Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10137 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 28/04/2010), n.10137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20165/2005 proposto da:

P.M., in proprio e in qualità di legale rappresentante

della Società MIRA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEL

VIGNOLA 73, presso lo studio dell’avvocate BATTISTELLI MASSIMILIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BONIELLO DOMENICO, giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 383/2002 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 18/03/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il resìstente l’Avvocato dello Stato GUIDA, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 383/47/2002 del 18/3/2003 la Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva i riuniti gravami interposti dal sig. P.M., in proprio e quale legale rappresentante della società Mira di Paone Michele & C. s.n.c., e in via incidentale dall’Ufficio I.V.A. di Napoli, nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli di parziale accoglimento dell’opposizione proposta dai suindicati contribuenti in relazione ad avviso di accertamento emesso ai fini I.V.A. per l’anno d’imposta 1994.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il P., in proprio e nella qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Premesso che, trattandosi nel caso di imposta indiretta non viene in rilievo la questione della configurabilità di un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra società (di persone) e soci, e della conseguente integrità del contraddittorio (v. Cass., Sez. Un., 4/6/2008, n. 14815), va pregiudizialmente rigettata l’eccezione di giudicato esterno sollevata dal ricorrente.

Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, perchè il giudicato esterno, che è rilevabile d’ufficio, possa far stato nel processo, è invero necessaria la certezza della sua formazione, la quale deve essere dall’eccipiente provata attraverso la produzione della sentenza munita dell’attestazione di cancelleria ex art. 124 disp. att. c.p.c., dell’intervenuto passaggio in giudicato (v. Cass., 8/5/2009, n. 10623; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass. 2/4/2008, n. 8478; Cass., 22/5/2007, n. 11889; Cass. 3/11/2006, n. 23567). Orbene, nel caso l’attestazione (v. Cass., 18/9/2009, n. 20090).

Orbene, nel caso le sentenze C.T.P. Napoli n. 743 del 4/12/2003, C.T.P. Napoli n. 738 del 4/12/2003, CTR Campania n. 115/20/08 del 28/7/2008 dal ricorrente prodotte in atti con memoria ex art. 378 c.p.c., non risultano recare alcuna (l’ultima) ovvero idonea (le prime due) attestazione al riguardo, tale non potendo invero considerarsi la “certificazione” d.d. 9/12/05 della “responsabile Front Office” della C.T.R. della Campania del tenore “vista la richiesta… esaminati gli atti presentati presso questa Commissione si certifica che non risulta depositato presso questa Commissione, a tutt’oggi, alcun appello avverso la sentenza n. 738/17/03 emessa dalla Sezione n. 17 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli in data 13/11/03 e depositata in data 04/12/03”, provenendo essa da soggetto diverso dal cancelliere, e non recando le indicazioni prescritte dal citato art. 124 disp. att. c.p.c. (secondo cui “il cancelliere certifica, in calce alla copia contenente la relazione di notifica, che non è stato proposto nei termini di legge appello o ricorso per cassazione, nè istanza di revocazione per i motivi di cui all’art. 395 del codice, nn. 4 e 5. Ugualmente il cancelliere certifica in calce alla copia della sentenza che non è stata prodotta impugnazione nel termine previsto dall’art. 327 del codice”).

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Lamentano che il giudice dell’appello si è limitato “alla sola enunciazione della legittimità dell’operato dell’Ufficio tributario e della Commissione Tributaria Provinciale, senza dare, come era doveroso, alcuna motivazione ed argomentazione di tale affermazione”, conseguendone pertanto la “nullità della decisione”.

Il motivo è infondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la motivazione della sentenza per relationem è ammissibile, dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell’atto al quale si opera il rinvio, e che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell’atto rinviante.

Costituisce tuttavia principio generale dell’ordinamento, desumibile dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, per gli atti amministrativi, e a fortiori valido – in forza dell’art. 111 Cost., per l’attività del giudice, quello secondo cui il rinvio va operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione per relationem, per essere detta motivazione espressa in provvedimenti il cui contenuto è conoscibile (v. Cass., 30/3/2007, n. 7943), tale dovendo invero considerarsi la motivazione di sentenza ben identificata (v. Cass., 16/1/2009, n. 979).

Orbene, nel ritenere nel caso legittimi l’accesso “ai locali non posseduti dalla contribuente”, il “rinvenimento di documenti contabili non ufficiali”, il “loro utilizzo da parte della G.F. e dell’Ufficio”, il “ricorso al metodo induttivo di quest’ultimo per rideterminare il volume d’affari, anche se in misura ridotta dai primi giudici”, il giudice dell’appello ha nell’impugnata sentenza fatto espresso richiamo alla sentenza Cass., 7/7/1999, n. 7045, sicchè senz’altro idonea deve alla stregua di quanto sopra considerarsi la motivazione per relationem nella specie adottata.

Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa e contraddittoria motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che pur avendo ritenuto “arbitrario” l’accesso nel caso effettuato da parte della G.d.F. nel locale ove è stata rinvenuta la documentazione poi posta a base dell’impugnato accertamento, il giudice dell’appello ha contraddittoriamente ritenuto l’utilizzabilità della medesima e la legittimità del conseguentemente operato accertamento induttivo del reddito.

Si dolgono che la G. di F. abbia nel caso “illegittimamente acquisito i presunti elementi probatori (ritenuti immotivatamente riconducibili alla società ricorrente) posti a base dell’accertamento impugnato, in quanto ha proceduto ad accedere in un locale assolutamente estraneo all’attività imprenditoriale e senza alcuna autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica che, d’altra parte, non poteva essere concessa mancando i gravi indizi richiesti dalla legge”.

Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.

Premesso che risponde a principio affermato in giurisprudenza di legittimità sia che il ritrovamento da parte della Guardia di Finanza, in locali diversi da quelli societari, di una “contabilità parallela” a quella ufficialmente tenuta dalla società sottoposta a verifica fiscale legittima, di per sè, e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso ;’ all’accertamento induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 2 e 3, (v. Cass., 18/12/2006, n. 27061; Cass., 20/12/2003, n. 19598; e già Cass., 7/7/1999, n. 7045); sia che ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 35, la Guardia di finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai dipendenti civili dell’Amministrazione finanziaria (v. Cass., 8/7/2009, n. 16017), va osservato che nella motivazione non risulta in effetti indicata la prova che il rinvenimento da parte della G.d.F. della documentazione de qua sia avvenuta in locali di commercio o connessi o comunque per i quali non sia necessaria la specifica autorizzazione della Procura della Repubblica D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52, applicabile in tema di I.V.A. in ragione del richiamo operato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, (cfr. Cass., 31/8/2007, n. 18337; Cass., 3/4/2007, n. 9565; Cass., 26/10/2005, n. 20824; Cass., 12/10/2005, n. 19837; Cass., 29/11/2001, n. 15209; Cass., 2/2/1998, n. 1036. V. anche, da ultimo, Cass., 7/8/2009, n. 18155).

Dell’impugnata sentenza, assorbiti i restanti motivi (con i quali i ricorrenti denunziano, rispettivamente, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omessa e contraddittoria motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, per nuovo esame.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 2 motivo di ricorso, rigettato il 1 ed assorbiti i restanti. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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