Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10131 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. III, 09/05/2011, (ud. 04/04/2011, dep. 09/05/2011), n.10131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11726/2009 proposto da:

R.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CONTE ROSSO 5, presso lo studio dell’avvocato VITALE

Salvatore, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLI

ADOLFO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, LARGO LA LOGGIA 33, presso lo studio dell’avvocato

FOLGARELLI Sandro, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MENSITIERI EDOARDO giusta procura a margine del

controricorso;

RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ SPA (OMISSIS), in persona del

procuratore speciale Dr. C.P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato

SPADAFORA GIORGIO, che la rappresenta e difende giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 724/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

emessa il 06/11/2008, depositata il 05/12/2008; R.G.N. 749/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

04/04/2011 dal Consigliere Dott. GIULIO LEVI;

udito l’Avvocato PAOLI ADOLFO;

udito l’Avvocato SPADAFORA GIORGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

Con atto di citazione ritualmente notificato R.M. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Urbino T. N., P.G. e la RAS Ass.ni S.p.A. chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’investimento da parte dell’autovettura condotta dal primo convenuto, di proprietà del secondo ed assicurata per la r.c.a. con il terzo.

Esponeva l’attore che la notte del (OMISSIS), rimasto in “panne” con la propria autovettura lungo una strada provinciale, mentre dal margine destro di questa cercava, insieme alla moglie, di attirare l’attenzione degli automobilisti in transito, aveva scorto in lontananza i fari di un veicolo il cui conducente, dopo avere rallentato ed essersi avvicinato ad esso esponente, che nel frattempo si era spostato sulla carreggiata per essere meglio avvistato, aveva accelerato all’improvviso, costringendolo a cercare di schivare l’autovettura con un balzo verso il centro strada, ove tuttavia era stato investito da questa che, contemporaneamente, aveva effettuato una brusca deviazione sulla propria sinistra.

Si costituivano tutti gli intimati ed il P. chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento dei danni arrecati dall’urto alla propria autovettura.

Istruita la causa, il Tribunale con sentenza 6.10.2001 rigettava la domanda attorea.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello il R. avanti alla Corte d’Appello di Ancona.

Resistevano gli appellati chiedendo la conferma della sentenza impugnata ed il P. svolgeva appello incidentale contro la implicita reiezione della propria domanda riconvenzionale.

La Corte d’Appello di Ancona con sentenza n. 724/08 del 5.12.2008 rigettava l’appello principale, accoglieva quello incidentale e per l’effetto, in parziale riforma, accoglieva la domanda riconvenzionale del P. condannando il R. al risarcimento in suo favore del danno.

Propone ricorso per Cassazione R. con due motivi.

Resistono gli intimati con controricorso.

Diritto

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 141 C.d.S., commi 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, assume che la Corte, in violazione dell’art. 141 C.d.S., commi 2 e 4, propone tesi volte ad attribuire al comportamento tenuto dal R. nella circostanza il valore di causa esclusiva del sinistro, con esclusione di ogni responsabilità del T. ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 1.

Assume inoltre il ricorrente che la suddetta disposizione del C.d.S. impone al conducente l’obbligo di conservare il controllo del veicolo e di essere in grado di compiere le manovre necessarie in condizioni di sicurezza.

Tale comportamento del conducente dell’autoveicolo deve essere effettuato in conformità delle disposizioni dell’art. 141, commi 2 e 4, di cui sopra, sempre che però tale comportamento possa essere effettuato in condizioni di sicurezza senza possibilità di ulteriori conseguenze: la ratio infatti della norma è quella di salvaguardare la sicurezza e incolumità di tutti gli utenti della strada. Il comportamento tenuto dal conducente era l’unico possibile, in base agli atti istruttori della causa, onde scongiurare maggiori danni, come quello di investire la moglie del pedone ferma sul ciglio della carreggiata, mentre è risultato impossibile evitare l’investimento dell’altro pedone ( R.) che si trovava fermo a circa 1,5/2 metri dal ciglio della carreggiata e con improvviso e imprevedibile balzo si portava al centro della stessa. La sentenza impugnata, infatti, osserva che il T. non era tenuto ad arrestare il veicolo poichè, tra l’altro, il pedone teneva un comportamento idoneo a far supporre all’automobilista un suo ipotetico attraversamento.

Si osserva al riguardo che l’automobilista si adeguava alla normativa di cui all’art. 141, comma 2, e cioè egli teneva un comportamento tale da essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

Nel caso, come si è detto, impossibile era prevedere l’ostacolo una volta dimostrato che il pedone faceva improvvisamente un balzo verso la mezzeria della strada. Si osserva inoltre che l’accertamento e la valutazione dei rispettivi comportamenti rientrano nella competenza esclusiva del giudice del merito, la cui motivazione è congrua e logica e resiste al sindacato di legittimità.

Il motivo va rigettato.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 2054 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, assume che la Corte distrettuale individuava nel comportamento del pedone l’unica fonte di responsabilità nella causazione del sinistro adducendo che il suo “balzo” verso il centro della strada, in quanto imprevedibile, costituiva fattore unico causale del sinistro.

Il pedone non si sarebbe immesso in modo repentino nella carreggiata dove al sopraggiungere del T. era già posizionato, tanto da essere stato avvistato con anticipo, poichè il conducente faceva uso di fari abbaglianti e procedeva a velocità moderata.

Per tali ragioni la sentenza impugnata considerava superata la presunzione di colpa di cui all’art. 2051, comma 1, sulla base del fatto che il conducente frenava profondamente sterzando verso sinistra.

Correttamente la sentenza impugnata ha rilevato, quindi, che con la propria condotta di guida il T. aveva fatto tutto quanto era possibile per evitare l’urto, poichè l’unica causa dell’avvenuto impatto andava individuata nell’imprudente e repentino spostamento verso il centro della carreggiata effettuato da pedone. Ciò permetteva il superamento della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054 c.c..

E’ stato osservato da questo S.C. che nel caso è stata data la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c., e cioè, è risultato che il comportamento della vittima era stato il fattore causale esclusivo dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza.

Pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell’art. 2054 cod. civ., dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza (Cass., 11.6.2010, n. 14064).

Anche il secondo motivo va rigettato.

Il ricorrente va condannato alle spese del giudizio, liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 4 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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