo di ogni altro atto in esso richiamato e funzionalmente collegato all’affermazione della pretesa fiscale assolve alla finalità di rendere conoscibili al contribuente le ragioni ed i presupposti di fatto su cui esso si fonda, sicchè tale obbligo ragionevolmente non ricorre nel caso in cui l’atto c.d.

presupposto sia già conosciuto dal contribuente ovvero da questi facilmente conoscibile, situazione quest’ultima che senz’altro si riscontra a proposito degli atti generali del comune, quali le delibere ed i regolamenti, che possono presumersi giuridicamente noti in virtù delle formalità di pubblicazione per essi previste dalla legge (Cass. n. 25371 del 2008; Cass. n. 5755 del 2005). Il capo della sentenza impugnato giunge, pertanto, ad una conclusione giuridicamente corretta, anche se la motivazione fornita va corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, (nel testo ante riforma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006), nel senso sopra precisato.

li secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b in relazione all’art. 5, comma 5, stesso decreto ed in relazione al D.M. Lav. Pubbl. 2 aprile 1968 ed alla L. n. 1150 del 1942, artt. 13 e 28 e successive modifiche ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Commissione regionale abbia omesso di pronunciarsi sulle contestazioni sollevate dal ricorrente nel terzo motivo di appello incidentale, affermando l’edificabilità del terreno di sua proprietà ma senza considerare, ai fini del calcolo della base imponibile, che esso, ai sensi del PRG vigente del 1975 e della successiva variante, era edificabile soltanto nella misura del 30% della superficie fondiaria, mentre il restante 70% era inedificabile in quanto destinata a verde e parcheggio.

Il mezzo è inammissibile in quanto denunzia come omessa motivazione il vizio di omessa pronuncia, denunziabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c. (Cass. n. 1701 del 2006; Cass. n. 12952 del 2007) e comunque perchè non precisa, riproducendone il testo, in omaggio al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, se la predetta censura, che si assume non esaminata dal giudice di appello, sia stata formulata già in sede di ricorso introduttivo nè riporta il contenuto degli atti e documenti attestanti il fatto di cui lamenta la mancata considerazione. Costituisce diritto vivente di questa Corte infatti il principio che il ricorso per Cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b, in relazione all’art. 5, comma 5, stesso decreto ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la Commissione regionale abbia omesso di motivare sulle contestazioni sollevate dal ricorrente nel terzo motivo di appello incidentale, con quale era stata dedotta la insussistenza del requisito della edificabilità del terreno tassato, tenuto conto che la sua inclusione in zona di espansione residenziale era sta disposta da una variante del PRG adottata dal consiglio comunale ma non ancora approvata.

Anche questo motivo è inammissibile per le ragioni già esposte in sede di esame del precedente mezzo.

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c. ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere disposto la compensazione delle spese di giudizio, senza precisare a quale grado tale pronuncia andava riferita.

Il motivo è infondato, in quanto, avendo la Commissione tributaria regionale riformato, sua pure in parte, la pronuncia impugnata, la statuizione sulle spese deve ritenersi evidentemente riferita ad entrambi i gradi di giudizio.

Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo il comune intimato svolto attività difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

 

 

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