Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10136 del 18/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10136 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 22423-2014 proposto dw
ANDRI ANI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato VINCENZO PAGANO giusta procura speciale in calce
al ricorso;

– ricorrente contro
INPS

ISITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29,
presso PAVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA
CAPANNOLO, CLEMENTINA PULII giusta procura speciale a
margine del controricorso;

Data pubblicazione: 18/05/2016

- controricorrente avverso il decreto n. 3274/2013 R.G. del TRIBUNALE di TRANI,
depositato il 23/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con decreto depositato il 23.5.2014, emesso ai sensi dell’ari. 445-bis
cod. proc. civ., il Giudice del lavoro del Tribunale di Trani, rilevato che
Andriani Giuseppe aveva proposto ricorso ai sensi dell’articolo
suindicato per l’accertamento del requisito sanitario ai fini dell’iscrizione
nelle liste del collocamento obbligatorio ex I. 68/1999 nei confronti
dell’INPS e che quest’ultimo, nel costituirsi, aveva, eccepito la propria
carenza di legittimazione passiva, ritenuta fondata tale eccezione e
rilevato che, in ogni caso, il ricorso ex art. 445 bis cpc era stato
presentato al di fuori dei casi per i quali esso era consentito dalla
norma, dichiarava la carenza di legittimazione passiva dell’INPS e
comunque l’inammissibilità del ricorso, compensando tra le parti le
spese di lite.
Avverso detto decreto l’Andriani propone ricorso straordinario ex art.
111 Cost., in base ad un unico motivo, cui resiste l’INPS, con
controricorso.
Con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’ad.
445 bis c.p.c., nonché illogicità della motivazione nella parte in cui il cui
il giudice di prime cure supporta la propria decisione con delle pronunce
che si riferiscono a fattispecie regolate da una normativa diversa da
quella applicabile al caso di specie per sostenere la carenza di
legittimazione dell’INPS, da ritenere, invece, sussistente.

Ric. 2014 n. 22423 sez. ML
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ud. 20-04-2016

udito l’Avvocato Emanuela Capannolo difensore del controricorrente

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della relazione redatta
ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., unitamente al decreto di fissazione della
presente udienza in Camera di consiglio.
Il presente ricorso è inammissibile.
Il giudice adito, oltre a dichiarare la carenza di legittimazione passiva
dell’INPS, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per avere

per il riconoscimento o il pagamento di una o più specifiche provvidenze
economiche tra quelle cui è applicabile il nuovo istituto – cioè
prestazioni di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e
disabilità, nonché pensione di inabilità e di assegno di invalidità,
disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222 – ma il riconoscimento
della condizione di invalidità per l’iscrizione nelle liste del collocamento
obbligatorio ex I. 68/99 nei confronti dell’INPS.
L’art. 445 bis c.p.c. (“Accertamento tecnico preventivo obbligatorio”)
prevede che, nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità
civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità
e di assegno di invalidità, disciplinati dalla L. 12 giugno 1984, n. 222,
chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei
propri diritti deve presentare, con ricorso al giudice competente ai sensi
dell’art. 442 c.p.c., presso il Tribunale nel cui circondano risiede l’attore,
istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle
condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere (comma 1); a
mente del successivo comma 2, “L’espletamento dell’accertamento
tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda
di cui al comma 1. L’improcedibilità deve essere eccepita dal
convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre
la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico
preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è
concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la
presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di
completamento dello stesso”.
Ric. 2014 n. 22423 sez. ML
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ud. 20-04-2016

l’Andriani richiesto non l’accertamento del requisito sanitario necessario

E’ stato affermato da questa Corte che l’ammissibilità dell’a.t.p.o.
richiede che il giudice adito accerti sommariamente, nella verifica dei
presupposti processuali, oltre alla propria competenza, anche la
ricorrenza di una delle ipotesi per le quali è previsto il ricorso alla
procedura prevista dall’art. 445 bis c.p.c., nonché la presentazione della
domanda amministrativa, l’eventuale presentazione del ricorso

profilo dell’interesse ad agire debba, dal giudice, essere valutato nella
prospettiva dell’utilità dell’accertamento medico richiesto ai fine di
ottenere il riconoscimento del diritto soggettivo sostanziale di cui
l’istante si afferma titolare; utilità che potrebbe difettare ove
manifestamente manchino, con una valutazione prima facie, altri
presupposti della prestazione previdenziale o assistenziale in vista della
quale il ricorrente domanda l’a.t.p. (Cfr. Cass. 4 maggio 2015 n. 8877).
Solo qualora tale verifica abbia dato esito positivo e sussistano, sulla
base della prospettazione effettuata dal ricorrente, i requisiti per darsi
ingresso all’accertamento tecnico, il giudice potrà proseguire nella
procedura descritta dalla disposizione, dovendo altrimenti dichiarare il
ricorso inammissibile, con pronuncia priva di incidenza con efficacia di
giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale (come ritenuto
da Cass. n. 5338 del 2014), che non preclude l’ordinario giudizio di
cognizione sul diritto vantato (cfr., in motivaz., Cass. 8877/2015 cit.) .
Pertanto, l’omesso espletamento dell’accertamento tecnico preventivo
(quale che sia la causa che lo ha determinato), pur costituendo
condizione di improcedibilità della domanda (ove tempestivamente
eccepita o rilevata d’ufficio), non preclude la decisione nel merito, stante
l’espressa previsione della concessione di un termine per la
presentazione della relativa istanza.
Da tali affermazioni, pienamente condivise dal Collegio, discende che
al provvedimento impugnato, che nella sostanza ha reputato precluso
l’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo (stante la ritenuta
Ric. 2014 n. 22423 sez. ML – ud. 20-04-2016
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amministrativo, la tempestività del ricorso giudiziario e che, inoltre, il

carenza di legittimazione passiva dell’istituto e, come detto,
l’impossibilità di esperire il procedimento preventivo per la finalità cui
mirava la parte ricorrente), non può essere riconosciuta incidenza con
efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale, ciò
che non preclude alla parte interessata di promuovere il ricorso nel
merito, richiedendo che il Giudice adito, ritenuta la legittimazione

preventivo anche per conseguire il riconoscimento di un grado di
invalidità utile alle iscrizione nelle liste di legge, assegni termine per la
presentazione della relativa istanza.
Al contempo, qualora il giudice del merito, condividendo la valutazione
operata dal Tribunale non dia corso a tale incombente e dichiari
l’inammissibilità della domanda, la relativa pronuncia sarà censurabile
con gli ordinari mezzi di impugnazione (cfr. Cass. 7 marzo 2014 n.
5338).
Tali considerazioni inducono a ritenere che il rimedio di cui all’art. 111
Cost non sia proponibile. Ed invero, con riguardo alla disciplina del
procedimento ex art. 445-bis cod. proc. civ. per il conseguimento delle
prestazioni assistenziali e previdenziali connesse allo stato di invalidità,
è stato ritenuto ammissibile il ricorso straordinario per cessazione, ai
sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto di omologazione
dell’accertamento del requisito sanitario operato dal c.t.u., limitatamente
alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza, trattandosi,
solo in parte qua, di provvedimento definitivo, di carattere decisorio,
incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile.
Diversamente, deve ritenersi inammissibile il ricorso straordinario e ciò
tanto più con riguardo ad una pronuncia che si limiti a delibare, senza
alcuna incidenza su situazioni soggettive di natura sostanziale,
l’inammissibilità preventiva dell’ATPO, posto che tale ricorso è
ammissibile solo con riguardo a provvedimenti che hanno la forma di
sentenza e per i quali è espressamente precluso il ricorso ordinario per

Ric. 2014 n. 22423 sez. ML
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ud. 20-04-2016

passiva dell’INPS e la possibilità di richiedere l’accertamento tecnico

cassazione e con riguardo ad ogni altro provvedimento emesso in
forma diversa da quella della sentenza, purché incida su diritti soggettivi
ed abbia natura decisoria oltre a non essere altrimenti impugnabile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, per il principio della
soccombenza, la condanna dell’Andriani al pagamento delle spese del

all’esonero dal pagamento delle stesse ai sensi dell’art 152 disp. att.
c.p.c., in quanto la dichiarazione resa ai detti fini risulta sottoscritta dal
solo difensore e non dalla parte personalmente e poiché manca ogni
richiamo ad analoga necessaria dichiarazione in calce al ricorso
depositato dinanzi al Tribunale.
L’ammissione dell’Andriani al gratuito patrocinio a spese dello Stato (in
base a delibera agli atti del 18.72014) comporta il venir meno
dell’obbligo del predetto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 (Cass. N. 18523 del 2014).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna l’Andriani al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 100,00
per esborsi, euro 2300,00 per compensi professionali, oltre accessori
come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del
15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 20.4.2016

presente giudizio, liquidate come da dispositivo. Non vi è luogo

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