Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10133 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10133 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 23420-2011 proposto da:
FRICANO GIOVANNI FRCGNN41C22G273R,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo
STUDIO degli avvocati FURITANO MARCELLO e CECILIA,
rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO

Data pubblicazione: 18/05/2015

ALGOZINI, GIORGIO ALGOZINI giusta procura speciale a
2t).5

margine del ricorso;
ricorrente –

469
contro
GENERALI

BUSINESS SOLUTIONS S.C.P.A. in qualità di

mandataria e rappresentante di ASSICURAZIONI GENERALI

1

ti7

SPA 00079760328 in persona dei procuratori speciali
HUGUENEY RICCO’ MARIO e COLAIANNI PIERFRANCESCO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO
VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta procura

– controricorrente
nonchè contro

MACCARONE ENRICO MCCNRC50E18G273L, SAVONA MARIO;
– intimati –

Nonché da:
MACCARONE ENRICO MCCNRC50E18G273L,
domiciliato

in

ROMA,

VIA

elettivamente
CRESCENZIO

95

(TEL.06.3200497), presso lo studio dell’avvocato
SERGIO PICCAROZZI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ANTONIO COPPOLA giusta
procura speciale del Dott. Notaio RENATO CARUSO in
PALERMO il 21/1/2015, rep. n. 59454;
– ricorrenti incidentali contro

FRICANO GIOVANNI

FRCGNN41C22G273R,

ASSICURAZIONI

GENERALI SPA 00079760328, SAVONA MARIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 833/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 19/06/2010, R.G.N.
1482/2007;

speciale in calce al controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato ANGELA C. DONATACCIO per delega;
udito l’Avvocato SERGIO PICCAROZZI;

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per la
riunione dei ricorsi e rigetto di entrambi;

3

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.-

Giovanni Fricano, titolare dell’omonima impresa edile

corrente in Palermo, citava in giudizio, dinanzi al Tribunale
di Palermo, il notaio Enrico Maccarone, per sentirlo
condannare al risarcimento dei danni patiti in riferimento ad

lo stesso notaio aveva fatto registrare in data 14 maggio 1990
e trascrivere in data 11 maggio 1990 ai numeri 19045/14339.
Con questo atto il Fricano aveva acquistato un lotto di
terreno edificabile, sul quale gravava la trascrizione di una
domanda di esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 cod.
civ. contro il venditore, Mario Savona, in data 3 marzo 1982
ai numeri 8421/6974, che il notaio non aveva rilevato.
L’attore esponeva che soltanto dopo aver ultimato, nel 1993,
la costruzione di quattro villette sul terreno così acquistato
ed avere promesso in vendita una di queste, aveva appreso
dell’esistenza della formalità pregiudizievole, al momento di
procedere alla stipula dell’atto pubblico di trasferimento;
che il promissario acquirente si era perciò rifiutato di
stipulare quest’ultimo e di versare il prezzo; che, a causa di
ciò, egli, che, per costruire gli edifici, aveva contratto un
mutuo in data 11 settembre 1992, non aveva potuto disporre
delle somme che gli avrebbero consentito di rientrare dalle
scoperture bancarie in essere; che inoltre era stato costretto
a recedere dalle trattative ancora in corso per la vendita
delle altre villette, così perdendo la possibilità di

4

una scrittura privata autenticata in data 24 aprile 1990, che

incassare i prezzi ed estinguere il mutuo ovvero accollarlo ai
compratori; che, dopo aver ottenuto un sequestro conservativo
ai danni del Savona, ed a seguito di trattative intercorse con
quest’ultimo, con una delle banche creditrici e con gli eredi
dell’avv. La Mantia, a cui favore era stata trascritta la

100.000.000 di lire (conseguita in extrafido, grazie ad una
fideiussione prestata dal Savona) per ottenere che la domanda
giudiziale fosse mutata in domanda di risoluzione contrattuale
e risarcimento dei danni, con cancellazione della trascrizione
della domanda; che soltanto a seguito di questa cancellazione
aveva potuto stipulare l’atto definitivo di trasferimento di
una delle unità immobiliari già costruite.
Dopo aver dato conto della richiesta risarcitoria avanzata nei
confronti del notaio Maccarone e del carteggio intercorso con
la compagnia di assicurazione per la responsabilità
professionale, l’attore faceva presente di avere subito danni
gravissimi a causa della condotta negligente del primo, dei
quali chiedeva il risarcimento.
1.1.- Si costituiva il notaio Maccarone, chiedendo ed
ottenendo di chiamare in causa le Assicurazioni Generali
2.■

s.p.a., quale compagnia assicuratrice per la responsabilità
professionale. Nei confronti di quest’ultima
professionista svolgeva domanda per essere tenuto
ogni pretesa dell’attore.

5

il

indenne da

formalità pregiudizievole, aveva loro corrisposto la somma di

Istruita la causa, il Tribunale, con sentenza del 10 giugno/20
luglio 2007, ritenuta la responsabilità del convenuto
Maccarone, per non avere svolto gli adempimenti necessari per
la preparazione dell’atto di acquisto, che avrebbero
evidenziato l’esistenza della trascrizione pregiudizievole,

manlevatrice” del notaio, al pagamento in favore dell’attore
della somma di C 891.802,46, con rivalutazione ed interessi
legali dal 18 ottobre 2006 fino al soddisfo; oltre alle spese
di lite.
Il Tribunale non adottava alcuna statuizione nei confronti del
notaio Enrico Maccarone e di Mario Savona (che aveva
partecipato al giudizio in una posizione qui non più
rilevante).
2.-

Avverso la sentenza proponeva appello principale, con

dieci motivi, la compagnia di assicurazione. Proponevano
distinti appelli incidentali il Fricano, il Savona ed il
notaio Maccarone.
La Corte d’Appello di Palermo, con la decisione ora impugnata,
pubblicata il

19 giugno 2010,

ha riformato la sentenza di

primo grado e, per quanto ancora qui rileva, ha condannato
Enrico Maccarone a corrispondere a Giovanni Fricano la somma
di E 145.852,00 a titolo di risarcimento danni; ha condannato
le Assicurazioni Generali a rivalere Enrico Maccarone delle
somme che avrebbe versato al Fricano per effetto della
condanna, nella misura del 90% e con esclusione del rimborso

6

condannava la società Generali Assicurazioni s.p.a. “in quanto

delle spese processuali; ha dichiarato compensate per metà le
:
e

spese processuali di entrambi i gradi nei rapporti tra il
Fricano ed il notaio Maccarone, condannando quest’ultimo al
pagamento della restante metà, come liquidata in sentenza; ha
compensato per intero le spese tra il notaio e la compagnia di

3.

Avverso la sentenza Giovanni Fricano propone ricorso

principale affidato a cinque motivi.
Il dott. Enrico Maccarone resiste con controricorso e propone
ricorso incidentale con un motivo, articolato in due censure.
La Generali Business Solutions S.c.p.A., in qualità di
mandataria e rappresentante di Assicurazioni Generali S.p.A.,
resiste al ricorso principale con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378

cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Pregiudiziale è l’esame del ricorso incidentale, col quale

si denuncia vizio di motivazione e violazione dell’art. 1218
cod. civ., in riferimento all’affermazione della Corte
d’Appello, secondo cui per andare esente da responsabilità il
e

e

notaio Enrico Maccarone avrebbe dovuto provare che
l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
A detta del ricorrente, il giudice d’appello non avrebbe reso

un’adeguata motivazione in merito al fatto -incontrovertibile
e dimostrato per prova per testi e documentale- che sia il

7

assicurazioni.

legale del venditore Savona che un altro notaio, incaricato di
.t redigere il contratto di mutuo ipotecario sul bene acquistato,
, non avevano rilevato l’esistenza della formalità
pregiudizievole; né la sentenza darebbe conto delle ragioni di
questo mancato rilievo che, secondo il ricorrente, sarebbero

presso la Conservatoria dei RR.II. di Palermo per via
dell’imminente meccanizzazione ed informatizzazione della
stessa e, per altro verso, l’errata indicazione del comune nei
registri cartacei riguardanti il bene immobile. Questa
situazione avrebbe comportato un’impossibilità oggettiva di
adempiere diligentemente la prestazione professionale, che la
Corte d’Appello avrebbe dovuto ritenere provata per
presunzioni. Inoltre, non vi sarebbe stata necessità di prova
sull’effettivo compimento della visura da parte del notaio
che, a detta del ricorrente, non sarebbe stato «…

posto mai

in dubbio da alcuna delle parti».
2.- Il motivo non merita di essere accolto.

Esso è infondato per la parte in cui lamenta la violazione
dell’art. 1218 cod. civ., dal momento che, come ritenuto dal
giudice d’appello, spetta all’obbligato -nel caso di specie il
notaio su cui grava l’onere della verifica dell’esistenza di
formalità pregiudizievoli sul bene oggetto di un atto di
compravendita, anche se stipulato per scrittura privata
autenticata (cfr. Cass. n. 13015/06 e Cass. n. 25270/09,
citata in sentenza; nonché, da ultimo, Cass. n. 14865/13 e n.

8

state, per un verso, il disservizio esistente all’epoca

15305/13)- la prova di avere diligentemente eseguito la
propria prestazione d’opera intellettuale, dimostrando che
l’inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile.
2.1.- Il motivo è inammissibile per la parte in cui lamenta il

vizio di motivazione.

sul fatto di

«avere effettivamente eseguito le visure,

direttamente o per il tramite di un suo collaboratore>>

sia

sul fatto che una visura completa e sicura fosse resa
impossibile per le condizioni dell’ufficio ovvero fosse resa
difficile per l’erronea indicazione sulla nota di trascrizione
del luogo di ubicazione dell’immobile.
Il ricorso non censura validamente la prima affermazione,
poiché, in violazione del principio di autosufficienza, non dà
conto degli atti dai quali si sarebbe dovuta desumere la non
contestazione circa il fatto che il notaio avesse posto in
essere il comportamento cui era tenuto, vale a dire
l’effettiva esecuzione delle visure da parte sua o di suoi
collaboratori.
La seconda affermazione del giudice è, a sua volta, logica e
giuridicamente ineccepibile sol che si consideri che
l’asserito disordine della conservatoria dei registri
immobiliari bene avrebbe potuto essere provato in via diretta,
svolgendo allo scopo idonee istanze istruttorie. La pretesa
del convenuto, oggi ricorrente, di desumere la circostanza in
via presuntiva dai fatti sopra indicati appare adeguatamente

9

La sentenza imputa al notaio la duplice mancanza di prova, sia

confutata dal giudice d’appello che ha qualificato questi
ultimi come dati indiziari inidonei a fondare una presunzione.
2.2.-

La ragione di questa decisione è coerente con la

giurisprudenza di legittimità che ritiene determinante
l’individuazione della portata della diligenza esigibile nel

rogante, con specifico riferimento all’accertamento della
esistenza o meno di formalità pregiudizievoli alla data della
stipula (cfr. Cass. n. 7261/03, n. 1330/04, n. 16549/12).
Non è esigibile, sotto il profilo della diligenza richiesta al
notaio rogante, una condotta di verifica dei pubblici registri
che, pur astrattamente idonea ad evitare il danno (col rilievo
di tutte le iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli),
risulti in concreto eccessivamente onerosa per la quantità
delle formalità da verificare (non tutte riferibili alla parte
ovvero all’oggetto contrattuali) oppure per irregolarità nella
tenuta dei registri o nella registrazione dell’atto in
oggetto.
Il notaio convenuto per responsabilità contrattuale ha allora
l’onere probatorio, correttamente individuato dalla Corte
d’Appello di Palermo, di delimitare l’ambito della diligenza
da lui esigibile nel caso concreto, dando conto non solo
dell’estensione (quantitativa e temporale) degli accertamenti
e delle visure esperite, ma anche di quelle esperibili, nonché
della regolarità o meno delle registrazioni effettuate dalla
conservatoria nel periodo in contestazione e -nel caso in cui,

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caso concreto al fine di esonerare da responsabilità il notaio

come in quello di specie, si contesti la regolarità della
singola registrazione- dell’idoneità dell’irregolarità a
rendere infruttuose eventuali ricerche del titolo reso
pubblico.
2.3.- La sentenza impugnata ha escluso che sia stata data la

altresì la mancanza di prova delle visure esperibili, in
ragione delle condizioni di lavoro della Conservatoria dei
Registri Immobiliari di Palermo nei giorni precedenti la
stipula dell’atto di compravendita per cui è processo.
Né viola gli artt. 2727 e 2729 cod. civ. la decisione
impugnata con la quale si é ritenuto che la prova di queste
dedotte condizioni disastrate dell’ufficio non fosse stata
fornita nemmeno per presunzioni.
In tema di presunzioni semplici, vige il criterio secondo cui
le circostanze sulle quali la presunzione si fonda devono
essere tali da lasciare apparire l’esistenza del fatto ignoto
come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto,
dovendosi ravvisare una connessione fra i fatti accertati e
quelli ignoti secondo regole di esperienza che convincano di
2

ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità. Il relativo
accertamento non è censurabile in cassazione se sorretto da
motivazione immune da vizi logici (cfr. Cass. n.13169/04, n.
6220/05, n. 22656/11, n. 22898/13, n. 2632/14).
Non appare viziata la decisione con la quale la Corte ha
reputato che il solo mancato rilievo della stessa formalità in

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prova delle visure effettuate, con motivazione che presuppone

altre due occasioni non consentisse di desumere univocamente ,
e

alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’id

.

pderumque accidit,

quod

che vi fosse uno stato di disordine

dell’ufficio, trattandosi di dati interpretabili come non
univocamente convergenti nella dimostrazione di una situazione

dimostrata avvalendosi di dati non indiziari.

appare

decisivo

l’argomento

basato

sull’errore

nell’indicazione del luogo di ubicazione dell’immobile (che in
sentenza è riferito alla nota di trascrizione ed in ricorso
alla registrazione effettuata dall’ufficio – con divergenza
che, in sé, è già significativa), dato che la trascrizione sui
registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per
nome del soggetto a cui ai riferisce e che il ricorso nulla
aggiunge riguardo alla valutazione del giudice di merito
sull’irrilevanza del dato.
Il ricorso incidentale va perciò rigettato.
3.-

Col primo motivo del ricorso principale si lamenta

motivazione in parte omessa, in parte insufficiente e
contraddittoria circa fatti controversi e decisivi per il
,.
.

giudizio e violazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ.,
nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., in riferimento alla
decisione della Corte territoriale di negare il risarcimento
per la dedotta interruzione delle trattative in corso per la
vendita di altre due villette, a causa dell’esistenza della
trascrizione pregiudizievole.

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di fatto, che, come detto sopra, bene avrebbe potuto essere

In punto di individuazione e quantificazione dei danni
t risarcibili, il giudice di merito ha preso le mosse da una
serie di dati di fatto sostanzialmente non controversi: la
scoperta dell’esistenza della formalità pregiudizievole
nell’autunno del 1993,

quando il Fricano stava per vendere la

della trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 cod.
civ.; la conclusione in data

4 marzo 1994 di un accordo con

gli eredi La Mantia (che avevano proseguito il giudizio
introdotto con la domanda trascritta), i quali, dietro
pagamento della somma di cento milioni di lire, avevano
consentito alla cancellazione della formalità; la stipulazione
nello stesso giorno, 4 marzo 1994, del contratto definitivo di
vendita di una delle villette, con l’incasso del prezzo ed il
suo versamento alle banche in conto dei maggiori debiti
contratti; il fallimento delle trattative di vendita di altre
due villette, in corso tra la fine dell’estate del 1993 ed il
mese di ottobre 1993; la vendita di queste ultime villette
soltanto in epoca successiva da parte dell’amministratore
giudiziario del patrimonio immobiliare del Fricano.
Dati questi accertamenti in fatto, la Corte ha liquidato il
danno corrispondente all’esborso effettuato in favore dei La
Mantia (oltre rivalutazione ed interessi); il danno derivante
dalla mancata tempestiva disponibilità della somma,
commisurato agli interessi compensativi; il danno per aver
fatto ricorso al credito bancario nelle more (con un mutuo e

13

prima delle quattro villette costruite sul terreno gravato

l’apertura di due linee di affidamento), commisurato agli
interessi corrispettivi e moratori per quattro anni.
Ha invece escluso il risarcimento del danno commisurato al
mancato ricavo per il fallimento delle trattative di vendita
delle altre due villette perché ha ritenuto di non poter

queste sarebbero state senz’altro definite -ed alle condizioni
indicate- se la trascrizione non ci fosse stata, reputando
significativo che «dopo poco più di quattro mesi il Fricano
ebbe ad ottenere la piena liberazione dell’immobile e cessò
ogni ostacolo alla vendita».

Data questa premessa e valutate

le deposizioni testimoniali e gli atti di vendita successivi,
la Corte ha concluso che é mancata la prova che le trattative
<> e comunque che fosse fatto notorio che proprio
nei mesi in contestazione fosse sopraggiunta una crisi del
mercato immobiliare tale da impedire la vendita, in
considerazione del breve tempo trascorso tra la scoperta della
formalità e la sua cancellazione (indicato dalla Corte in
quattro mesi, perché ha assunto come decorrenza la lettera
inviata dal Fricano al notaio il l ° dicembre 1993; senza
tuttavia che gli argomenti della Corte possano essere
inficiati dal solo fatto che il periodo in contestazione fosse
invece di cinque/sei mesi – come sostenuto dal ricorrente, che
assume come decorrenza l’autunno 1993).

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desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, che

Il giudice d’appello ha altresì escluso la liquidazione di
g

.

ulteriori importi a titolo risarcitorio, come si dirà
trattando dei motivi secondo e terzo.
3.1.-

Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe ben

considerato le deposizioni testimoniali rese, in merito alle

potenziali acquirenti e ne avrebbe tratto conclusioni
inconciliabili sia col loro tenore letterale sia col fatto
notorio della crisi del mercato immobiliare nel periodo
immediatamente successivo a quello considerato, trascurando
inoltre di tenere conto di tutta una serie di documenti che
avrebbero fornito la prova della crisi di fiducia che aveva
investito l’impresa e che sarebbe stata provocata dal mancato
incasso delle somme, costituenti il prezzo di vendita delle
villette, sulle quali il Fricano aveva fatto affidamento per
estinguere i debiti contratti con le banche.
4.- Il motivo non merita di essere accolto.

E’ inammissibile la richiesta di nuova valutazione delle
testimonianze, al fine di attribuire alle dichiarazioni dei
testimoni una portata diversa da quella ampiamente e
g
.

logicamente argomentata dal giudice di merito. In proposito va
ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, qualora le
deposizioni testimoniali, ancorché ritualmente portate
all’esame del giudice di legittimità, affermino o neghino
obiettivamente fatti costitutivi dei diritti controversi e non
siano state esaminate dal giudice di merito, è configurabile

15

trattative di vendita ed al loro fallimento, dai due

il vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n.
5, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche
apportate dall’art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. 22 giugno
2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134), mentre
qualora comportino comunque valutazioni ed apprezzamenti di

testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero
presunzioni ex art. 2727 cod. civ., il motivo è inammissibile,
soprattutto laddove si pretenda una valutazione atomistica
delle singole deposizioni e non già il necessario esame
complessivo delle stesse, non essendo consentito alla S.C. di
procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma
valutazione delle risultanze degli atti di causa (così, da
ultimo, Cass. n. 15205/14).
Inoltre, non appare decisivo, ai sensi e per gli effetti
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., né l’esame della lettera
del 23 dicembre 1993 né quello degli altri documenti
richiamati in ricorso, comprovanti la sopravvenuta sfiducia
dei creditori nei confronti dell’impresa.
Va premesso che, come si nota nei controricorsi, per poter
configurare il vizio di motivazione su un asserito punto
decisivo della controversia è necessario un rapporto di
causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la
soluzione giuridica data alla controversia, tale da far
ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata,
avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Il

16

fatto, ivi compresa la maggiore o minore attendibilità dei

mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli
posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di
omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze
processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un
giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia

è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di
base (così Cass. n. 5473/06, n. 25608/13 ed altre).
Orbene, quanto alla missiva del 23 dicembre 1993, la
decisività è esclusa dalla genericità del testo, anche inteso
nel senso preteso dal ricorrente.
Quanto agli altri documenti, qualsiasi ipotetica decisività
viene meno sol che si consideri che, una volta escluso il
nesso di causalità tra l’evento di danno (esistenza della
formalità pregiudizievole) e la mancata vendita delle restanti
due villette ai potenziali acquirenti sentiti come testimoni,
qualsivoglia pregiudizio patrimoniale che da tale mancata
vendita si intenda far derivare che, in tesi, sia derivatoall’impresa non è legato da nesso di causalità con l’evento di
danno provocato dalla condotta negligente ascritta al notaio.
Quest’ultima considerazione consente di superare tutti gli
ulteriori argomenti difensivi su cui si diffonde il ricorso basati su elementi che dimostrerebbero appunto le difficoltà
economiche nelle quali si sarebbe trovata l’impresa per non
aver potuto vendere gli immobili già costruiti e che
dimostrerebbero la sopravvenienza altresì della crisi del

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probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento

mercato immobiliare-, la cui rilevanza viene meno se si
esclude che il fallimento di quelle trattative fosse
causalmente collegato al fatto in contestazione.
Il primo motivo del ricorso principale è perciò inammissibile.
5.-

Col secondo motivo si lamenta motivazione in parte

omessa, in parte insufficiente e contraddittoria circa il
fatto controverso costituito dal licenziamento degli operai,
che, secondo il ricorrente, sarebbe stato causalmente
riconducibile alla trascrizione non rilevata dal notaio, e che
avrebbe costituito un indice delle difficoltà economiche nelle
quali l’impresa si sarebbe trovata per la scoperta della
formalità pregiudizievole, che avrebbe indotto una crisi
d’impresa.
Col terzo motivo si lamenta motivazione in parte omessa, in
parte insufficiente e contraddittoria nella parte in cui
esclude il danno all’immagine. Il ricorrente sostiene che la
Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che si era
in presenza di una piccola impresa, per la quale
l’impossibilità di vendere quattro unità immobiliari appena
terminate avrebbe innescato tutta una serie di fatti
comprovanti una crisi d’impresa (protesti, decadenza dal
beneficio del termine dei mutui, aggressione delle banche,
cessazione dell’attività etc.), con conseguente danno
all’immagine.
5.1.-

Il secondo motivo si riduce nella richiesta rivolta a

questa Corte di rivalutare dati probatori già portati

18

I

all’attenzione del giudice d’appello: la lettera inviata dal
Fricano al notaio in data 23 dicembre 1993 con la richiesta
. risarcitoria; le testimonianze di Domenico Fricano e di
Domenico Giangreco, circa i problemi economici dell’impresa,
il mancato acquisto di un terreno per proseguire nell’attività

quali si desumerebbe che il licenziamento delle maestranze per le difficoltà economiche dell’impresa- ebbe luogo il 21
ottobre 1993.
Non è possibile in questa sede ripercorrere e sostituire al
ragionamento decisorio del giudice d’appello, quello preteso
dal ricorrente (cfr. Cass. n. 6694/09 e ord. n. 5024/12, tra
le altre, nel senso che una simile revisione non sarebbe altro
che un giudizio di fatto e si risolverebbe in una sua nuova
formulazione, contrariamente alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità).
Non è perciò possibile che questa Corte, per il tramite del
vizio di motivazione, proceda ad un nuovo giudizio di merito
attraverso l’autonoma, propria valutazione dei dati di fatto
desumibili dalle fonti di prova sopra indicate. Dati di fatto,
4

che sono stati reputati non decisivi da parte del giudice di

k merito, sia esplicitamente che implicitamente, laddove non ha
esaminato punto per punto le contrarie argomentazioni, da
ritenersi perciò disattese in quanto logicamente incompatibili
con quelle poste a fondamento del ragionamento decisorio (cfr.
Cass. n. 2272/07 ed altre).

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e la data del licenziamento degli operai; i documenti dai

Né il ricorrente evidenzia fatti oggettivi, trascurati nella
motivazione, che consentirebbero di smentire le affermazioni
della Corte secondo cui il licenziamento degli operai -a
prescindere da quando ebbe effettivamente luogo- era stato
comunicato all’INPS con decorrenza 30 settembre 1993

«ben

secondo cui -essendo stata cancellata la trascrizione
pregiudizievole solo dopo pochi mesi dalla scoperta- la
sospensione delle vendite non avrebbe potuto

«determinare

conseguenze così drastiche per la complessiva attività
imprenditoriale svolta dal Fricano».
Ne consegue la sufficienza di questa motivazione, idonea da
sola a sorreggere la conclusione circa la mancanza di nesso
causale tra il fatto e gli eventi del licenziamento e della
mancata ulteriore attività costruttiva, a loro volta
(autonoma) espressione di una crisi d’impresa; quindi, la
congruenza della decisione volta a negare rilevanza all’evento
ascritto al notaio quale causa del fallimento delle trattative
di vendita, ed a queste quale causa, a loro volta,
determinante di detta crisi dell’impresa.
5.2.

Analogamente è a dirsi per il terzo motivo, che non

consente di superare l’affermazione della Corte d’Appello
secondo cui l’originario attore, poi appellante incidentale,
non avrebbe fornito alcuna prova circa la sussistenza e
l’entità patrimoniale del preteso danno all’immagine, nonché
circa il collegamento causale tra questo e la trascrizione

20

prima che l’esistenza della trascrizione fosse conosciuta» e

pregiudizievole, in ragione della mancanza di significativa

efficacia causale -già ampiamente argomentata come sopradell’evento dannoso rispetto alla crisi d’impresa.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale sono
perciò inammissibili.
6.-

Col quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 1226

cod.

civ.

e motivazione in parte omessa,

in parte

insufficiente e contraddittoria circa la sussistenza e la
quantificazione del danno, che l’attore aveva originariamente
indicato nell’importo di quattro miliardi di lire, tenuto
conto del lucro cessante e del danno da perdita di

chance.

Le censure sono inammissibili per la parte in cui lamentano
vizi di motivazione. Esclusa dalla Corte d’Appello, per come
già detto, la sussistenza di qualsivoglia nesso di causalità
tra l’evento di danno costituito dall’acquisto di un bene
gravato da formalità pregiudizievole e la successiva crisi
d’impresa, il motivo in esame non evidenzia aspetti di
asserita insufficienza od illogicità che non siano già stati
esaminati, ed esclusi, trattando dei precedenti motivi.
Pertanto, non può che dirsi coerente la motivazione della
sentenza con cui si è ritenuto mancante un danno risarcibile
come

lucro

cessante

nell’importo preteso

dall’attuale

ricorrente.
6.1.-

Questa conclusione comporta che le censure siano

infondate per la parte in cui lamentano la violazione
dell’art. 1226 cod. civ.. Ed invero, scontato essendo l’onere

21

t

della prova del danno in capo al danneggiato, l’art. 1226 cod.
t

civ. non è applicabile ogniqualvolta si tratti di danno a

p

carattere patrimoniale, la dimostrazione della cui sussistenza
sia possibile. La valutazione equitativa concerne la
determinazione del preciso ammontare di un danno che sia certo

danno futuro, che si verificherà.
L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in
via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056
cod. civ., espressione del più generale potere di cui all’art.
115 cod. proc. civ., dà luogo non già ad un giudizio di
equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla
cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che,
pertanto, presuppone che sia provata l’esistenza di danni
risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o
particolarmente difficile, per la parte interessata, provare
il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece,
in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova
della responsabilità del debitore o la mancata individuazione
della prova del danno nella sua esistenza (così, tra le altre,

,

Cass. n. 10607/10).
Il quarto motivo va rigettato.
7.- Col quinto motivo si lamenta violazione degli artt. 91 e

92 cod. proc. civ., in riferimento, per un verso, alla
compensazione per metà delle spese di causa e, per altro
verso, alla liquidazione delle spese in favore della parte

22

od altamente probabile che si sia verificato o, in caso di

ricorrente, che questa assume essere stata riferita ad un
valore che dovrebbe essere incrementato «con l’accoglimento
del presente ricorso>>.
Per questa seconda censura, il motivo è assorbito dal rigetto
degli altri.

d’Appello si è attenuta al principio per cui, in materia di
liquidazione delle spese giudiziali nel giudizio di appello,
il criterio di individuazione della soccombenza, sulla base
del quale va effettuata la statuizione delle spese, deve
essere unitario e globale, anche qualora il giudice ritenga di
giungere alla compensazione parziale delle spese di lite,
condannando poi per il residuo una delle due parti; in tal
caso, l’unitarietà e la globalità del suddetto criterio
comporta che, in relazione all’esito finale della lite, il
giudice deve individuare la parte parzialmente soccombente e
quella, per converso, parzialmente vincitrice, in favore della
quale il giudice del gravame è tenuto a provvedere sulle spese
secondo il principio della soccombenza applicato all’esito
globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi del
giudizio ed al loro risultato (Cass. n. 17523/11).
In conclusione, anche il ricorso principale va rigettato.
La soccombenza reciproca comporta la compensazione integrale
delle spese del giudizio di cassazione.
Per questi motivi

23

Per la prima censura esso è infondato, poiché la Corte

La Corte, decidendo sui ricorsi, principale ed incidentale, li
rigetta; compensa interamente tra le parti le spese del
giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2015.

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