Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10138 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10138 Anno 2015
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 29005-2011 proposto da:
SCIBILIA

ENRICO

SCBNRC75T24E6060,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LAZIO 9, presso lo studio
dell’avvocato MARCO CIAPPONI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ROBERTO NOSCHESE giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
503.

contro

MINISTERO DIFESA 80425650589, in persona del Ministro
pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

1

Data pubblicazione: 18/05/2015

STATO, che lo rappresenta e difende per legge;
controricarrente

avverso la sentenza n. 542/2010 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 26/10/2010 R.G.N. 68/2007;
udita la relazione della causa

svolta nella pubblica

FRASCA;
udito il P.M. in persona del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

udienza del 24/02/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE

R.g.n. 29005 -11 (ud. 24.2.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
§1. Enrico Scibilia ha proposto ricorso contro il Ministero della Difesa
avverso la sentenza del 26 ottobre 2010, con cui la Corte d’Appello di
Messina ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza del Tribunale
di Messina del 24 maggio 2006, la quale aveva rigettato la domanda da lui

proposta con citazione del 5 giugno 1996 per ottenere dal Ministero il
risarcimento dei danni a suo dire sofferti in occasione della prestazione del
servizio militare di leva per il quale era stato arruolato il 2 settembre del 1994.
§2. Lo Scibilia a sostegno della domanda aveva dedotto di avere subito
un danno da invalidità permanente determinato da una infiammazione del
nervo ottico dell’occhio sinistro, che aveva provocato la quasi integrale
perdita del visus in quell’occhio e che a suo dire era stata cagionata dalle
condizioni in cui aveva svolto il servizio, cioè dall’espletamento per 140
giorni, continuativamente, del servizio di guardia diurna e notturna a bordo
della nave Polifemo, in condizioni ambientali tali da causare la neurite retro
bulbare responsabile della grave diminuzione del visus.
§3. Al ricorso ha resistito con controricorso il Ministero.
§4. Parte ricorrente ha fatto pervenire a mezzo posta una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Preliminarmente il Collegio rileva che la memoria fatta pervenire in
cancelleria a mezzo posta dal ricorrente deve considerarsi tamquam non esset,
ala stregua del principio di diritto secondo cui «L’art. 134, quinto comma,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, a norma del
quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a
mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile
per analogia al deposito della memoria, perché il deposito di quest’ultima è
3
Est. Co . Raffaele Frasca

R.g.n. 29005 -11 (ud. 24.2.2015)

esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità
di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto alla udienza
di discussione – ritenuto necessario dal legislatore e che l’applicazione del
citato art. 134 finirebbe con il ridurre, se non con l’annullare, con lesione del
diritto di difesa delle controparti.>> (Cass. n. 17726 del 2006; (ord.) n. 182
§2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa
applicazione dell’art. 2050 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; erronea,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il
giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) in relazione alle condizioni di pericolosità
obiettiva del servizio di guardia comandato”.
Con il secondo motivo si denuncia “violazione e/o falsa interpretazione
dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su u fatto controverso decisivo per il giudizio”.
§2.1. Entrambi i motivi — il primo diretto a censurare la valutazione con
cui la Corte territoriale ha escluso il fondamento della domanda reputando che
nella specie non fosse configurabili l’applicabilità dell’art. 2050 c.c., cioè lo
svolgimento di un’attività pericolosa da parte della p.a., il secondo diretto a
censurare la valutazione con cui è stata esclusa dalla Corte territoriale, nella
prospettiva della subordinata collocazione della vicenda sotto la norma
generale della responsabilità aquiliana, cioè l’art. 2043 c.c. e particolarmente
sotto il profilo della tenuta da parte della p.a. di un comportamento colpevole
— sono inammissibili, per la ragione che il loro ipotetico scrutinio favorevole
al ricorrente non varrebbe in alcun modo a giustificare la cassazione
Tanto perché la sentenza, là dove ha confermato il rigetto della domanda
dello Scibilia disposto dalla sentenza di primo grado, lo ha fatto anche con
una motivazione che prescinde dalla riconducibilità della vicenda all’art. 2050
o all’art. 2043 c.c. e che riguarda l’una e l’altra ipotesi e si colloca a monte

Est. Cons. Raffaele Frasca

del 2011).

R.g.n. 29005 -11 (ud. 24.2.2015)

della questione posta dal primo motivo e della questione posta dal secondo
motivo.
Invero, ha osservato a pagina 6, nelle ultime due righe e di seguito nella
pagina 7 la sentenza che -«anzi a ben vedere, non è certo nemmeno
l’invocato rapporto di causalità non potendosi escludere che l’affezione sia
conseguenze imprevedibili. D’altronde anche lo stesso CTU nella sua
relazione ha precisato che l’esposizione al freddo, determinata dai turni di
guardia sul ponte della nave, può favorire l’attacco di virus patogeni per
l’organo visivo ma no si è spinto a qualificare come “probabile” così come
preteso dal Supremo Collegio.>>.
E’ vero che il riferimento alla probabilità concerne l’applicazione delle
condizioni per valutare la pericolosità dell’attività, ma la precedente
affermazione si pone oggettivamente come significativa di una
manifestazione di convincimento dell’assenza in atti della dimostrazione del
collegamento causale, cioè del nesso causale, fra l’attività dannosa, cioè
l’adibizione dello Scibilia alla guardia e l’evento dannoso che nella sua
prospettazione sarebbe stato da essa cagionato.
Tale manifestazione di convincimento non è stata assoggettata ad
impugnazione dallo Scibilia. Essa, peraltro, se è indubbio che è stata
enunciata nell’àmbito della motivazione con cui la Corte mamertina ha
escluso la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 2050 c.c. sotto il
profilo della pericolosità dell’attività adibitoria, si deve oggettivamente e
comunque ritenere rilevante anche si fini del successivo scrutinio della
responsabilità su specie ella norma generale dell’art. 2043 c.c.
Sotto il primo aspetto si ricorda che costituisce principio pacifico che
«In tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa, la presurrione
di colpa a carico del danneggiante, posta dall’art. 2050 cod. civ., presuppone
il previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico, la cui prova
Est. Cons. Raffaele Frasca

stata prodotta dallo stato febbrile, causato dal’ influenza che talvolta produce

R.g.n. 29005 -11 (ud. 24.2.2015)

incombe al danneggiato, tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso; resta,
poi, a carico del danneggiante l’onere di provare di aver adottato tutte le
misure idonee ad evitare il danno.>> (Cass. n. 19449 del 2008, ex multis;
adde Cass. sez. un. n. 582 del 2008).

Sotto il secondo aspetto non si dubita che l’onere della prova del nesso
dell’art. 2043 c.c., sebbene secondo la nota teorica del c.d. “più probabile che
non”.
Ebbene, la mancata impugnazione della ratio decidendi relativa alla
mancanza di dimostrazione del nesso causale, giusta o sbagliata che essa
fosse, ha comportato il consolidamento della decisione di appello impugnata
sul punto, cioè là dove ha rigettato l’appello dello Scibilia confermando la
reiezione della domanda del medesimo anche per quella mancanza. Ne
consegue che diventa irrilevante scrutinare anche le ulteriori rationes
decidendi

relative all’esclusione della sussistenza della fattispecie di cui

all’art. 2050 c.c. in punto di pericolosità dell’attività e della dimostrazione
della colpa quale elemento della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c.
La ratio decidendi sull’assenza di dimostrazione del nesso causale risulta
ormai coperta da cosa giudicata ed idonea a giustificare la soluzione data dai
giudici di merito nel senso del rigetto della domanda, onde viene in rilievo il
principio di diritto secondo cui <> (Cass. n.
14740 del 2005).
La descritta situazione, se valutata alla stregua del criterio dell’interesse,
richiederebbe l’applicazione del principio di diritto secondo cui «Nel caso in
cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di
è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che
ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il
ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le
censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il
quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo
capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne
consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia
formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta,
perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa,
debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto
di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o
del capo impugnato.>> (Cass. sez. un. n. 16602 del 2005).
§3. Conclusivamente il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
§4. La natura della controversia in relazione all’interesse coinvolto
induce a compensare le spese del giudizio di cassazione, in non diversa guisa
di quanto è stato fatto in sede di appello, senza che al riguardo la difesa
erariale se ne sia doluta.
P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del
giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile-3, il 24 febbraio 2014.

questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla,

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