Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10136 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 28/04/2010), n.10136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10388-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

GEAT SPA (gestione servizi per l’ambiente e il territorio), in

persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA P. BORSTERT 20, presso lo

studio dell’avvocato PISELLI MARIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BOLDRINI GIOVANNI, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

RIMINI, depositata il 15/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato GUIDA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15/3/2004 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Rimini avverso la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Rimini di accoglimento dell’opposizione spiegata dalla società G.E.A.T. s.p.a. (già Azienda speciale G.E.A.T. Gestione servizi per l’ambiente e il territorio) nei confronti degli avvisi di diniego di rimborso dell’IVA versata per gli anni d’imposta 1996, 1997 e 1998 in relazione al servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, espletato in favore del Comune di Riccione nella forma dell’affidamento diretto L. n. 142 del 1990, ex art. 3 nel periodo della moratoria fiscale ex art. 66 L. n. 427 del 1993.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi (il 2^ condizionato), illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società G.E.A.T. s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente, per essere stato il ricorso notificato alla società G.E.A.T. (ex Azienda speciale G.E.A.T.) nel domicilio presso i difensori, successivamente alla scissione parziale della predetta nella società Hera s.p.a., subentrata con decorrenza dal 1/7/2003 “in tutti gli elementi patrimoniali, rapporti giuridici e contratti attivi e passivi relativi al ramo aziendale relativo alla gestione del servizio pubblico di igiene urbana (Ramo Esu)”, ivi compreso il “diritto di rimborsare I.V.A. di cui si dibatte nel presente giudizio di legittimità”, deducendosi che il ricorso è stato pertanto proposto nei confronti di un soggetto carente di legittimazione passiva”.

Premesso, da un canto, che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento (v. in particolare Cass., 8/10/2008, n. 24791), va osservato che, trattandosi di società che assuma di derivare – per trasformazione o fusione (v. Cass., 14/8/2007, n. 17681) o come nella specie per scissione – da altra società che ha partecipato al giudizio di merito, l’allegazione della propria legitimatio ad causam con dimostrazione di essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa (in particolare, la dimostrazione della propria evoluzione o derivazione dalla preesistente società), va fornita, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, solamente da soggetto che non è stato parte nel precedente grado di giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 25/2/2009, n. 4468).

Orbene, la società G.E.A.T, è stata invero parte nel giudizio di appello svoltosi avanti alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, ivi citata con atto notificatole presso il domicilio eletto, senza che risultino essere state nell’occasione formulate eccezioni di sorta, sicchè non è nel caso a dubitarsi della sua legitimatio ad causam.

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, (conv. in L. n. 427 del 1993); D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4; art. 4, paragrafo 5, Direttiva n. 77/388/CEE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che il giudice dell’appello abbia erroneamente accolto la domanda di rimborso, laddove del D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, avrebbe dovuto privilegiare l’interpretazione che non si pone in conflitto con la normativa comunitaria, “e che quindi che non considera le società e le aziende speciali equiparate ai fini IVA agli enti pubblici territoriali” svolgenti direttamente il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti.

In subordine, con il 2^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, e art. 26 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficienza della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che, in mancanza di emissione della nota di variazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, comma 3 ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, la società era comunque “tenuta al pagamento dell’imposta per il solo fatto di averla percepita ed indicata in fattura”.

In mancanza di detta variazione, si sarebbe dovuto pertanto dal giudice dell’appello valutare “se la società aveva o meno fornito la prova che nella fattispecie non sussisteva alcun danno per l’erario”.

Il 1^ motivo è fondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di IVA, la moratoria fiscale stabilita dal D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, (conv. in L. n. 427 del 1993), e L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 70, i quali – per il periodo di tempo in essi indicato – dispongono l’applicazione, nei confronti delle società per azioni e delle aziende speciali istituite ai sensi della Legge Ordinamento Autonomie Locali n. 142 del 1990, artt. 22 e 23 delle “disposizioni tributarie applicabili all’ente territoriale di appartenenza”, non si applica all’imposta sul valore aggiunto relativa alle prestazioni di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani effettuate da dette società ed aziende.

Queste, infatti, svolgono le indicate prestazioni non in forza dell’esplicazione di un potere pubblico autoritativo, correlato all’imposizione a carico dei destinatari del servizio di una erogazione di natura tributaria – come avviene nel caso di svolgimento diretto da parte dei Comuni del detto servizio di smaltimento, che non è soggetto ad IVA non già in forza di una specifica norma di esclusione bensì in virtù di principi di ordine generale -, ma sulla base di un incarico di gestione ad esse commissionato dal Comune e accompagnato dall’erogazione di un corrispettivo per il servizio reso, secondo un rapporto riconducibile alla previsione normativa di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1 e consistente nello svolgimento di un’attività di natura commerciale, come tale rilevante ai fini dell’applicazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 4 del medesimo Decreto (v. Cass. 17/12/2008, n. 29449; Cass., 15/4/2005, n. 7906; Cass, 3/9/2004, n. 17871).

Orbene, nell’affermare che “La locuzione disposizioni tributarie contenuta nella L. n. 427 del 1993, art. 66, comma 14 … non può che riferirsi al complesso delle norme che regolano la materia tributaria per gli Enti territoriali, non essendovi nella norma alcun elemento letterale o sistematico che possa limitarne gli effetti al solo settore delle imposte sui redditi”, e che “il cuore del problema sta nel fatto che per quel determinato servizio (raccolta e smaltimento rifiuti), considerata la sua natura non commerciale, il Comune non era soggetto passivo d’imposta e, sostanzialmente, non lo poteva divenire l’azienda speciale durante il triennio di moratoria fiscale, in forza del chiaro disposto della L. n. 427 del 1993; nei confronti di quelle aziende, per tre anni, occorreva far riferimento alle disposizioni tributarie applicabili all’Ente Territoriale di appartenenza”, il giudice dell’appello ha invero disatteso il suindicato principio.

Dell’impugnata sentenza, assorbito il 2^ condizionato, s’impone pertanto la cassazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere invero decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le ragioni della decisione costituiscono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1^ motivo di ricorso, assorbito il 2^. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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