Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10134 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/04/2017, (ud. 10/03/2017, dep.21/04/2017),  n. 10134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 105/2014 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL PODERE

ROSA 53, presso lo studio dell’avvocato VALTER VALENTINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO BUFALINI;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. – C.F. (OMISSIS), P.I.

(OMISSIS), in persona del Curatore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato

PATRIZIO VANNUTELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO DE

FRAJA;

– controricorrente –

e contro

D.M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1221/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2017 dal Consigliere Dott.ssa. MAGDA

CRISTIANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

1) La Corte d’appello di Firenze ha respinto gli appelli separatamente proposti da L.F. e da D.M.A. contro la sentenza di primo grado che, accogliendo la domanda ex art. 2901 c.c. e L. Fall., art. 66, svolta nei loro confronti dal Fallimento di (OMISSIS) s.r.l., aveva dichiarato inefficace verso la massa dei creditori il contratto del (OMISSIS) con il quale D.M. (già amministratore della società, contro il quale il curatore aveva in precedenza promosso l’azione di responsabilità, chiedendone la condanna al pagamento a titolo risarcitorio di oltre 970 milioni di Lire) aveva ceduto a L., sua convivente more uxorio, i diritti di nuda proprietà e di piena proprietà che gli spettavano sulla quota indivisa del 50% di alcuni immobili siti in (OMISSIS).

La corte del merito, per ciò che in questa sede ancora interessa, ha rilevato che era provata la scientia damni di L., che aveva ritirato personalmente, nella qualità di familiare convivente di D.M., l’atto di citazione introduttivo dell’azione di responsabilità e che, in tale qualità, non poteva ignorare il pregiudizio che la compravendita avrebbe arrecato alle ragioni dei creditori concorsuali.

2) La sentenza, pubblicata il 25.7.013, è stata impugnata da L.F. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Fallimento di (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

D.M.A. non ha svolto attività difensiva.

3) Le parti hanno ricevuto tempestiva notifica della proposta di definizione e del decreto di fissazione dell’udienza camerale di cui all’art. 380 bis c.p.c..

4) Con il primo motivo la ricorrente lamenta, sotto il profilo del vizio di motivazione, che la corte del merito abbia omesso di considerare che il credito del Fallimento era sorto solo il 3.2.05 (data di pubblicazione della sentenza che ha condannato D.M. al risarcimento del danno L. Fall., ex art. 146) e dunque in epoca di gran lunga successiva alla compravendita impugnata. Rileva, inoltre, di essersi limitata a ricevere la notifica di un atto consegnato in busta chiusa, circostanza di per se stessa inidonea a far presumere che ne avesse conosciuto il contenuto, e sostiene che il giudice d’appello ha erroneamente fondato la pronuncia su detta circostanza, dichiarando irrilevanti gli elementi (cessazione della convivenza, congruità del prezzo pagato) da lei allegati per provare la propria inscientia damni.

2.1) Il motivo è, nella sua prima parte manifestamente infondato, atteso che, come espressamente rilevato dalla corte del merito, il credito risarcitorio, ancorchè divenuto liquido ed esigibile solo a seguito della pronuncia di condanna di D.M., trovava fondamento in fatti costitutivi anteriori al compimento dell’atto revocato.

Nella sua seconda parte il motivo è invece inammissibile, ai sensi del testo novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto volto ad ottenere una diversa valutazione degli elementi istruttori già esaminati dal giudice d’appello, che ne ha escluso la rilevanza al fine della prova della inscientia damni della ricorrente osservando come, nel caso, fosse sufficiente la mera consapevolezza in capo alla L. (già convivente di D.M.) del pregiudizio che l’atto avrebbe potuto arrecare alle ragioni dei creditori dell’alienante.

3)11 secondo motivo del ricorso, con il quale, denunciando violazione degli artt. 2697 e 2901 c.c., la ricorrente contesta che il Fallimento abbia fornito prova dell’eventus damni, è manifestamente infondato atteso che, come ripetutamente affermato da questa Corte, a fronte dell’allegazione da parte dell’attore dei fatti che rendono più incerta o difficile la riscossione del credito (nella specie, alienazione da parte di D.M. di tutti i suoi beni immobili) spetta al debitore di provare che il suo patrimonio residuo è tale da soddisfare ampiamente le ragioni della controparte (Cass. nn. 1902/015, 18034/013,7507/07).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 7.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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