Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10137 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/04/2017, (ud. 10/03/2017, dep.21/04/2017),  n. 10137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5289-2014 proposto da:

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA SMET S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, C.F.

(OMISSIS), in persona dei Commissari Liquidatori e legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO POMPA che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ORESTE CARDILLO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI MILANO S.C. A R.L. – GRUPPO BIPIEMME, C.F.

(OMISSIS), in persona del Dirigente, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA STAZIONE SAN PIETRO 45, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO CAMPEGIANI che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 484/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2017 dal Consigliere D.ssa. MAGDA CRISTIANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1) SMET s.r.l., in liquidazione e in amministrazione straordinaria, ha impugnato con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la sentenza della Corte d’appello di Roma del 24.1.2013 che, riformando quella di primo grado, ha dichiarato improponibile la domanda da essa proposta, di ripetizione delle somme indebitamente incamerate da IMI Banco di Marino s.p.a. – poi Banca Popolare di Milano s.c.ar.l. – nel corso del rapporto di conto corrente intrattenuto con SMET in bonis, in quanto preclusa dal giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca contro la debitrice.

Banca Popolare di Milano s.c.ar.l. ha resistito con controricorso.

2) Le parti hanno ricevuto tempestiva notificazione della proposta di definizione e del decreto di fissazione dell’udienza camerale di cui all’art. 380 bis c.p.c. ed hanno entrambe depositato memoria.

3) Con il primo motivo, che denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e L. Fall., art. 95, la ricorrente lamenta che il giudice d’appello abbia omesso di accertare la data in cui il decreto ingiuntivo è stato dichiarato definitivamente esecutivo, e, conseguentemente, di verificare se il giudicato formatosi in ordine all’esistenza del credito ingiunto le fosse opponibile.

3.1) Col secondo motivo, denunciando ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente deduce che la corte del merito non avrebbe accertato esattamente la portata del giudicato.

4) Il primo motivo è inammissibile per novità della censura, in quanto dalla lettura degli atti processuali non emerge che l’impresa in A.S. abbia mai contestato che il decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo prima della dichiarazione del suo stato di insolvenza, nè eccepito l’inopponibilità alla massa del provvedimento monitorio.

Va escluso poi che la questione, attinente non già all’esistenza del giudicato, ma alla sua mera efficacia verso la massa, e comportante un accertamento in fatto, sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo.

3) Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici; essendo allora sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (per tutte, Cass. S.17. 28 novembre 2007, n. 24664).

Nel caso di specie la corte d’appello ha correttamente accertato che il rapporto di conto corrente posto a fondamento della domanda di ripetizione d’indebito formulata dalla SMET era il medesimo già oggetto del decreto ingiuntivo notificato dalla banca alla debitrice e non opposto, facendo applicazione del principio, più volte ribadito da questa Corte, a tenore del quale il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione (Cass. 11 maggio 2010, n. 11360).

Il ricorso deve pertanto essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

Non ricorrono i presupposti per la condanna della ricorrente al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.

PQM

La Corte rigetta e il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 10.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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