Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10126 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 28/06/2019, dep. 28/05/2020), n.10126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17021/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

Vasta Giovanni;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il la

Sicilia – Sezione staccata di Catania, – Sez. 18 n. 2156/18/14

depositata in data 26/06/2014 e non notificata.

Lette le conclusioni scritte del P.M. in persona dell’Avvocato

Generale, Salzano Francesco;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno

2019 dal Consigliere Fracanzani Marcello M..

Fatto

RILEVATO

Viene alla cognizione questione relativa alla sospensione delle obbligazioni tributarie in conseguenza del sisma che ha colpito la Sicilia orientale il 13 e 16 dicembre 1990 (“Sisma di Santa Lucia”) e la necessità di ripresa a tassazione, in seguito alla decisione della Commissione Europea n. 2015/5549.

Più nel particolare, il contribuente aveva corrisposto il dovuto, senza fruire della sospensione delle scadenze tributarie disposta all’esito dell’evento tellurico, con ordinanza del Ministero per il coordinamento della protezione civile del 21 dicembre 1990, n. 2057. Successivamente, in base alla novella legislativa intervenuta con L. n. 289 del 2002 che consentiva di definire il debito tributario reiteratamente sospeso versando il 10% del dovuto, il contribuente ha chiesto la restituzione del 90% di quanto corrisposto a titolo di Irpef e Ilor per gli anni di imposta 1990, 1991 e 1992.

Impugnato il silenzio rifiuto, otteneva ragione dalla CTP e, pur rimanendo intimato/contumace, anche dalla CTR che respingeva l’appello dell’Ufficio.

Ricorre per cassazione l’Amministrazione con tre motivi, mentre resta intimato il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo si prospetta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nonchè in relazione all’art. 14 preleggi. Nella sostanza si critica l’applicazione analogica (vietata) di norma eccezionale, equiparando il favor per coloro che colpiti dal sisma non hanno potuto pagare le imposte, ad un diritto al rimborso per coloro che, dimostrando di poterle pagare, non hanno beneficiato della sospensione del pagamento.

L’Agenzia ritiene non condivisibile l’orientamento di questa Corte in ordine all’applicabilità dell’agevolazione prevista dalla L. n. 289 del 2000, art. 9, comma 17, anche ai contribuenti che, all’entrata in vigore di tale disposizione di favore, avevano integralmente versato le imposte relative agli anni 1990, 1991 e 1992.

1.1 Da un lato si può osservare che la norma è chiara nel disporre la riduzione del carico fiscale esclusivamente per le imposte non versate; che trattasi di norma agevolativa e, come tale, di stretta interpretazione (art. 14 preleggi); che la norma è coerente con la ratio delle disposizioni di condono (finalizzate a “far cassa” consentendo di definire i rapporti ancora pendenti accordando una riduzione d’imposta); che il rapporto tributario definitivamente estinto è insuscettibile di ripetizione, ex art. 2033 c.c., essendo assistita, al momento del pagamento, da idonea causa debendi; che non è applicabile il principio del favor rei (previsto esclusivamente per le sanzioni tributarie dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3); che ciò è confermato dal sopravvenuto D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, art. 3-quater, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17, che, nel differire i termini per la definizione della posizione di quei contribuenti ai sensi della L. 289 del 2002, art. 9, comma 17, prevede che la definizione si perfeziona con il versamento dell’intero ammontare dovuto per ciascun tributo; che l’esigenza di evitare una disparità di trattamento in danno del contribuente più diligente, ravvisata da questa Corte nella sentenza n. 20641 del 2007, era stata esclusa anche dalla Corte costituzionale che più volte si era pronunciata affermando la compatibilità con il principio di uguaglianza di discipline di sanatoria differenziate in ragione dell’intervenuto pagamento o meno di contributi (ordd. n. 303/1997; n. 143/1999, sent. n. 178/2000) o di imposte (sentt. n. 32/1976; n. 33/1981 e ord. n. 539/1987; sent. n. 416/2000); che nella sentenza n. 416 del 2000 la Corte costituzionale aveva poi affermato la coessenzialità dell’incentivazione dei pagamenti non ancora effettuati alla tecnica del condono (previdenziale o fiscale).

1.2. Per contro, al riguardo, preme attestare che il giudice di secondo grado si è, invero, uniformato a consolidata e condivisa giurisprudenza di legittimità.

Questa Corte ha, infatti, reiteratamente affermato il principio (da cui non vien offerto motivo per discostarsi), secondo cui – al di là dello specifico tenore del dato letterale (“i soggetti… possono definire in maniera automatica la propria posizione… la definizione si perfeziona versando, entro il…, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento…”) – la disciplina prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in relazione alle annualità 1990, 1991 e 1992, a favore dei soggetti colpiti dal sisma 13/16 dicembre 1990 investente le province di Catania, Ragusa e Siracusa, deve intendersi articolata in duplice prospettiva: in favore di chi non ha effettuato pagamenti (e in ottica, per così dire, “condonistica”), mediante il versamento nel termine stabilito, a definizione della relativa posizione fiscale, del solo 10% del dovuto; in favore di chi ha pagato (ed in ottica restitutoria), attraverso il rimborso del 90% per cento di quanto versato; ciò in quanto deve riconoscersi alla disposizione indicata carattere di ius superveniens tale da rendere quanto già versato non dovuto ex post (cfr. Cass. 12/06/2012, n. 9577 e, in riferimento ad analoghi benefici, Cass. 01/10/2007, n. 20641 nonchè, per la materia contributiva, Cass. 09/03/2012, n. 3832; Cass. 10/05/2010, n. 11247; Cass. 07/05/2010, n. 11133).

1.3 II riferimento alle pronunce della Corte costituzionale che hanno escluso possa ravvisarsi disparità di trattamento nelle disposizioni condonistiche ivi considerate a svantaggio dei contribuenti che avessero adempiuto alle obbligazioni fiscali o previdenziali a loro carico, avendo ritenuto “coessenziale alla tecnica del condono (previdenziale o fiscale) l’incentivazione dei pagamenti non ancora effettuati, mediante la concessione di benefici (di solito, la riduzione della misura dovuta)”, non coglie nel

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segno, trattandosi di fattispecie diverse e non assimilabili a quella in esame.

Per questa, infatti, vale piuttosto quanto precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 416 del 2000 (con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L. n. 448 del 1998, art. 7, comma 10, che, in materia di applicazione retroattiva della doppia agevolazione godibile per l’acquisto della prima casa ai sensi della L. 22 aprile 1982, n. 168, e della L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modif. dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, escludeva il diritto al rimborso per i soggetti che avevano definito il rapporto tributario alla data di entrata in vigore della predetta legge). In tale pronuncia il Giudice delle leggi ha differenziato la disciplina del condono (che essendo caratterizzata dalla “incentivazione dei pagamenti non ancora effettuati” e non escludendo la causa debendi dei pagamenti anteriormente effettuati, non interferisce con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.) dalle altre disposizioni di favore – nel cui ambito si ascrivono quelle in esame – che sono estranee alla tecnica ed alle finalità del condono e che non rispondono “ad esigenze della finanza pubblica”, ma piuttosto mirano a “realizzare un’uniformità di regolamentazione” di una disciplina sostanziale oppure a prevedere misure di sostegno in favore di soggetti particolarmente bisognosi, come quelli danneggiati da calamità naturali (in tal senso Cass. n. 11247 del 2010), che è l’ipotesi che viene qui in rilievo. Si è dunque tenuto conto del fatto che la disposizione in esame risponde ad una logica del tutto particolare e diversa rispetto a quella che informa gli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto volta ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (Cass. nn. 12083/2012, 10242/2013, 6686/2015), logica rispetto alla quale ammettere che si fruisca del beneficio nel solo caso di omesso adempimento dell’obbligazione tributaria o contributiva comporterebbe una irragionevolezza e la violazione del principio di uguaglianza (Cass. n. 11247/2010).

1.4 Varrà anche rammentare che tale interpretazione trova chiara conferma nella previsione di cui alla L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665, (cd. legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015) a tenore della quale “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’Ord. Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248…”. In tal modo è stata recepita in sede legislativa la possibilità per i contribuenti di accedere alla sanatoria mediante istanza di rimborso, come elaborata dalla giurisprudenza, con esclusione dei soli soggetti che svolgono attività di impresa: condizione ostativa che dovrà essere esaminata in prosieguo di giudizio.

Il motivo, così come posto, è infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, art. 295 c.p.c. e Tratto funzionamento UE in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non aver sospeso il giudizio in pendenza di una procedura di accertamento comunitario.

Trattandosi di norme processuali, l’eventuale loro violazione concreta l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, cioè un error in procedendo. In ogni caso, occorre ricordare che l’orientamento di questa Corte per cui D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, riguarda solo i rapporti fra processo tributario ed altre giurisdizioni, mentre l’art. 295 c.p.c. riguarda la sospensione quando sia necessario e pregiudiziale ogni altro accertamento, quindi anche non di natura giurisdizionale, quel è quello della Commissione, comunque capace di vincolare tutto l’ordinamento nazionale (cfr. Cass.n. 12008/2014; n. 18540/2010).

In ogni caso non vi è più interesse, poichè nelle more del processo è intervenuta la decisione comunitaria in attesa della quale era stata invocata la sospensione del giudizio.

Il motivo è quindi inammissibile (recte, improcedibile) per sopravvenuta carenza di interesse, ma resta assorbito per quello che si dirà subito nel terzo.

3. Con il terzo motivo si lamenta violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, che ha sospeso il rimborso per tutti coloro che esercitano attività economica, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1 In particolare, osserva la Corte che la L. n. 90 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015) ha stabilito che “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. n. 31 dicembre 2007, n. 248 …”.

3.1. Tale disposizione, emanata dopo che presso la Corte di cassazione si era formato un orientamento favorevole all’estensione del beneficio a favore anche di coloro che avevano già pagato le imposte dovute (Cass. n. 20641/2007; n. 11133/2010; n. 11247/2010; n. 9577/2012), costituisce norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248 (cfr. Cass. n. 15252 del 22/07/2016).

3.3. L’Agenzia delle entrate non ha posto in discussione la legittimità della pretesa azionata dalla parte contribuente dovendosi ritenere, in relazione alla posizione della contribuente che aveva formulato istanza di rimborso in data 7 marzo 2008 per il triennio 1990/1992, la tempestività della richiesta tenuto conto della natura biennale del termine per la presentazione dell’istanza ed della decorrenza dello stesso siccome individuati dalla normativa di interpretazione autentica. Tuttavia la disposizione normativa sopra rammentata, oltre ad individuare il termine di decorrenza dell’istanza di rimborso, aggiunge per i contribuenti esercenti attività d’impresa che “…l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea” per quei contribuenti “che svolgono attività d’impresa”. Nel caso di specie la società contribuente esercita attività d’impresa, per il che si deve applicare la decisione n. C/2015/5549 del 14.8.2015 con la quale la Commissione Europea ha deciso che le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni) e tutti gli atti esecutivi pertinenti ivi previsti che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno. La Commissione ha ritenuto che l’Italia avesse attuato illegittimamente le misure di aiuto in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, poichè per le misure in questione non era possibile individuare alcun motivo di compatibilità, le stesse risultavano incompatibili con il mercato interno. Era dunque fatto espresso divieto di concedere aiuti alle imprese interessate dagli eventi calamitosi. Ed ha precisato la Commissione che, per quanto atteneva al caso degli aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime andava considerato compatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE a condizione che potesse essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame, dovendosi evitare i casi di sovra compensazione, dovuta al cumulo di aiuti, rispetto ai danni subiti dalle singole imprese (paragrafo 136 della decisione, richiamato dal paragrafo 157) oppure il beneficio in questione fosse in linea con il regolamento de minimis applicabile (cfr. Cass. n. 2208/2019).

3.4. Nel caso che occupa non risulta dai gradi di merito che la parte contribuente abbia provato il nesso diretto tra il danno subito e la calamità naturale e neppure la sussistenza dei presupposti connessi con il regolamento de minimis, così come precisato dalla Commissione, per il che il motivo è fondato, va accolto, la sentenza cassata e rinviata al giudice di merito per gli accertamenti in fatto necessari a stabilire se il contribuente esercitasse o meno attività economica (al di là della richiesta di rimborso Ilor) e se vi fosse nesso di causalità dimostrato fra calamità e pregiudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte respinge il primo motivo, assorbito il secondo, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche sulle spese del grado di legittimità alla CTR per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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