Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10130 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1695-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA

405, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CASU, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO PANNUZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3676/2014 della COMM.TRIB.REG. della Sicilia,

SEZ. DIST. di CATANIA, depositata il 01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 3676/18/14, depositata il 1/12/2014, con la quale la CTR della Sicilia ha confermato la pronuncia resa dal giudice di prime cure, dichiarando il diritto di V.G. al rimborso del 90% dell’IRPEF pagata dal contribuente dal 1990 al 1992, giusta disposizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, secondo il quale ai contribuenti interessati dal sisma del 1990, verificatosi nelle Province di Catania, Ragusa e Siracusa, spettava di pagare soltanto il 10% del dovuto;

la CTR della Sicilia, per quanto qui rileva, fondava il riconoscimento del diritto al rimborso su una lettura costituzionalmente orientata della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e sui primi arresti di questa Corte nella “subiecta materia” (Cass. n. 20641/2007), in base ai quali il rimborso in questione andava riconosciuto sia a coloro che non avevano assolto all’obbligazione tributaria, sia in capo a coloro, e tra questi i sostituti d’imposta, che avevano provveduto a corrispondere regolarmente l’imposta, nel periodo contemplato dalla disciplina di cui alla L. n. 289 del 2002;

avverso la pronuncia della CTR, ricorre per Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo;

V.G., regolarmente intimato, resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di gravame viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, per avere la CTR errato nel ritenere estendibile il beneficio fiscale anche a coloro che hanno adempiuto all’obbligo tributario attraverso i sostituti d’imposta;

2. il motivo è infondato.

3. va premesso, che la doglianza mossa dalla ricorrente coglie, solo, indirettamente la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, che si limita solo in via generale ad affermare un’interpretazione della citata L. n. 289 del 2002, secondo cui l’art. 9 di essa, troverebbe applicazione anche in relazione a coloro che hanno versato l’imposta a qualsiasi titolo (e quindi anche ai sostituiti d’imposta); senza però affrontare lo specifico problema prospettato dal motivo di gravame in disamina (estensione del beneficio fiscale anche a coloro che si sono avvalsi per corrispondere l’imposta dei sostituti), e, sotto tale profilo la doglianza risulta all’evidenza inammissibile, atteso che non coglie l’esatta “ratio decidendi” della sentenza impugnata;

4. peraltro, nel merito la doglianza va disattesa sia sul piano generale, che nello specifico profilo prospettato;

5. infatti, in via generale, con riferimento alla questione relativa alla disposizione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in particolare se essa riguardi i pagamenti da effettuarsi, o anche quelli già effettuati in data antecedente alla sua entrata in vigore, va evidenziato che, già con la sentenza n. 20641 del 2007, questa Corte aveva ritenuto che, il citato art. 9, comma 17, dovesse essere interpretato nel senso che esso opererebbe sia in favore di chi non ha ancora corrisposto l’imposta, sia in favore di colui che ne ha già completamente versato l’importo, e ciò al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento, peraltro iniqua ed irragionevole, a tutto danno del contribuente che nell’osservanza della legge aveva adempiuto all’obbligazione tributaria, rispetto ad altro contribuente, che per la stessa causale d’imposta era, invece, rimasto inadempiente;

6. tale orientamento, pienamente condiviso da questo Collegio, si è consolidato (Cass. n. 32298/18), ulteriormente, anche con riferimento ad una interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina operante nella materia in disamina, in ragione della considerazione che, una diversa interpretazione di essa, solleverebbe seri dubbi in ordine alla ragionevolezza ed equità del provvedimento agevolativo, la cui percentuale del risparmio d’imposta risulterebbe affidata non più a criteri oggettivi, bensì alla dinamica del se e quanto ciascun contribuente abbia già versato all’erario prima della introduzione della norma;

7. peraltro, anche sulle problematiche specifiche, che qui rilevano, e ad esso riconducibili, ha già avuto modo di pronunciarsi questa Corte (Cass. n. 14406/2016, Cass. n. 17472/2017, Cass. n. 29287/17) ribadendo il principio generale, desumibile dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, secondo il quale il lavoratore che nel caso in disamina si individua con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme ritenute alla fonte, dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta, ciò corrispondendo all’unitarietà del rapporto sostanziale presupposto dalla sostituzione d’imposta;

8. il ricorso va, pertanto, rigettato mentre vanno compensate le spese del presente giudizio, atteso che la giurisprudenza di questa Corte sul punto trattato si è consolidata solo successivamente all’instaurazione del giudizio che occupa;

9. considerato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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