Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10139 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10139 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO – Estensore
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 22452-2011 proposto da:
PROGETTAZIONI & SERVIZI SRL 03925410650 in persona
dell’amministratore unico legale rappresentante p.t.
Sig. GIOVANNI PARRELLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CICERONE 60, presso lo studio dell’avvocato

T
2015
511

FABIO ALTAMURA, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIANCARLO SORRENTINO giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

BETON VALL CALCESTRUZZI SRL 03352830651 in persona

1

Data pubblicazione: 18/05/2015

del legale rappresentante p.t. PASQUALE QUAGLIANO,
domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e

difesa

dall’avvocato GIUSEPPE CALABRO’ giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 121/2011 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 15/02/2011, R.G.N. 78/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;
udito l’Avvocato GIANCARLO SORRENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
rigetto;

2

il

n. 22452/11- ud. 25.2.2015

Vincenzo Monzillo nel 2008 aveva intimato alla Beton Vall Calcestruzzi srl (di
seguito Beton) sfratto per morosità in relazione alla locazione di un terreno
destinato a cava, reclamando il pagamento dei canoni dal 2002. L’intimata si
era opposta, deducendo che nel contratto di locazione era subentrata la
Progettazione & Servizi srl (di seguito P&S), alla quale aveva ceduto il ramo
d’azienda, ed aveva chiamato in giudizio la stessa per esserne manlevata.
L’adito tribunale di Sala Consilina, con sentenza dell’8 luglio 2009, aveva
accolto la domanda di risoluzione del contratto condannando la Beton al
pagamento dei canoni, sul rilievo che della cessione della locazione non era
stata data comunicazione al locatore ai sensi dell’art. 36 legge n. 392 del 1978.
Premettendo di avere definito i rapporti con il Monzillo, la Beton aveva
proposto appello, lamentando il mancato accoglimento della domanda di
manleva nei confronti della NTS.
La corte d’appello di Salerno, M contraddittorio delle parti, con la sentenza del
15 febbraio 2011 qui impugnata, ha accolto tale domanda.
P&S propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi; resiste con
controricorso la Beton.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli art. 112 e 329
c.p.c.,2909 c.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., deducendo che, essendosi
formato giudicato in assenza di impugnazione sulla statuizione di primo
grado quanto alla esclusiva responsabilità della Beton, sarebbe rimasta
preclusa la pretesa di rivalsa da parte di quest’ultima sulla base dello stesso
rapporto negoziale.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, ex art. 360, n.5,
c.p.c. deduce la contraddittorietà della pronuncia che da una parte dà atto dei
limiti devoluti, cui era rimasta estranea la già definitiva questione della
responsabilità esclusiva della Beton, e d’altra parte indaga sul rapporto di
solidarietà tra questa ed essa ricorrente.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 36 della legge n.392
del 1978. Si sostiene che in ogni caso, secondo una lettura giurisprudenziale

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

n. 22452/11— ud. 25.2.2015

Con il quarto motivo si denunzia vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n.
5, c.p.c., in relazione alla precedente prospettazione giuridica, atteso che nei
confronti del cessionario non era stata neppure esperita alcuna messa in mora.
Con il quinto motivo la ricorrente denunzia ancora vizio di motivazione con
riferimento alla dichiarata ininfluenza della comunicazione della cessione della
locazione ai fini della declaratoria di sua responsabilità diretta nei confronti
del locatore, cui non era stata comunicata la cessione; si richiama ancora una
volta il meccanismo del beneficiun ordinis e la sua applicazione al caso concreto.
Tutti questi motivi possono essere esaminati congiuntamente, siccome agevole
è lo scrutinio della loro palese infondatezza sulla base delle medesime
considerazioni in diritto. Le relative censure, infatti, non tengono conto che il
definitivo giudicato interno che si è formato attiene soltanto alla circostanza
che la cessione della locazione, in uno alla cessione del ramo d’azienda, non
era opponibile al locatore ceduto mancando la comunicazione prevista dalla
legge. Onde la pronuncia (risolutoria e) condannatoria diretta soltanto alla
Beton, originario conduttore.
Ma data questa premessa intangibile, non è tuttavia in alcun modo sostenibile,
come sembrano adombrare i primi due motivi, che dal giudicato sia rimasta
travolta o assorbita anche la questione dei rapporti interni tra cedente e
cessionario, i quali, come si dirà, trovano peraltro fondamento in altra fonte
negoziale, che non è più il contratto di locazione ma quello della sua cessione.
E’ infatti evidente che il giudicato non poteva estendersi e non si è esteso
neppure implicitamente all’accertamento negativo della (diretta o concorrente)
responsabilità del cessionario, dal momento che il giudice di primo grado
aveva puramente e semplicemente omesso di pronunciare su una domanda
comunque proposta.
Così definiti i limiti del giudicato interno, quanto appunto ai rapporti tra le
odierne parti del giudizio non possono neppure trovare ingresso le ulteriori

ii

pacifica della norma (sentenze n. 9486/2007, 12896/2009; adde: 11010 e
23557/2011), qualora il locatore non abbia liberato il cedente, tra quest’ultimo e
il cessionario, divenuto successivo conduttore dell’immobile, viene ad
instaurarsi un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzato dal
“beneficium ordinis”, che consente perciò al locatore di agire nei confronti del
cedente per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti al suddetto contratto
solo dopo che si sia venuto a configurare l’inadempimento del nuovo
conduttore.

n. 22452/11— ud. 25.2.2015

In realtà, la corte distrettuale si è data carico intanto di prendere posizione
sulla (prima) eccezione di merito svolta da NES (l’altra, relativa
all’inadempimento della prestazione da parte della Beton, forma oggetto del
sesto motivo, infra), laddove aveva dedotto il mancato perfezionamento della
cessione non comunicata al locatore come fatto impeditivo della pretesa del
cedente; e correttamente riaffermando la pacifica irrilevanza della
comunicazione stessa ai fini della validità delle obbligazioni nei rapporti
interni tra cedente e cessionario, alla cui omissione consegue un effetto di mera
inopponibilità al locatore ceduto (per ultimo, n. 4067/2014), ha ripercorso la
costruzione teorica della fattispecie ricordando il meccanismo di solidarietà
che lega cedente e cessionario rispetto alle obbligazioni nascenti dalla
locazione, per concluderne che il secondo era certamente tenuto al pagamento
dei canoni.
Il fatto che non sia stato espressamente approfondito il tema del c.d. beneficiun
ordinis, di cui all’indirizzo interpretativo ricordato, non appare influente ai fini
della decisione. Intanto, perché, tralasciando le diverse ancorchè minoritarie
letture giurisprudenziali (n. 10485/2004), sarebbe stato necessario verificare se,
come pare plausibile, un tale assetto ermeneutico si attagli, oltre che al caso
(tipico, di cui alla chiara formulazione dell’art. 36 legge locazioni del 1978) in
cui locatore sia stato informato della cessione e non abbia liberato il conduttore
cedente, anche a quello, che qui ricorre, in cui invece nessuna comunicazione
sia stata data. Ma soprattutto perché, come è evidente, la operatività di un
meccanismo di preventiva escussione, in quanto eccezione rivolta al creditore,
può al più riguardare i rapporti tra creditore e coobbligato, non certo quelli
interni tra coobbligati. Senza dire che, nello schema teorico di cui si discute, la
posizione di obbligato principale sarebbe assunta proprio dal cessionario,
divenuto conduttore per effetto della cessione.
A ben vedere, lo stesso schema della solidarietà, sulla quale si indugia M
termini problematici, risulta inapplicabile al caso in esame, con o senza un

F

censure dirette a far risaltare inesistenti incongruenze motivazionali sugli
effetti del subentro automatico nella locazione da parte del cessionario,
laddove si denuncia una contraddizione tra la pacificamente premessa
inopponibilità della cessione ed il contemporaneo richiamo al principio della
solidarietà del cedente e cessionario, con gli eventuali riflessi in ordine al
meccanismo di elaborazione scientifica e giurisprudenziale della preventiva
escussione del cessionario (ovvero benefidun ordinis), implicanti l’effettività
della cessione stessa.

n. 22452/11— ud. 25.2.2015

meccanismo di preventiva escussione (che la norma però non prevede
espressamente). Proprio perché, ancora una volta, la solidarietà postula la
esistenza di un vincolo che accomuna più soggetti nei confronti di un terzo;
soddisfatto il quale, rimane il profilo del regresso tra i coobbligati nei limiti in
cui esso è consentito dal titolo giuridico che connota i loro rapporti interni.

La verità è dunque che in questo giudizio si controverte soltanto del diverso
rapporto giuridico intercorso tra le odierne parti, che non è appunto la
locazione ma la cessione della locazione insieme alla cessione d’azienda
(giuridicamente non opponibile al locatore ceduto); e nella quale vengono in
rilievo esclusivamente l’obbligazione assunta dal cedente di trasferire la
disponibilità del bene locato da terzi e quella assunta dal cessionario di pagare
i canoni a favore del locatore ceduto.
Da qui la corretta statuizione adottata sul punto dalla corte territoriale, quando
ha dichiarato che la P&S in base al contratto di cessione era tenuta a manlevare
la Beton di quanto pagato al locatore, in quanto a sua volta soggetto obbligato
ad eseguire quella prestazione.
I motivi esaminati vanno quindi rigettati.
Con il sesto motivo di ricorso si denunzia (in base all’art. 360 n. 3 c.p.c.) la
violazione dell’art. 1460 c.c., sul rilievo che la corte di appello l’avrebbe
disapplicato, pregiudizialmente e senza alcuna indagine di merito,
dichiarando irrilevante la eccepita circostanza che essa ricorrente non avesse
mai ricevuto il possesso materiale del fondo oggetto di quel contratto.
Tale censura è fondata.
Costituendosi in giudizio a seguito della chiamata in causa, la ricorrente in
effetti aveva subito eccepito anche di non avere mai conseguito la materiale
disponibilità del fondo oggetto di quel contratto e che quindi non poteva
essere tenuta a pagare i canoni né dunque a manlevare la società
conduttrice/ cedente.
La corte territoriale, dopo avere – come si è già detto – correttamente premesso
che, al contrario, la cessione del contratto di locazione si era comunque
giuridicamente perfezionata (tra le parti) con la relativa stipulazione inserita
nel contratto di cessione d’azienda, ha tuttavia ricavato la conclusione che la
correlativa assunzione di obbligazione da parte della cessionaria avrebbe
potuto essere rimossa soltanto proponendo nei confronti del cedente una
domanda di risoluzione del contratto, nella specie omessa.
6

111

n. 22452/11— ud. 25.2.2015

Nel contratto di cessione d’azienda, al cui contenuto entrambe le parti hanno
fatto concorde riferimento quanto all’oggetto ed alle obbligazioni collegate, la
Beton aveva ceduto alla PM tutto il ramo produttivo comprendente impianti,
mobili, macchinari, nonché alcuni terreni a vario titolo detenuti dalla cedente e
destinati alla estrazione di materiali (cave); tra i quali appunto il terreno che la
Beton aveva preso in locazione dal Monzillo.
La eccezione di inadempimento proposta dalla ricorrente non riguardava
dunque l’intera prestazione, ma soltanto la mancata consegna di quel terreno a
scopo estrattivo, di cui il cessionario non aveva mai pagato al locatore ceduto i
corrispettivi canoni allegando che il cedente, malgrado la specifica pattuizione
(difatti non smentita), non gliel’avesse mai consegnato (avrebbe aggiunto la
ricorrente che difatti, avendo a sua volta proceduto a cedere ad altri l’impianto
e l’azienda, non aveva potuto documentatamente trasferire la detenzione del
terreno controverso).
Attenendo la controversia non alla contestazione dell’intero rapporto ma
soltanto all’esecuzione di una sola prestazione (che in ipotesi avrebbe potuto
rivestire un rilievo non decisivo nell’economia del contratto), sarebbe venuta
in rilievo la questione della mancata consegna del terreno che, se accertata,
avrebbe potuto nella indagine di merito condurre, ferma restando la validità
del contratto di cessione, alla esclusione della obbligazione del cessionario in
ordine al pagamento del canone ceduto e quindi, nella specie, alla martleva a
vantaggio di costui.
La sentenza va pertanto cassata per quanto di ragione, con rinvio alla stessa
corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, la quale dovrà verificare
nel merito la fondatezza o meno della eccezione di parziale inadempimento,
sulla base delle rispettive deduzioni e allegazioni probatorie secondo le regole
del riparto del corrispondente onere, ricavandone all’esito le conseguenze in
ordine al rifiuto della ricorrente di adempiere alla prestazione per cui è lite.
Regolerà anche le spese dei giudizi di merito e del giudizio di cassazione.

v

Tale affermazione, erronea in punto di principio, assicurando l’ordinamento al
contraente inadempiente l’autotutela della exceptio inadimpleti con tractus senza
dover necessariamente agire per la risoluzione del contratto ma appunto
rifiutando l’adempimento della prestazione corrispettiva, è ulteriormente
inappropriata al caso concreto, in cui tra le parti non si controverteva affatto
della esecuzione del complessivo contratto di cessione d’azienda, ma solo del
segmento relativo alla cessione, tra l’altro, anche del fondo in questione.

n. 22452/11 — ud. 25.2.2015

Il settimo motivo, attinente alla regolamentazione delle spese, resta
ovviamente assorbito.
• P.Q.M.

Roma, 25 febbraio 2015.

accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta i motivi dal primo al quinto,
assorbito il settimo; cassa e rinvia alla corte d’appello di Salerno in diversa
composizione, la quale regolerà le spese del giudizio, anche di cassazione.

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