Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10127 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 10127 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 28988-2012 proposto da:
PROVINCIA DI PORDENONE C.F. 00137050936, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo
studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato DE COL ANDREA,
2014

giusta delega in atti;
– ricorrente –

449
contro

TARPIGNATI

GIAMPAOLO

C.F.

TRPGPL69H03L483H,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

Data pubblicazione: 09/05/2014

7, presso lo studio dell’avvocato ONGARO ALESSANDRO,
che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 507/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 30/10/2012 R.G.N. 913/2011;

udienza del 06/02/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato REGGIO D’ACI ANDREA per delega MANZI
ANDREA;
udito l’Avvocato ONGARO ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza 6 febbraio 2014
Aula A
R.G. n. 28988/2012
Provincia Pordenone c/ Tarpignati

Svolgimento del processo
1. – Con sentenza depositata in data 30 ottobre 2012, la Corte d’appello di Venezia
accoglieva l’appello proposto da Giampaolo Tarpignati e, per l’effetto, accertato il
suo diritto di fruire per il periodo di aspettativa per dottorato di ricerca dei benefici
Pordenone al pagamento in favore del ricorrente del trattamento economico,
maggiorato degli accessori di legge, e dei contributi previdenziali.
2. – La Corte d’appello, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento ed
esaminato in particolare le disposizioni di cui all’art. 2 della legge 13 agosto 1984, n.
476, come modificato dall’art. 52, comma 57, della legge 28 dicembre 2001, n. 448,
in vigore dal 1° gennaio 2002, ha ritenuto che l’art. 44 del contratto collettivo di
lavoro regionale del personale degli enti locali (C.C.R.L. 1998-2001), invocato dalla
amministrazione convenuta al fine di escludere la retribuzione per il periodo di
dottorato del suo dipendente, non introduceva alcuna deroga alla legge citata.
3. – Contro la sentenza, la Provincia di Pordenone propone ricorso per cassazione,
affidandolo a tre motivi. Il Tarpignati resiste con controricorso. Entrambe le parti
hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso, la Provincia di Pordenone denuncia, ai sensi
dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la “violazione dell’art. 44 CCRL personale del comparto
unico-area enti locali (biennio economico 2000-2001 e parte normativa quadriennio
1998-2001) e mancata applicazione dell’art. 2, comma secondo, d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165 (in vigore prima della modifica introdotta dall’art. 1, comma 1, I. 4
marzo 2009, n. 15 e dall’articolo 33, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 27 ottobre 2009,
n. 150)”.

1.1. – Assume che, per effetto delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 165/2001, è
possibile che i contratti o gli accordi collettivi successivi alle leggi che regolano i
rapporti di lavoro, limitatamente ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni,
possano derogare alle dette leggi; che il presupposto da cui muove la sentenza
censurata, ovvero che il contratto collettivo era stato stipulato prima dell’entrata in
vigore della legge n. 448/2001, era errato dal momento che esso era stato sottoscritto
i

economici, previdenziali e di quiescenza in godimento, condannava la Provincia di

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il 1° agosto 2002 ed era entrato in vigore il giorno successivo ( 2 agosto 2002),
mentre l’articolo 52, comma 57 della legge n. 448 del 2001 era entrato in vigore il 1°
gennaio 2002.
1.2. — Aggiunge che:
ammesso ai corsi di dottorato di ricerca la possibilità di essere collocato a domanda
in congedo straordinario senza assegni e di usufruire della relativa borsa di studio,
ove ne ricorressero le condizioni. Con la legge n. 398 del 30 novembre 1989 erano
state equiparate al dottorato di ricerca anche le borse di studio, mediante disposizione
transitoria, resa in attesa della riforma dei dottorati disposta poi con DM n. 224 del
1999;
– il citato art. 2 della legge n. 476/1984, era stato integrato dall’art. 52, comma 57,
della L. 28 dicembre 2001, n. 448, il quale aveva previsto la possibilità di conservare
il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento nel caso in cui
non fosse prevista la borsa di studio, ovvero nel caso in cui il dipendente rinunciasse
alla percezione di questa al fine di conservare il trattamento in godimento;
– l’art. 44 del CCRL 1998-2001-Area Enti Locali era intervenuto a disciplinare per
intero la materia, disponendo che i dipendenti con rapporto a tempo indeterminato
ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 476, o
titolari delle borse di studio di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398, erano
collocati, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il
periodo di durata del corso o della borsa;
– tale disposizione racchiudeva tutte le tutele previste per il dipendente ammesso a
frequentare un corso di dottorato di ricerca, riconoscendo l’aspettativa ai soli
dipendenti assunti a tempo indeterminato, ma senza retribuzione, a prescindere dal
fatto che percepissero o non una borsa o un assegno di studio;
– la norma contrattuale, in quanto successiva alla legge n. 476 del 1984 nonché alla
legge n. 448 del 2001, art. 52, aveva così introdotto una legittima deroga rispetto alle
predette disposizioni, con la conseguenza che essa doveva prevalere rispetto alle
norme di legge invocate dal lavoratore;
1.3. – Infine, la disposizione de qua non solo era legittima, a mente dell’art. 2 d.lgs.
n. 165/2001, ma non si poneva in contrasto con norme costituzionali.
2

– la legge 13 agosto 1984, n. 476, art. 2, prevedeva per il pubblico dipendente

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1.4. – A tal fine, invoca la legge 30 dicembre 2010, n. 240, che ha ora modificato
l’art.2 della legge n. 476 del 1984, subordinando il diritto del dipendente
all’aspettativa per il dottorato di ricerca alle compatibili esigenze
dell’amministrazione.

applicazione dell’art.4 dello Statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia,
approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, del decreto legislativo
dell’ 1/1/1997, n. 9 (Norme di attuazione della legge costituzionale n. 2/1993) e della
Legge Regionale n. 13 del 9/11/1998 – Violazione degli articoli 1362 e seguenti c.c.art. 360 n. 3 c.p.c..

2.1.- Assume che la Corte di appello non avrebbe correttamente valutato la
collocazione della normativa collettiva regionale nel quadro della gerarchia delle
fonti.
La legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2, innovando l’art.4 dello Statuto
speciale della Regione Friuli Venezia Giulia, aveva attribuito alla regione la potestà
legislativa primaria ed esclusiva in tema di ordinamento degli enti locali e delle
relative circoscrizioni. Il successivo decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, che
disciplinava il personale degli enti locali, prevedeva all’art. 15 il potere della regione
di disciplinare l’ordinamento del personale dei comuni, delle province e degli altri
enti locali.
2.2. – La legge regionale n. 13 del 1998 aveva istituito (art. 127) il comparto unico
del pubblico impiego della regione e degli enti locali, specificando che l’ordinamento
del personale degli enti locali era disciplinato dalla legge regionale e dai contratti
collettivi regionali nel rispetto dei principi generali del rapporto di pubblico impiego;
aveva inoltre istituito l’Agenzia regionale per la rappresentanza negoziale degli enti
delle pubbliche amministrazioni (ARERAN), organismo deputato alla definizione dei
contratti collettivi distinti per il personale della regione e degli enti locali con
riferimento al quadriennio 1998-2001.
2.3. – Il contratto stipulato il 1 agosto 2002 rientrava nella competenza esclusiva in
materia di pubblico impiego presso gli enti locali attribuita alla regione Friuli
Venezia Giulia, sicché a partire dal 2 agosto 2002 non era più applicabile l’art. 2 della
3

2. – Con il secondo motivo, censura la sentenza “per violazione per mancata

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legge n. 476 del 1984 ma solo e unicamente la disposizione della contrattazione
collettiva (art. 44).
3. Con un terzo motivo, denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la “violazione
dell’art. 44 del CCRL e la mancata applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 165

ai fini dell’anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e previdenza”. Sotto

tale profilo richiama la sentenza del Tribunale di Pordenone, che aveva respinto la
domanda sul presupposto che l’art. 44 del contratto collettivo, tacendo sulla
computabilità del periodo ai fini della progressione in carriera del trattamento di
quiescenza, aveva implicitamente derogato sul punto alla legge n. 476/1984. Ritiene
infatti che la norma della contrattazione collettiva, in quanto norma primaria ed
esaustiva di tutta la disciplina del dottorato di ricerca, possa derogare alla norma di
legge, trattandosi peraltro di norma successiva.
4. —È opportuno ricostruire la cornice normativa di riferimento e ripercorre l’iter
motivazionale seguito dal giudice del merito, al fine di meglio di individuare l’esatta
interpretazione data alla disposizione contrattuale in questione.
4.1. – L’art. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, nella sua originaria formulazione,
prevedeva quanto segue: “Il pubblico dipendente ammesso ai dottorati di ricerca è
collocato a domanda in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per
il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le
condizioni richieste. Il periodo di congedo è utile ai fini della progressione di
carriera, del trattamento di quiescenza di previdenza”;

4.2. – La norma è stata modificata dall’art. 52, comma 57, della legge 28 dicembre
2001, n. 448 in vigore dal l° gennaio 2002, che ha inserito nel primo comma del
citato art. 2 due nuovi periodi. La norma ha così assunto il seguente tenore:

“Il

pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda
in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata
del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In
caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di
rinuncia a questa, l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico,
previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica
presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento
4

relativamente al computo del periodo di congedo straordinario per motivi di studio

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del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi
per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli
importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Il periodo di congedo straordinario
è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di

4.3. – L’articolo 75 del d.p.r. 11 luglio 1980, n. 382 rubricato “Borse di studio per la
frequenza dei corsi di dottorato di ricerca e dei corsi di perfezionamento e di
specializzazione” stabiliva i criteri di erogabilità della borsa di studio, attribuendo al

Ministro della pubblica istruzione il potere di bandire i concorsi per l’attribuzione di
borse di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e di specializzazione, di
stabilire il numero complessivo, l’ammontare delle borse da conferire ed i criteri di
ripartizione tra le varie università, e stabiliva altresì che tutti gli ammessi ai corsi di
dottorato di ricerca avevano diritto alla borsa di studio purché rientrassero nelle
condizioni di reddito personale fissate nel primo comma dello stesso art. 75.
4.4. – Questa norma è stata poi abrogata dall’art. 8, della legge 30 novembre 1989, n.
398, come modificato dall’art. 8, D.M. 30 aprile 1999, n. 224, entrato in vigore il 1
gennaio del 2000, per effetto della formulazione dell’art. 7, che definendo i criteri di
assegnazione delle borse, ne ha rimesso la disciplina alle singole università.
4.5. — Solo a far tempo dal 1.1.2000, quindi, l’ordinamento ha introdotto la
possibilità di ammissioni a corsi di dottorato senza borsa di studio, con la
conseguenza che si rendeva necessario disciplinare il regime giuridico dei dipendenti
pubblici con riguardo al congedo.
4.6. – E’ così intervenuto l’art. 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 del 2001, che,
come si è detto, stabilisce il diritto al trattamento economico per i dipendenti pubblici
ammessi al dottorato di ricerca senza borsa di studio: la disposizione mira
evidentemente a colmare il vuoto normativo stabilendo per tale categoria di
lavoratori, ammessi al dottorato ma privi di borse di studio, il mantenimento del
trattamento economico in godimento, con la possibilità per l’amministrazione di
ripetere le somme corrisposte nel caso di definitiva scelta della carriera universitaria
da parte del dipendente. La modifica dell’art. 2 della legge n. 476, attuata con l’art. 52
della legge n. 448/2001 assume così il significato di porre rimedio alla disparità di
trattamento creata tra i dipendenti pubblici che godono della borsa di studio ai sensi
5

previdenza”.

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della legge n. 398 del 1989 e quelli che, a seguito dell’emanazione del regolamento
sui dottorati di ricerca di cui al DM numero 224 del 1999 tnon ne usufruivano.
4.7. – L’art. 44 del contratto collettivo regionale di lavoro del personale degli enti
locali, invocato dalla amministrazione convenuta, si inserisce in questo quadro
Esso prevede che “I dipendenti con rapporto a tempo indeterminato ammessi ai corsi
di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 476 oppure che
usufruiscano delle borse di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398 sono collocati, a
domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di
durata del corso o della borsa”.
5.

La Corte territoriale ha ritenuto che il richiamo contenuto nella nonna in esame

solo alla legge 13 agosto 1984, n. 476, senza riferimento alla successiva legge n.
448/2001, non può che indurre a ritenere che il legislatore regionale abbia inteso
riferirsi al regime precedente alla modifica di cui alla legge citata, ovvero all’epoca in
cui il dottorato di ricerca era sempre accompagnato da una borsa di studio, con
l’ulteriore conseguenza — sempre secondo il giudice del merito – che l’esclusione
degli assegni per tutto il periodo di durata del corso della borsa riguarda solo i
dipendenti in possesso di borsa di studio, mentre per i dipendenti privi di questo
sostegno la nonna prevede il mantenimento del trattamento economico,
previdenziale e di quiescenza.
6. – A fronte di questa interpretazione, con il primo motivo, la ricorrente deduce una
violazione ex art. 360, n. 3, c.p.c., della nonna in esame, ritenendo che il richiamo
operato alla legge n. 476/1984 deve intendersi effettuato al testo conseguente alla
modifica introdotta con l’art. 52, comma 57, della legge n. 448/2001, stante, da un
lato, la posteriorità della contrattazione collettiva regionale rispetto alla legge citata
e, dall’altro, la competenza esclusiva della Regione a disciplinare contrattualmente
ed in via esclusiva l’ordinamento del personale dei comuni, delle province e degli
altri enti locali. Con il terzo motivo, sempre ex art. 360, n. 3, c.p.c., deduce la
violazione della nonna in esame con riferimento al computo del periodo di congedo
straordinario ai fini dell’anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e
previdenza, riconosciuti dalla Corte del merito in violazione dell’art. 2 d.lgs. n.
165/2001.
6

normativo.

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6. — I due motivi, che per la loro logica connessione la Corte ritiene di trattare
congiuntamente, devono ritenersi inammissibili.
E’ infatti principio ripetutamente affermato da questa Corte quello secondo cui è
inammissibile la denuncia, con ricorso per cassazione di ai sensi dell’art. 360 c.p.c.,
applicazione di un contratto collettivo provinciale, o di un contratto integrativo, posto
che la detta disposizione si riferisce ai soli “contratti e accordi collettivi nazionali di
lavoro” (Cfr. Cass. 2 marzo 2009 n. 5025; Cass., 19 marzo 2010, n. 6748; da ultimo,

Cass., 3 dicembre 2013, n. 27062).
Invero, a norma del comma 5 0 dell’art. 63 d.lgs. n. 165/2001, “Nelle controversie di
cui ai commi I e 3 e nel caso di cui all’art. 64, comma 3, il ricorso per cassazione
può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi
collettivi nazionali di cui all’art. 40”.

La specifica formulazione della norma, oltre che la sua ratio, ha indotto questa Corte
a negare, con riferimento al rimedio processuale di cui al cit. d.lgs. n. 165/2001, che
esso possa estendersi, ancorché in via interpretativa, alla contrattazione collettiva
diversa da quella nazionale (nel caso di Cass., n. 5025/2009, cit., delle Provincie
autonome di Trento e Bolzano) ostandovi la testuale e specifica limitazione al livello
nazionale (Cass., 25 novembre 2005, n. 24865).
Tale limitazione si ritrova anche nell’art. 64 dello stesso decreto che riguarda anche
l’analogo potere di diretta interpretazione del contratto collettivo di diritto comune
conferito a questa Corte &si dall’art. 420 bis. c.p.c. (in termini, Cass., 2 marzo 2009,
n. 5025; Cass., 19 marzo 2010, n. 6748).
7. — Ciò premesso, i motivi di ricorso sussunti sotto la specie della violazione di
legge sono inammissibili.
Ma anche a voler qualificare le censure in esame sotto la specie del vizio di
motivazione, esse si profilano ugualmente inammissibili.
La Provincia di Pordenone propone infatti una interpretazione dell’art. 44 della
contrattazione regionale che si sostiene esatta, in contrapposizione a quella
(asseritamente errata) data dal giudice di merito: esse sostanzialmente si risolvono
nella mera prospettazione di una diversa (e più favorevole) esegesi rispetto a quella
adottata dal giudicante.
7

comma 1, n. 3, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, della violazione o falsa

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7.1. — Ora, come si è detto, l’interpretazione del contratto collettivo regionale è
attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto
per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di
motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non
Questa Corte ha da tempo precisato che, ai fini della censura di violazione dei canoni
ermeneutici, è necessario non solo l’astratto riferimento alle regole legali di
interpretazione previste dal codice civile che si assumono violate, ma è altresì
necessaria la specificazione dei criteri in concreto non osservati dal giudice di merito
e, soprattutto, il modo in cui questi si sia da essi discostato, non essendo sufficiente
una semplice critica della decisione sfavorevole (Cass., 25 marzo 1998, n. 3142).
7.2. – La denuncia del vizio di motivazione deve essere invece effettuata mediante la
precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti
nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune,
oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè
connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi
vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale
risulta dalla sentenza.
Si aggiunge altresì che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che
quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto,
sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è
consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice,
dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (in termini,
Cass., 22 febbraio 2007 n. 4178; cfr., Cass., 3 dicembre 2013, n. 27062).
7.3. – Nella specie, invece, nell’illustrare i motivi in esame, la ricorrente non solo non
indica alcuna violazione delle regole codicistiche di ermeneutica contrattuale, ma
neppure precisa i canoni in concreto violati, con la specificazione del modo e delle
considerazioni attraverso cui il giudice se ne sarebbe discostato.
Inoltre, la parte non ha proposto il ricorso sotto il profilo del vizio di motivazione,
nel senso che non ha indicato lacune argomentative o illogicità tali da inficiare la
coerenza logico formale delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.
8

consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.

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7.4. – Siffatta lettura del ricorso, in particolare dei motivi di censura qui in esame,
trova esplicita conferma nella memoria illustrativa depositata ex art. 378 c.p., in cui
la ricorrente ha ribadito che la denuncia mossa alla sentenza impugnata riguarda non
già una questione di ermeneutica o di critica dell’interpretazione data all’articolo 44
legislativo n. 165/2001.
Ma, anche riguardate sotto tale profilo, le censure appaiono inammissibili siccome
inconferenti rispetto alle ragioni della Corte territoriale, che ha riconosciuto il diritto
dell’odierno intimato sulla base di una lettura dell’art. 44 compatibile con la legge n.
476/1984, come modificata dalla legge n. 448/2001, senza per nulla interferire, nel
senso di affermarlo o negarlo, con il principio di derogabilità della legge ad opera
della contrattazione collettiva, stabilito dall’allora vigente art. 2, comma 2, del d.lgs.
30 marzo 2001, n. 165.
In altri termini, la Corte territoriale non ha posto alcun problema di gerarchia delle
fonti nella disciplina del congedo del dipendente pubblico ammesso ad un corso di
dottorato di ricerca, ma ha rinvenuto nell’ordinamento, attraverso una lettura anche
costituzionalmente orientata dell’art. 44 del CCRL della Regione Friuli Venezia, la
norma che attribuisce a tale categoria di lavoratori il diritto di mantenere il
trattamento retributivo, previdenziale e di quiescenza durante tutta la durata del corso
di dottorato, ove non siano ammessi a fruire di una borsa di studio, ai sensi della
legge n. 476/1984, come successivamente modificata.
7.5. Questa interpretazione non è stata adeguatamente censurata.
A tal fine, non è senza rilievo la circostanza che essa sia stata recepita dal successivo
CCRL del 6 maggio 2008, depositato in attuazione del principio di autosufficienza
dal Tarpignati unitamente al controricorso, che, nella dichiarazione congiunta n. 1, ha
così stabilito: “Le parti concordano nel ritenere che la disciplina contrattuale
relativa all’aspettativa non retribuita per dottorato di ricerca, prevista dall’articolo
44 del CCRL del 01.08.2002 per il personale degli Enti locali e dall’art. 17, comma
6, del CCRL 22.9.1999 per il personale regionale, sia stata integrata, in senso
migliorativo, dall’articolo 52, comma 57, della legge n. 448/2001 attraverso il
riconoscimento di un più ampio diritto alla fruizione anche di una aspettativa
retribuita, sempre per dottorato di ricerca e che tale integrazione non è in alcun
9

del CCRL dalla Corte territoriale, bensì la diretta violazione dell’art. 2 del decreto

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modo in contrasto con la sempre vigente previsione contrattuale. Gli enti, pertanto,
accolgono le istanze dei propri dipendenti ove sia accertata la sussistenza delle
condizioni prescritte dal legislatore”.

8. — E’ invece infondato il secondo motivo di ricorso.
disciplinare in modo autonomo ed esclusivo il rapporto di pubblico impiego presso
gli enti locali, precisando che tale disciplina è stata appunto fornita con il contratto
collettivo regionale del 1° agosto 2002, entrato in vigore il 2 agosto 2002, con la
conseguenza che da tale data non era più applicabile la legge n. 476/1984, come
modificata dall’art. 52 1. n. 448/2001.
8.1. – La disposizione statale sul congedo straordinario per la frequenza dei corsi di
dottorato di ricerca di cui all’art. 2 I. 13 agosto 1984, n. 476 è formalmente inserita
nella disciplina della ricerca scientifica e dell’Università ed è sostanzialmente
destinata a regolamentare un profilo soggettivo dei corsi di dottorato.
8.2. – La norma regola la condizione di chi è ammesso ai corsi di dottorato ed è
titolare di un rapporto di pubblico impiego, senza distinzione alcuna quanto
all’amministrazione di appartenenza, e tanto al fine di rendere effettivo lo
svolgimento delle attività richieste per la prosecuzione degli studi destinati
all’approfondimento delle metodologie per la ricerca e la formazione scientifica:
attività e studi che rispondono all’interesse, costituzionalmente rilevante, della ricerca
scientifica (Corte Cost., 18 maggio 1995, n. 201).
8.3. – In questo contesto, secondo la Corte costituzionale, la disposizione relativa al
congedo straordinario ha carattere di norma speciale, che disciplina un aspetto
considerato necessariamente connesso all’attività di studio e di ricerca nell’ambito
delle strutture destinate ai corsi di dottorato, con effetti consequenziali sullo stato
giuridico del dipendente ammesso ai corsi.
La disposizione considerata fa quindi corpo con la materia della ricerca scientifica e
dell’Università. In tale prospettiva la suddetta disposizione si pone come norma
speciale, che esula dalla disciplina, tanto statale che regionale o provinciale, relativa
allo stato giuridico del personale ed è applicabile a tutti i pubblici dipendenti, senza
distinzione alcuna quanto all’amministrazione di appartenenza.
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La Provincia di Pordenone rivendica il potere della regione Friuli Venezia Giulia di

Udienza 6 febbraio 2014
Aula A
• R.G. n. 28988/2012
Provincia Pordenone c/ Tarpignati

Ne consegue che l’assunto della Provincia ricorrente circa la sua competenza
esclusiva a disciplinare il rapporto di pubblico impiego con i dipendenti degli enti
locali non riguarda il diritto in questione, con la conseguenza che l’ulteriore assunto
circa l’inapplicabilità al rapporto con il Tarpignati della legge n. 476/1984 è del tutto
Le spese del processo seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi C 100,00
per esborsi e 3000,00 per compensi professionali, oltre agli accessori di legge, e
distrae in favore del procuratore anticipatario.
Roma, 6 febbraio 2014
Il Presidente
DrClo Stile

infondato.

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