Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10131 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10131 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 21929-2011 proposto da:

BRASCA

STEFANO

BRSSFN4801H501H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F SAVERIO NITTI 72, presso
lo studio dell’avvocato VALENTINA ROSSI,
rappresentato e difeso dagli avvocati MASSIMILIANO
CARNOVALE, FRANCESCO SACCHI giusta procura a margine
2015

del ricorso;
– ricorrente –

450
contro

COSTANTINO
ANGELINA,

GIOVANNI

nato
1’11/08/1950,
MAZZE’
ca-tdusreo
-tunart.)
in qualità di eredi di COSTANTINO

1

Data pubblicazione: 18/05/2015

MARIAGABRIELLA, SOLA GELSOMINA, COSTANTINO GIOVANNI
~~-6:
nata’ ,—I-1 24/12/1967, elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA ADELE ZOAGLI MAMELI N.8, presso lo
studio dell’avvocato GIANCARLO BEVILACQUA,
rappresentati e difesi dall’avvocato DOMENICA AMADDEO

controricarrenti nonché contro

MORICONI

MAURIZIO,

VILLELLA

CARMINE,

CARIGE

ASSICURAZIONI SPA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 924/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 06/11/2010 R.G.N.
1148/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/02/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato GIANLUCA CARBONI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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giusta procura a margine del controricorso;

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato Angelina
Mazzei, Gelsomina Sola, Giovanni Costantino (nato nel 1950),
Mariagrabriella Costantino e Giovanni Costantino (nato nel
1967), esponevano:

altri di un immobile sito in Lamezia Terme alla via Crati;
– che a causa dei lavori eseguiti, sul terreno confinante,
dall’Impresa

Villella

Carmine,

la

sotto

direzione

dell’architetto Maurizio Moriconi e per conto di Stefano Brasca,
il predetto immobile aveva subito gravissimi danni;
– che in conseguenza di questi ultimi l’immobile, in data 20
febbraio 1993, era stato dichiarato inagibile dai Vigili del
Fuoco perché pericolante;
– che per tale motivo si era interrotta l’attività commerciale
svolta

dalla

conduttrice

dell’immobile

con

conseguente

sospensione del pagamento del canone di locazione, pari a

lire

1.150.000 mensili.
Con atto del 12 maggio 1993 gli attori chiesero al Presidente
m del Tribunale che venisse disposto accertamento tecnico
preventivo sui danni subiti dall’immobile, accertamento che
venne regolarmente eseguito dall’ing. Chirumbolo.
Tanto premesso gli attori convennero in giudizio davanti al
Tribunale di Lamezia Terme, Stefano Brasca, l’architetto
Maurizio Moriconi e l’Impresa Villella Carmine, chiedendone la

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– che erano usufruttuarie le prime due e proprietari tutti gli

condanna al pagamento, in solido tra loro, della somma di lire
142.000.000, per i danni arrecati alla struttura del loro
immobile, nonché al risarcimento del danno per lucro cessante,
dalla data di dichiarazione di inagibilità dell’immobile fino al
soddisfo, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

che i danni all’edificio degli attori erano derivati
esclusivamente dai gravi difetti di costruzione dell’edificio
medesimo ed in secondo luogo che egli aveva comunque operato
secondo il progetto e secondo le direttive impartite dal
committente e dal direttore dei lavori. Il Villella evidenziava
inoltre di aver stipulato un contratto di assicurazione per
responsabilità civile verso terzi con la Norditalia
Assicurazioni s.p.a. e chiedeva — ed otteneva — che venisse
autorizzata la chiamata in causa in garanzia della predetta
compagnia assicuratrice.
Costituitasi in giudizio, la Norditalia Assicurazioni eccepì
la prescrizione di ogni diritto del Villella, ed evidenziò
inoltre che il danno non era coperto da garanzia.
Si costituirono gli altri convenuti, Stefano Brasca e Maurizio
Moriconi i quali dedussero che l’unica causa di cedimento del
terreno che aveva determinato i danni al fabbricato degli attori
era da individuarsi nella mancanza, nel detto immobile, delle
fondazioni e che lo stesso era stato edificato abusivamente.
Conclusero chiedendo il rigetto della domanda attrice e, in via

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seJb,

Si costituì Carmine Villella il quale dedusse, in primo luogo,

riconvenzionale, la demolizione delle opere poste sul confine e
costruite abusivamente dagli attori, oltre al risarcimento dei
danni.
Con comparsa di intervento volontario del 26 aprile 2000 si
costituì in giudizio la Curatela del Fallimento Avant Gard

dei lavori eseguiti dal Villella, era condotto in locazione
dalla società Avant Gard, successivamente dichiarata fallita con
sentenza del 31 luglio 1996; che i lavori eseguiti dal Villella
avevano arrecato danni sia alla struttura dell’immobile che agli
arredi ed agli articoli di abbigliamento, determinando
l’interruzione dell’attività commerciale a causa della
inagibilità del locale; che detto immobile era stato locato allo
stato rustico ed i relativi lavori di ristrutturazione erano
stati effettuati

a

spese della conduttrice. L’Avant Gard

chiedeva pertanto la condanna degli attori e dei convenuti, in
solido tra loro, al pagamento della somma di lire 250.000.000,
oltre interessi e rivalutazione monetaria, sia a titolo di
miglioramenti eseguiti nell’immobile, sia a titolo di mancato
guadagno, perdita di avviamento e revoca della licenza
commerciale.
Con sentenza del 15 febbraio – 13 marzo 2006 l’adito Tribunale
di Lamezia Terme – Sezione Stralcio così provvide:
– condannò i convenuti Carmine Villella, Stefano Brasca e
Maurizio Moriconi, in solido, al pagamento in favore delle parti

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s.r.l. la quale dedusse che l’immobile degli attori, all’epoca

attrici, a titolo di risarcimento danni, della somma di g
23.240,56, nonché al pagamento, a titolo di lucro cessante,
della somma di g 6.817,23 quale canone di locazione risultante
dal contratto del 3 giugno 1997 (intercorso tra gli attori e la
Società Avant Gard) con decorrenza dalla data di dichiarazione

all’effettivo soddisfo, oltre agli interessi legali ed alla
rivalutazione monetaria da computarsi secondo gli indici ISTAT,
con decorrenza dalla data della domanda e fino al soddisfo;
rigettò la domanda proposta da Carmine Villella nei
confronti della Carige Assicurazione SpA (già Norditalia
Assicurazioni SpA);
– rigettò la domanda riconvenzionale proposta da Stefano
Brasca e Maurizio Moriconi nei confronti degli attori;
– rigettò la domanda proposta dalla Curatela del Fallimento
Avant Gard s.r.l. nei confronti degli attori e dei convenuti.
Brasca propose appello nei confronti di Angelina Mazzei,
Gelsomina Sola, Giovanni Costantino (nato nel 1950),
Mariagrabriella Costantino e Giovanni Costantino (nato nel
1967).
Si costituirono in giudizio gli appellati.
Propose altresì appello il Moriconi.
Si

costituì

in

giudizio

il

Villella

che

chiese

l’autorizzazione ad integrare il contraddittorio nei confronti
della Carige Assicurazioni s.p.a.

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TY/

di inagibilità dell’immobile (19 febbraio 1993 ) e fino

In sede di comparsa conclusionale depositata il 12 giugno
2006, Angelina Mazzei e Giovanni Costantino (nato nel 1950), si
costituirono in giudizio anche quali eredi di Mariagabriella
Costantino.
La Corte d’appello di Catanzaro, pronunciando sull’appello

Mazzei, Gelsomina Sola, Giovanni Costantino (nato nel 1950),
Giovanni Costantino (nato nel 1967) e Mariagabriella Costantino,
alla quale subentrarono, nel corso del procedimento, Angelina
Mazzei e Giovanni Costantino (nato nel 1950), con atto di
citazione notificato il 29 maggio 2006, nonché sull’appello
incidentale proposto da Maurizio Moriconi nei confronti dei
predetti e di Carmine Villella, con atto di citazione notificato
il 13 marzo 2007, e sull’appello incidentale spiegato da Carmine
Villella nei confronti delle predette parti e della Carige
Assicurazioni S.p.A. (già Norditalia Assicurazioni S.p.A.),
avverso la sentenza resa dal Tribunale di Lamezia Terme —
Sezione Stralcio il 15 febbraio —13 marzo 2006, ha rigettato gli
appelli e confermato la sentenza impugnata.
Propone ricorso per cassazione Stefano Brasca con un solo
motivo assistito da memoria.
Resistono con controricorso Angelina Mazzei,

Giovanni

Costantino (nato nel 1950), in proprio e nella qualità di eredi
di Mariagabriella Costantino, Gelsomina Sola, Giovanni
Costantino (nato nel 1967).

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principale proposto da Stefano Brasca nei confronti di Angelina

Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso Stefano Brasca denuncia
«violazione e falsa applicazione di norma di diritto ai sensi
dell’art. 360 n. 3 c.p.c.»

quale, a suo avviso, sono incorsi i giudici di merito
nell’applicare erroneamente al caso in esame l’art. 2050 c.c. e
nel non prendere in considerazione il disposto dell’art. 2049
c.c., riferibile alla fattispecie concreta, al fine di pervenire
alla dichiarazione di mancanza di responsabilità per i fatti
addebitatigli. La corretta applicazione di una delle due norme
sopra indicate è rilevante, secondo il ricorrente, in quanto il
riconoscimento dell’errore di diritto è decisivo, ossia tale per
cui, se non fosse stato commesso dai giudici di merito, la
sentenza impugnata sarebbe stata a lui favorevole.
Sostiene ancora il ricorrente che la domanda introduttiva del
giudizio mirava all’accertamento del fatto illecito costituito
dai danni provocati al fabbricato dell’attore e che tale domanda
non può essere trasformata d’ufficio nell’accertamento della
responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa.
Il motivo è infondato.
Correttamente

i

di

giudici

merito

hanno

ritenuto

l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 2050 c.c..
Ai fini della responsabilità per attività pericolosa di cui

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Il ricorrente denuncia in particolare l’error in iudicando nel

all’art. 2050 c.c., infatti, costituiscono attività pericolose
non solo quelle che tali sono qualificate dalla legge di
pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle
altre che comportano la rilevante possibilità del verificarsi di
un danno, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei

una azione ma anche nell’ipotesi di danno derivato da omissione
di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in
relazione alla natura dell’attività esercitata alla stregua
delle norme di comune diligenza e prudenza, per cui, di regola,
l’attività edilizia, massimamente quando comporti rilevanti
opere di trasformazione o di rivolgimento o spostamento di masse
terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non
essere considerata attività pericolosa ai fini indicati dalla
detta norma (Cass., 10 febbraio 2003, n. 1954).
Nel caso in esame gli scavi eseguiti nel terreno dell’attuale
ricorrente avevano una profondità di m. 5,50 sotto il livello
del piano di calpestio, come accertato dal giudice di merito, ed
esattamente i giudici hanno ritenuto la responsabilità ex art.
2050 c.c. dei proprietari del terreno ove furono eseguiti i
lavori.
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte
l’affermazione che il proprietario che fa eseguire nel suo fondo
opere di escavazione, risponde direttamente del danno che a
causa di essi sia derivato al fondo confinante, anche se

9

9

mezzi usati. Non solo nel caso di danno che sia conseguenza di

l’esecuzione dei lavori sia stata data in appalto, e dunque
indipendentemente dal suo diritto ad ottenere la rivalsa nei
confronti dell’appaltatore la cui responsabilità verso i terzi
danneggiati può eventualmente aggiungersi alla sua, ma non
sostituirla od eliminarla.
la

denuncia di

extrapetizione formulata dal ricorrente in quanto non viene
formulato esattamente il relativo motivo.
La violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e
il pronunciato è deducibile con il ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. come violazione dell’art.112
c.p.c., mentre il ricorrente ha lamentato esclusivamente la
violazione di norme sostanziali ai sensi dell’art. 360 n. 3.
Non è quindi possibile a questa Corte verificare la domanda
iniziale degli attori.
IL ricorrente, con il suo ricorso, non coglie la diversità
delle

rationes decidendi

ed impugna la sentenza in maniera

parziale reiterando i vizi dell’appello solo sul 2050 c.c.
In conclusione,

il ricorso deve essere rigettato con condanna

di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si
liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle
spese del giudizio di cassazione che liquida in E 8.200,00, di

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considerarsi

Inammissibile deve poi

cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di
legge.

Roma, 18 febbraio 2014

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