Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10124 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 10124 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 12947-2012 proposto da:
BARBAGALLO ANTONIO ANGELO C.F. BRBNTN73R26C351M,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO’ 25/B,
presso lo studio LEGALE PESSI & ASSOCIATI
rappresentato e difeso dagli avvocati SIGILLO’ MASSARA
GIUSEPPE e SIGILLO’ VINCENZO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
424

contro

FONDAZIONE TEATRO MASSIMO C.F. 00262030828, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo

Data pubblicazione: 09/05/2014

studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, rappresentata
e difesa dall’avvocato GARILLI ALESSANDRO, giusta
delega in atti e dall’avvocato FORTUNA TULLIO, giusta
procura speciale notarile in atti;

nonchè contro
iv 002.GE-0082..8
E.N.P.A.L.S
I.N.P.S.
ISTITUTO NAZIONALE DELLA

PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587;
– intimati –

avverso la sentenza n. 304/2011 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 12/05/2012 R.G.N. 2220/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

– controri corrente –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 12 maggio 2011 la Corte d’appello di Palermo, per
quanto rileva in questa sede, in riforma della sentenza del Tribunale di
Palermo del 18 maggio 2007 ha rigettato la domanda di Barbagallo Angelo
Antonio intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto ai
contratti stipulati con la Fondazione Teatro Massimo a decorrere dal 1°
gennaio 2001 con la conseguente conversione del medesimo contratto di
lavoro a tempo indeterminato a decorrere da tale data. La Corte territoriale
ha motivato tale pronuncia considerando che il divieto di conversione dei
contratti, già previsto dall’art. 3 della legge n. 426 del 1977, è stato
confermato dall’art. 3, comma 6 d.l. n. 64 del 2010 convertito in legge n.
100 del 2010, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la
trasformazione delle fondazioni lirico-sinfoniche in soggetti di diritto
privato, avendo il legislatore chiaramente inteso ribadire, pur dopo detta
trasformazione, le esigenze pubblicistiche anche di controllo dei bilanci,
poste a fondamento del divieto in questione. In particolare la Corte
palermitana ha affermato che il divieto riguarda non solo i contratti
prorogati, ma anche i nuovi contratti, altrimenti non avrebbe senso la
disciplina introdotta dal citato d.l. n. 64 del 2010 sulla ultra attività dell’art.
3 della legge n. 426 del 1977, se già ricompresa nelle fonti normative in
materia già vigenti in precedenza.
Il Barbagallo propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza
articolato su due motivi.
Resiste la fondazione Teatro Massimo con controricorso.
L’INPS e l’ENPALS sono rimasti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE

/(

.,

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 3,
commi 4 e 5 della legge n. 426 del 1977 e dell’art. 3, comma 6 della legge
n. 100 del 2010 e dell’art. 1 della legge n. 230 del 1962, ai sensi dell’art.
360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che detti commi 4 e 5
dell’art. 3 della legge n. 426 del 1977 non vieterebbero la conversione di

3, comma 6 della legge n. 100 del 2010 non avrebbe valore ricognitivo ma
innovativo per cui sarebbe inapplicabile ai contratti stipulati in epoca
antecedente alla sua entrata in vigore.
Con il secondo motivo si deduce l’incostituzionalità dell’art. 3 comma 6
della legge n. 100 del 2010 e dell’art. 3 commi 4 e 5 della legge n. 426 del
1977 in relazione all’art. 3 Cost. ed all’art. 11 Cost. con riferimento alla
direttiva 1999/70/CE ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si
deduce che l’abuso del ricorso ai contratti a termine, consentito
dall’interpretazione della normativa richiamata operata dalla Corte
territoriale, sarebbe contraria alle norme costituzionali ed alla direttiva
comunitaria citata.
Il primo motivo è fondato.
Appare necessario, per comprendere e risolvere la fattispecie in esame,
ripercorrere gli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo e che
hanno disciplinato sia la natura ed il funzionamento degli enti lirici fino
alla loro trasformazione in fondazioni di diritto privato, sia i contratti di
lavoro del personale artistico.
La legge 14 agosto 1967, n. 800 (recante il nuovo ordinamento degli enti
lirici e delle attività musicali), dopo aver affermato che “Lo Stato considera
l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto
intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della
collettività nazionale” (art. 1, comma 1 0 ) e previsto che “Per la tutela e lo

tutti i contratti nulli, ma solo i rinnovi dei contratti di lavoro, mentre l’art.

sviluppo di tali attività lo Stato interviene con idonee provvidenze “(art. 1,

comma 2°), sanciva che gli enti autonomi lirici e le istituzioni
concertistiche assimilate avevano personalità giuridica di diritto pubblico.
Il decreto legge 11 settembre 1987, n. 374, art. 3, comma 1, primo
periodo, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 29 ottobre

istituzioni concertistiche assimilate si applica la normativa vigente per i
dipendenti degli enti pubblici economici”.

E’ opinione pacifica che questa assimilazione di disciplina non aveva
incidenza sulla giurisdizione: veniva così contrattualizzato il rapporto di
lavoro secondo gli schemi privatistici, ma rimaneva la giurisdizione del
giudice amministrativo perché perdurava la qualificazione degli enti lirici
come enti pubblici non economici (così Cass., Sez. un. 3 marzo 2010, n.
5029; Cass., sez. un., 28 ottobre 1993, n. 10705).
Più specificamente, la giurisprudenza amministrativa, e in particolare il
Consiglio di Stato, conformemente a parte autorevole della dottrina,
affermava che l’assimilazione di tale personale ai dipendenti degli enti
pubblici economici valeva ai soli fini del trattamento economico, senza
alcuna implicazione in ordine alla natura del rapporto che rimaneva di
pubblico impiego, non avendo inciso sulla detta qualità – di enti pubblici
non economici – degli enti lirici.
Si ritrova infatti costante l’affermazione secondo cui “l’art. 3 del D.L. ha
inteso estendere al personale degli enti lirici le sole norme relative al
trattamento economico del personale degli enti pubblici economici senza
tendere ad un mutamento della natura dell’ente attraverso la relativa
riclassificazione nel novero degli enti economici, sicché la permanenza
della caratterizzazione non economica degli enti in questione e della
natura stricto sensu pubblicistica del rapporto di lavoro, viene a
comportare la non estensione ai rapporti di cui si discute delle norme

,-2

1987, n. 450, disponeva che “Ai dipendenti degli enti autonomi lirici ed

relative agli enti pubblici economici eccentriche rispetto alle disposizioni
intese alla regolazione dei profili economici del rapporto stesso; che,
dunque [omissis] deve escludersi l’applicabilità delle norme dettate
dall’articolo 18 della legge 20.5.1970 n.300, in tema di esercizio di
mansioni superiori, e dalla legge n.230/1962, in punto di conversione dei

Stato, 9 maggio 2002, n. 2521; Cons. Stato, 18 ottobre 2002, n. 5766. Cons.
Stato, 9 maggio 2002, n. 2521; Cons. Stato, 23 marzo 1998, n. 352; Cons.
Stato, 25 giugno 1993, n.451, in Foro it., 1994, III, 22).
Sulla stessa scia era la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte
che, partendo dalla constatazione che il nostro ordinamento giuridico
conosce rapporti d’impiego costituiti con contratto, in una controversia
avente ad oggetto un rapporto di lavoro a tempo determinato con l’ente
lirico “La Fenice” di Venezia, affermava che “sia che si accolga, per tali
ipotesi, la tesi che si tratti effettivamente di contratto (pubblico o privato)
sia che si aderisca all’orientamento, secondo il quale il contratto non è
altro che una fattispecie complessa costituita da un atto unilaterale di
nomina della P.A. e da un atto, egualmente unilaterale, di accettazione da
parte del privato, certo è che l’ente pubblico vi interviene sempre in
posizione di supremazia e perciò il rapporto si qualifica in ogni caso come
rapporto di pubblico impiego e si atteggia identico strutturalmente a quello
(di impiego pubblico) cd. non contrattuale (in tal senso e con riferimento
specifico al personale dipendente degli enti autonomi lirici, Cass., S. U,
sent. nn.5267 del 1979, 2185 del 1987)” (così Cass. sez. un., 5 giugno
1989, n. 2694; Cass., sez.un., 14 dicembre 1996, n. 11190).
La specialità della disciplina regolatrice del rapporto di lavoro relativo al
personale degli enti lirici era peraltro segnata dall’art. 3 della legge 22
luglio 1977, n. 426, come modificato dall’art. 2 della legge n. 54/1980, che,
nella parte che qui interessa, così recita: “Sono altresì, vietati i rinnovi dei

rapporti a tempo determinato” (Cons. Stato, 20 luglio 2006, n. 4602; Cons.

rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali,
comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a
tempo indeterminato. Le assunzioni attuate in violazione del divieto di cui
al precedente comma sono nulle di diritto, ferma la responsabilità
personale di chi le ha disposte” (commi 4° e 5 0 ).

degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate basata
inderogabilmente sul pareggio di bilancio e sul divieto di assunzioni
comportanti un aumento del contingente numerico del personale a
qualunque titolo in servizio alla data del 31 ottobre 1973, vietava, con
esplicita disposizione imperativa, i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in
base a disposizioni legislative o contrattuali, avrebbero potuto determinare
la conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato; ne
sanciva comunque la nullità, salva la responsabilità di chi che le avesse
disposte.
In tale sistema, dall’eventuale rinnovazione dei contratti a termine,
comunque posta in essere, non poteva in ogni caso scaturire la
trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, essendo tale effetto
incompatibile con la natura di ente pubblico non economico dell’ente lirico
e con la conseguente qualifica del rapporto di lavoro come rapporto di
pubblico impiego (Cons. Stato, 25 giugno 1993, n. 451, cit.; Cons. Stato, 7
ottobre 1992, n. 862; Cons. Stato, 29 maggio 1987, n. 331; v. Cass. sez.
un., 15 giugno 1994, n. 5792).
L’inapplicabilità agli enti lirici della legge n. 230/1962, nella sua interezza,
viene comunque sancita dalla legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 9,
comma 4°, che così dispone “Per il 1993, gli enti e le istituzioni di cui al
comma 1 [enti lirici e istituzioni concertistiche assimilate] non possono
assumere personale a tempo indeterminato, neanche in sostituzione di
personale cessato dal servizio. Sono altresì vietate assunzioni di personale

r”

Tale norma, emanata nel quadro di interventi per una gestione finanziaria

a tempo determinato, salvo che si tratti di personale artistico e tecnico da
impiegare per singole opere o spettacoli, o di personale tecnico, artistico e
amministrativo addetto alla preparazione e allo svolgimento di festival
estivi o all’aperto di fama internazionale che risultino realtà consolidate e
con carattere di continuità. Non si applicano le disposizioni della legge 18

Può dunque affermarsi che, in questo contesto normativo, la trasformazione
a tempo indeterminato del rapporto è negata dalla costante giurisprudenza
amministrativa e della Corte di cassazione in ragione della natura di ente
pubblico non economico degli enti lirici, mantenuta anche dopo l’entrata in
vigore della nuova normativa di cui alla legge 29 ottobre 1987 n. 450, e,
quindi, della natura del rapporto di lavoro, che rimane di pubblico impiego
(Cass., sez. un., 15 luglio 1993, n. 7834), con la impossibilità di assunzioni
al di fuori di un atto autoritativo dell’ente pubblico e la conseguente
esclusione delle disposizioni di cui alla legge n. 230/1962.
La trasformazione è altresì negata dalla presenza di norme speciali che, da
un lato, vietano espressamente i rinnovi che possono dar luogo alla
instaurazione di rapporti a tempo indeterminato (in ruolo o non), dall’altro,
escludono espressamente l’applicabilità delle disposizioni contenute nella
legge n. 230/1962 (art.9, comma 4 0 , legge n. 498/1992, cit.). Dalla nullità
dei rapporti conseguiva solo il diritto dei lavoratori alla retribuzione per le
prestazioni espletate (art. 2126 c.c.: Cons. Stato, 23 giugno 1993, n.732).
Con il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, si è avviato il
procedimento di trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto
privato (art. 1), demandato ad una deliberazione di trasformazione da
assumersi dall’organo competente in materia statutaria, nella forma di atto
pubblico, entro il termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del
medesimo decreto (art. 5). Per effetto dell’approvazione della deliberazione
di trasformazione, l’ente avrebbe così acquisito la personalità giuridica di

6

aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni”.

diritto privato (art. 9) e sarebbe stato sottoposto alla disciplina del codice
civile e delle disposizioni di attuazione del medesimo per quanto non
espressamente previsto dal decreto (art. 4).
L’art. 22 disciplinava i rapporti del personale delle fondazioni rinviando
alle disposizioni del codice civile e alle leggi sui rapporti di lavoro

artistico e tecnico della fondazione non si applicano le disposizioni
dell’art. 2 della legge 18 aprile 1962, n. 230″.
La trasformazione in fondazioni è tuttavia avvenuta in un momento
successivo e per effetto di un decreto legge, il decreto legge 24 novembre
2000, n. 345 (recante disposizioni urgenti in tema di fondazioni liricosinfoniche), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio
2001, n. 6, che all’art.1 ha disposto che gli enti autonomi lirici e le
istituzioni concertistiche assimilate (già disciplinati dal titolo II della legge
14 agosto 1967, n. 800, e dal citato decreto legislativo n. 387 del 1996, e
già trasformati in fondazioni di diritto privato dal decreto legislativo 23
aprile 1998, n. 134, dichiarato poi illegittimo dalla Corte costituzionale,
con sentenza 13-18 novembre 2000, n. 503, in quanto disciplinava un
oggetto estraneo alla delega conferita con legge 15 marzo 1997, n. 59) sono
trasformati in fondazioni ed acquisiscono la personalità giuridica di diritto
privato a decorrere dal 23 maggio 1998.
Lo stesso decreto rinvia, quanto alla disciplina delle fondazioni e per
quanto in esso non espressamente previsto, al decreto legislativo n.
367/1996, al codice civile ed alle disposizioni di attuazione del medesimo.
Le disposizioni in tema di personale sono contenute nell’art. 3, che dichiara
inapplicabili le disposizioni di cui all’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n.
407, come modificato dall’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 503, in tema di età pensionabile e prosecuzione del rapporto di lavoro,
estende l’obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie

subordinato nell’impresa. Il secondo comma disponeva che “Al personale

professionali al personale artistico, specificamente individuato, e disciplina
la materia fiscale in tema di ritenute di acconto. Nessuna ulteriore
disposizione è dettata in tema di personale, che pertanto resta disciplinato
dal decreto legislativo n. 367/1996, nonché dal codice civile.
Per effetto della trasformazione, disposta con efficacia retroattiva dal citato
dato acquisito che gli enti lirici e le istituzioni concertistiche assimilate non
fanno più parte del complesso delle “pubbliche amministrazioni”, come
definito dall’art. 1, comma 2°, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, con conseguente inapplicabilità delle norme generali sull’ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche raccolte
dall’indicato decreto (così Cass., 18 febbraio 2005, n. 3360).
In definitiva, la qualità dell’ente, mutata da pubblica amministrazione a
figura soggettiva privata, comporta la contestuale trasformazione della
natura giuridica del rapporto di lavoro dipendente, che diventa un comune
rapporto di lavoro subordinato, con salvezza di eventuali regole speciali
dettate dalla normativa di trasformazione (cfr. Cass., sez.un., 3 marzo 2010,
n. 5029, cit.). Si è in presenza non solo di una privatizzazione del rapporto
di lavoro, bensì di una vera e propria privatizzazione del soggetto datore di
lavoro.
Il rapporto di lavoro viene così, per espressa disposizione di legge,
disciplinato dall’art. 22 del decreto legislativo n. 367/1996 e dal codice
civile.
Il rinvio operato dall’art. 3 del decreto legge n. 345/2000 unicamente al
decreto legislativo n. 367/1996 ed alle norme del codice civile delinea un
quadro normativo in sé conchiuso ed esaustivo: il mancato riferimento alla
legge n. 426/1977 esclude che essa possa ritenersi ancora applicabile alle
fondazioni, stante la sua stretta inerenza a soggetti con personalità giuridica
di diritto pubblico, sottoposti alla vigilanza del Ministero del turismo e

decreto legge n. 345/200 a partire dal 23 maggio 1998, diviene così un

dello spettacolo, e non più esistenti. (v. art. 1, comma l°, legge n.
426/1977, che richiama la legge n. 800/1967, e dunque l’art. 5 che sancisce
la natura di enti di diritto pubblico degli enti lirici).
A conforto di tale interpretazione abrogatrice militano due considerazioni.
a) La prima, di ordine strettamente letterale, si fonda sul principio secondo
stessa o di altre leggi debbano applicarsi ad un determinato istituto o ad un
determinato rapporto, ogni possibilità di applicazione di articoli non
richiamati deve, di regola, essere esclusa (Cass., 17 maggio 1972, n. 1491;
Cass.,1 settembre 1999, n. 9205). Non appare, peraltro, sostenibile che il
mancato richiamo della legge del 1977 sia dipeso da una mera
dimenticanza del legislatore, ove si consideri che, a partire dal 1979, tutte
le leggi dettate in materia di interventi straordinari a sostegno delle attività
musicali confermano espressamente la vigenza della legge in questione, e
in particolare dell’art. 3 (art. 1, comma 3°, legge 14 novembre 1979, n. 589;
art. 2, penultimo comma, legge 6 marzo 1980, n. 54; art. 1, comma 2°,
legge 10 aprile 1981, n. 146; art. 2, comma 2°, legge 17 febbraio 1982, n.
43 e art. 3, comma 3°, legge n. 10 maggio 1983, n. 182), in una linea di
sostanziale continuità.
Sicché il silenzio mantenuto sul punto dal decreto legge n. 345/2000, che
pure è intervenuto a disciplinare interamente le fondazioni lirico-sinfoniche
nate dalla trasformazione dei vecchi enti lirici, assume il preciso significato

cui quando una legge, con espressa disposizione, indica quali articoli della

di esclusione.
b) La seconda, di ordine logico, sta in una necessità di coerenza del
sistema: l’art. 22 del decreto legislativo n. 367/1996, dopo aver ribadito che
i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni sono disciplinati dalle
disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa e sono costituiti e regolati contrattualmente

I

-g

(comma 1°), dichiara non applicabili le disposizioni di cui all’art. 2 della
legge 18 aprile 1962, n. 230 (comma 2°).
Si tratta dell’articolo che, nel contesto della disciplina generale del
contratto di lavoro a tempo determinato, regola la proroga del contratto, la
sua prosecuzione, la riassunzione del lavoratore e le assunzioni successive
norme in esso contenute il contratto si considera a tempo indeterminato.
In sostanza, disciplina le proroghe e i rinnovi contrattuali: l’inapplicabilità
del citato art. 2 ai rapporti di lavoro delle fondazioni, con la conseguente
impossibilità di disporre la conversione del rapporto a termine in rapporto a
tempo indeterminato in caso di inosservanza delle regole in esso contenute,
viene in sostanza a coprire quella stessa area di esenzione già prevista dal
vecchio art. 3, ampliandone l’oggetto per ricomprendervi anche le
proroghe, le prosecuzioni, e le assunzioni consecutive.
In altri termini, l’ambito del divieto di conversione segnato dall’art. 22,
comma 2°, decreto legislativo n. 367/1996, è più esteso di quello dato
dall’art. 3 legge n. 426/1977, che invece ha riguardo ai soli rinnovi: è
pertanto coerente e giustificata la scelta del legislatore di non menzionare il
vecchio art. 3 della legge n. 426/1977, siccome assorbito nella più ampia
previsione dell’art. 2 (come richiamato dall’art.22 decreto legislativo n.
367/1996).
La portata derogatoria del comma 2° dell’art. 22, rispetto ad una cornice
normativa che attribuisce la qualifica di soggetto privato alle fondazioni ed
inquadra i rapporti di lavoro alle dipendenze delle stesse nel regime
ordinario, non consente di desumere in virtù di una interpretazione
estensiva la inapplicabilità delle altre disposizioni della legge n. 230/1962:
si tratta invero di norma che, in quanto caratterizzata da una condizione di
contrasto rispetto ai principi generali che disciplinano il contratto a termine,
è di stretta interpretazione e non può perciò essere applicata al di fuori delle

senza soluzione di continuità, e dispone che in caso di inosservanza delle

ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione
analogica, ma anche di interpretazione estensiva, posto in riferimento alle
leggi speciali dall’art. 14 delle preleggi (v. in generale, sul principio, Cass.,
20 maggio 2005, n. 10646).
Né possono esservi dubbi sul contenuto precettivo ed inderogabile della
particolare dell’art. 1, che prevede la necessità della forma scritta ad
substantiam (Cass., 14 luglio 2011, n.15494; Cass., 13 aprile 2007, n. 8903;

Cass., 19 luglio 2002, n. 10607) e limita l’eccezionale ammissibilità del
ricorso a tale tipologia contrattuale ad ipotesi tassativamente determinate
(Cass., 25 gennaio 1993, n. 824).
L’art. 1 ha dunque un contenuto normativo del tutto distinto da quello di
cui all’art. 2, il quale: “non concerne la necessità che la apposizione del
termine nel contratto a tempo determinato, risulti per iscritto (terzo comma
dell’art. 1) essendo altrimenti ‘Priva di effetto”, ma concerne la
ammissibilità di proroga del termine e la trasformazione in contratto a
tempo indeterminato in caso di riassunzioni successive con intenti elusivi
della legge” (v. Cass., sez. un., 10 giugno 1994, n. 5642).

In conclusione, tanto la formulazione letterale quanto il contenuto
sostanziale di norma derogatoria di cui all’art. 22, comma 2°, decreto
legislativo n. 367/1996, escludono che essa abbia inteso prevedere la
disapplicazione anche delle norme contenute nell’art. 1 della legge n.
230/1962, non ravvisandosi alcuna identità di

“ratio” con quella

espressamente contemplata (in tal senso, v. Cass., 30 luglio 2013, n.
18263).
Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto: “Successivamente
alla trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato (a
partire, dunque, dal 23 maggio 1998), e fino all’entrata in vigore del
decreto legislativo n. 368/2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati

disciplina legislativa del contratto di lavoro a tempo determinato, e in

con le fondazioni lirico sinfoniche si applica la disciplina prevista dalla
legge n. 230/1962, con l’unica esclusione costituita dell’art. 2 legge cit.,
relativa alla proroghe, alla prosecuzione ed ai rinnovi dei contratti a
tempo determinato, come stabilito dall’art. 22 del decreto legislativo n.
367/1996”.

normativa interna in tema di contratto a tempo determinato alla Direttiva
1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a termine, si inserisce in
questo contesto e conferma la su esposta ricostruzione.
Nel suo impianto generale, il decreto continua a riconoscere la centralità
del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, rispetto al quale
il contratto a termine si pone come eccentrico (principio che sarà poi
consacrato con l’introduzione del comma 01 nell’art. 1, ad opera della
legge 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 39); prevede la necessità
della ricorrenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, in luogo delle causali specifiche previste dalla legge n.
230/1962 o dalla contrattazione collettiva (art. 1, comma 1°); conferma la
previsione della forma scritta ad substantiam del contratto, dal quale
devono risultare il termine e la specificazione delle suddette ragioni (art. 1,
comma 2°).
Sotto la rubrica “Abrogazioni e disciplina transitoria” l’art. 11 abroga la
legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, nonché tutte le
altre disposizioni di legge comunque incompatibili e non espressamente
richiamate nel decreto. Il comma 4° così dispone: “Al personale artistico e
tecnico delle fondazioni di produzione musicale previste dal decreto
legislativo 29 giugno 1996, n. 367, non si applicano le norme di cui agli
articoli 4 e 5”.

Questi ultimi due articoli regolano la proroga (art. 4) e la successione dei
contratti (art. 5), istituti che entrambi mirano a realizzare quelle “misure di

Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, emanato per adeguare la

prevenzione degli abusi” specificamente richieste dall’accordo europeo e

dalla direttiva 1999/70, e che il legislatore ha ritenuto di circondare di
garanzie, “precisando i casi in cui il contratto prorogato o rinnovato si
debba considerare a tempo indeterminato” (v. Corte Cost., 7 febbraio

2000, n. 41).
all’art.1 non può che confermare l’opinione su riportata riguardo
all’interpretazione dell’art. 22 del decreto legislativo n. 367/1996, laddove
dispone che ai contratti del personale dipendente delle fondazioni non si
applica la disposizione del (solo) art. 2 della legge n. 230/1962: tanto
quest’ultima norma quanto gli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 368/2001
si riferiscono alla reiterazione dei contratti a termine e, nella misura in cui
introducono una deroga ad un regime generale, non è consentita una loro
interpretazione estensiva, fino al punto di ricomprendere la disapplicazione
dei principi generali su richiamati, e cioè della necessità dell’atto scritto e
della sussistenza delle ragioni giustificative dell’apposizione del termine.
In sostanza, l’art. 11 del decreto legislativo n. 368 del 2001 e l’art. 22,
comma 2°, del decreto legislativo n. 367 del 1996, hanno la stessa portata
normativa, e depone in tal senso non solo la formulazione letterale
pressoché identica delle due norme (“Al personale artistico e tecnico delle
Fondazioni.., non si applicano…) ma l’identità di ratio, volta a rendere

meno rigorosa la possibilità di reiterazione dei contratti a termine escludendo la conversione in contratti a tempo indeterminato in ogni caso
di inosservanza delle regole poste dalle dette norme – in un settore
caratterizzato da elevata flessibilità e temporaneità delle prestazioni, dal
peculiare contenuto di professionalità, non sempre fungibile, e da esigenze
di contenimento della spesa.
Peraltro, la previsione del comma 4° dell’art.11 del decreto legislativo n.
368/2001 risponde all’esigenza di assicurare il coordinamento delle norme

JP2

Il preciso richiamo agli artt. 4 e 5, e non invece ad altri, e in particolare

di cui allo stesso decreto legislativo con l’art. 22, comma 2°, decreto
legislativo n. 367/1996: quest’ultima norma, invero nella parte in cui
richiamava l’art. 2 della legge n. 230/1962 ed in conseguenza della sua
abrogazione, sarebbe rimasta priva di contenuto.
Il comma 4° ha dunque evitato il vuoto normativo che, con riferimento alle
fondazioni, si sarebbe venuto a creare per effetto dell’abrogazione della
legge n.230/1962.
Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto: “Dopo l’entrata in
vigore del decreto legislativo n. 368/2001, ai contratti di lavoro a termine
stipulati dal personale delle fondazioni lirico-sinfoniche previste dal
decreto legislativo del 1996, n. 367, si applicano le disposizioni di cui al
detto decreto n. 368/2001, con le uniche esclusioni costituite dall’art. 4,
relativo alle proroghe, e dall’art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai
rinnovi, come stabilito dall’art. 11, comma 4°, decreto legislativo n.
368/2001”.

Per riassumere, anche dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo del
2001, ai contratti del personale artistico e musicale è consentita:
a) la proroga anche se la durata iniziale del contratto prorogato è pari o
superiore ai tre anni;
b) la possibilità di più proroghe;
c) l’eliminazione del vincolo costituito dalla medesima attività lavorativa
per cui era stato concluso il primo contratto;
d) l’eliminazione del limite di durata complessiva del rapporto fissato in tre
anni.
Giova peraltro precisare che, perché possa ravvisarsi un’ipotesi di proroga,
è necessario che vi sia il consenso del lavoratore e l’accordo deve
intervenire prima della scadenza del contratto: l’onere della prova di tali

ih

proroghe e ai rinnovi dei contratti del personale dipendente delle

presupposti grava sul datore di lavoro (cfr. Cass., 1 luglio 1986, n. 4360;
Cass., 28 maggio 1990, n. 4939; Cass., 17 febbraio 2004, n. 3118).
Sono altresì consentite, per effetto dell’inapplicabilità dell’art. 5:
a) la successione dei contratti, ovvero la continuazione di fatto del rapporto di
lavoro dopo la scadenza del termine iniziale o prorogato, anche oltre il
b) la riassunzione del lavoratore anche entro i periodi segnati dal comma 3 0 ;
c) le assunzioni successive a termine, senza soluzione di continuità.
Al di fuori di queste esenzioni, la violazione delle altre disposizioni, e in
particolare delle norme che prevedono la forma scritta ad substantiam e la
specifica indicazione della causale, di cui al comma 2° dell’art. 1 decreto
legislativo n. 368/2001 devono essere riportate nell’ambito della disciplina
ordinaria del contratto di lavoro a tempo determinato, con la conseguente
conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato.
Sulla materia del contratto a tempo determinato del personale dipendente
delle fondazioni lirico sinfoniche è poi intervenuto il decreto legge 30
aprile 2010, n. 64, convertito in legge, con modificazioni, con legge 29
giugno 2010, n. 100, entrata in vigore il 1° luglio 2010.
Il comma 6° dell’art. 3 è quello che qui interessa. Esso così recita:
“Alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti
di diritto privato, continua ad applicarsi l’ articolo 3, quarto e quinto
comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e successive modificazioni,
anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro
trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data
di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. Sono
altresì inefficaci i contratti di scrittura artistica non concretamente rifèriti
a specifiche attività artistiche espressamente programmate. Non si
applicano, in ogni caso, alle fondazioni lirico-sinfoniche le disposizioni
dell’ articolo 1, commi 01 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.

termine di durata previsto dal secondo comma dell’art. 5;

368. Ai dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche, per le missioni
all’estero, si applicano come tetto massimo le disposizioni in materia di
trattamento economico di cui alla lettera D (Gruppo IV) della tabella A
allegata al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica in data 27 agosto 1998, e successive

1998”.

La norma si inserisce in un contesto volto a dettare disposizioni di tipo
pubblicistico in un settore ormai, come sopra detto, del tutto privatizzato,
intervenendo sulle dinamiche della contrattazione collettiva di settore,
prevedendo blocchi delle assunzioni e limiti alle assunzioni a termine.
La prima parte della disposizione in esame statuisce l’applicabilità alle
fondazioni liriche dell’art. 3, commi 4 e 5, della legge n. 426/1977, anche
per il periodo successivo alla loro trasformazione in soggetti di diritto
privato e fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 368/2001. La
norma, in particolare, usa il verbo “continua” a voler significare che tale
disposizione è sempre esistita nell’ordinamento, pur dopo la
privatizzazione degli enti lirici. La ratio sembra quella di voler eliminare
ogni incertezza sulla “ultrattività” delle disposizioni di cui alla legge 1977,
la cui intera disciplina non aveva più alcuna ragion d’essere in seguito alla
trasformazione degli enti lirici in soggetti di diritto privato. Il riferimento è
specifico ai commi 4° e 5° dell’art. 3.
Che questo sia stato l’intento del legislatore lo si desume anche dal fatto
che il richiamo all’art. 3 è fatto limitatamente al periodo che cessa con
l’entrata in vigore del decreto legislativo del 2001, in cui l’intera disciplina
è ridisegnata e si ribadisce l’inapplicabilità ai contratti di lavoro del
personale artistico delle disposizioni in tema di proroga, scadenza del
termine, successione di contratti, e delle relative conseguenze sanzionatorie

i

modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto

in termini di maggiorazione retributiva e di conversione del rapporto a
tempo indeterminato.
In realtà, ad onta del suo chiaro intento chiarificatore e non innovativo, la
disposizione in esame ha un valore per così dire anodino ed una scarsa
incidenza pratica, dal momento che, come si è innanzi sostenuto, il disposto

previsione dell’art. 22, comma 2°, decreto legislativo n. 367/1996, il cui
ambito operativo si estendeva, per effetto del rinvio all’art. 2 legge n.
230/1962, a coprire non solo i rinnovi contrattuali ma anche le proroghe.
Non appare peraltro sostenibile che con il rinnovato vigore dell’art. 3 del
decreto legge n. 64/2010 il legislatore abbia voluto riaffermare la
impossibilità della conversione dei rapporti di lavoro a termine del
personale delle fondazioni lirico-sinfoniche per tutte le ipotesi di nullità dei
contratti, comprese quelle derivanti da vizi genetici di forma o riguardanti
la mancanza delle ragioni giustificative del termine: tale tesi trascura di
considerare che il divieto di conversione, nel vigore della legge n.
426/1977, trovava il suo sostegno normativo non già (o, meglio, non solo)
nell’art. 3 legge cit. — giacché la norma si limitava a vietare i rinnovi dei
contratti sancendo la nullità di diritto delle assunzioni, ma tacendo sulle
conseguenze in punto di trasformazione — quanto piuttosto nella natura di
ente pubblico non economico degli enti lirici e nella qualificazione stricto

sensu pubblicistica del rapporto di lavoro, oltre che in specifiche
disposizioni di legge (v. legge n. 498/1992, cit.: sul punto, per tutte, Cons.
Stato, 20 luglio 2006, n. 4602).
L’art. 3, pertanto, lungi dal costituire la chiave interpretativa dell’intero
sistema dei rapporti di lavoro con le fondazioni si inseriva come un
semplice tassello in un tessuto normativo e giurisprudenziale reso peculiare
dalla natura squisitamente pubblica dell’ente datore di lavoro. La
intervenuta privatizzazione e la espressa sottoposizione dei rapporti di

/0-

dell’art. 3, commi 4° e 5°, legge n. 426/1977 era stato già assorbito nella

lavoro alle leggi privatistiche (art. 22 decreto legislativo n. 367/1996) — e,
quindi, dapprima alla legge n. 230/1962, con esclusione del solo art. 2, e,
poi, al decreto legislativo n. 368/2001, eccettuate le norme di cui agli art. 4
e 5 — non consentono di attribuire alla norma in questione altro significato
se non quello di chiarire e ribadire la possibilità di reiterazione dei contratti
che ciò possa comportare la conversione del rapporto a tempo
indeterminato e ferma la responsabilità del soggetto che ha disposto le
riassunzioni.
Il termine “rinnovo” va dunque inteso in senso tecnico (in tal senso, Cass.,
26 maggio 2011, n. 11573), attesa la sua specificità e l’uso consapevole che
ne fa il legislatore attraverso il richiamo sia al solo art. 2 legge n.230/1962,
contenuto nell’art. 22 decreto legislativo n. 367/1992, sia ai soli artt. 4 e 5,
contenuto nell’art. 11 del decreto legislativo n. 368/2001.
La specialità della disciplina del contratto a tempo determinato del
personale delle fondazioni liriche – che invece, per il resto, è interamente
sottoposto alla disciplina del codice civile e delle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato dell’impresa (art. 22 decreto legislativo n. 367/1996 e
11, decreto legislativo n. 368/2001) – è dunque limitata all’inapplicabilità
delle disposizioni relative alle proroghe e ai rinnovi, come già prevedeva
l’art. 3 della legge n. 426/1977, quindi l’art. 2 legge n. 230/1962 e, infine,
l’art. 11 del decreto legislativo n. 368/2001.
Una conferma della correttezza della su esposta interpretazione può trarsi
dal recente intervento legislativo di cui al decreto-legge 8 agosto 2013, n.
91, che al comma 19 dell’art. 11, aveva introdotto una norma
interpretativa, a tenore della quale “l’art. 3, comma 60, primo periodo, del
d.l. 30/4/2010, convertito con modifìcazioni dalla l. n. 100/2010, si
interpreta nel senso che alle fondazioni, sin dalla loro trasformazione in
soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che

g

a termine anche al di fuori dei limiti imposti dalle norme suddette, senza

prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza
della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di
lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovi dei medesimi”: tale
disposizione non è stata riprodotta in sede di conversione nella legge 7
ottobre 2013, n. 112, e ciò conferma la consapevolezza del legislatore della

operatività del divieto di conversione.
Che quella su esposta sia l’unica interpretazione possibile riviene anche
dallo stesso art. 3, comma 6°, seconda parte, il quale, dopo aver dichiarato
inefficaci i contratti di scrittura artistica non riferiti a specifiche attività
artistiche espressamente programmate, afferma che non si applicano, “in

ogni caso”, alle fondazioni lirico-sinfoniche le disposizioni dell’art. 1,
commi 01 e 2 del decreto legislativo n. 368/2001: la prima norma, nel testo
vigente al momento dell’emanazione del decreto-legge n. 64 (ovvero dopo
la riforma introdotta dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247) sancisce che “Il

contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato”; la seconda invece dispone che “L’apposizione del termine
è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto
scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1”. Entrambe
queste norme, e specificamente la seconda, non avrebbero senso ove si
ritenesse già esistente nel sistema dei rapporti di lavoro delle fondazioni
liriche la deroga alle norme riguardanti la necessità della forma scritta ad

substantiam, e la conseguente impossibilità di conversione di contratti a
tempo determinato privi della forma scritta e della indicazione della
causale. È solo dunque per effetto di tale disposizione, e a partire dalla sua
entrata in vigore, che le fondazioni vengono esonerate dall’applicazione del
principio secondo cui il contratto di lavoro subordinato è stipulato, di
regola, a tempo indeterminato, nonché dalla regola che impone l’obbligo di
forma scritta per i contratti a termine di durata superiore a 12 giorni.

l

peculiare valenza semantica del termine “rinnovo” e dei limiti di

La portata fortemente derogatoria e l’assenza di norme espresse che
inducano una diversa interpretazione depongono per la natura irretroattiva
del disposto di cui all’art. 3, comma 6°, terzo periodo, il cui esame pertanto
esula dai limiti temporali segnati dalla presente controversia.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del Teatro Massimo, un
in rapporto a tempo indeterminato non può trarsi neppure dalle leggi che
negli anni hanno imposto il divieto di assunzione di personale a tempo
indeterminato per le fondazioni, in ragione del contenimento della spesa
pubblica, divieto ribadito nel comma 5° del citato art. 3 decreto legge n.
64/2010: si tratta di norme esterne alla fattispecie dedotta in giudizio,
siccome riguardanti il funzionamento e l’autorganizzazione del datore di
lavoro che, pur potendo incidere indirettamente sulla esistenza del rapporto
di lavoro invocata dal privato, non possono far degradare la sua posizione
di diritto soggettivo sorta in conseguenza di atti di gestione del rapporto di
tipo privatistico (cfr., Cass., sez. un, 14 dicembre 1999, n. 894).
Non può parimenti trovare ingresso in questa sede la tesi difensiva della
Fondazione secondo cui la conversione del contratto sarebbe impedita
dall’art. 1 del C.C.N.L., che prevede per il personale in esame le assunzioni
per concorso, in relazione all’art. 1352 c.c.
La controricorrente, invero, pur non essendo tenuta a proporre ricorso
incidentale essendo risultata totalmente vittoriosa nel giudizio di merito,
per il principio di autosufficienza, operante anche nel controricorso ai sensi
degli artt. 366, comma 1°, nn. 3 e 4, e 370, comma 2°, c.p.c., aveva l’onere
di indicare i termini esatti in cui la questione era stata sottoposta al giudice
di appello, in modo tale da permettere alla Corte di Cassazione di verificare
se essa possa ancora ritenersi “sub iudice” (Cass., ord., 20 dicembre 2012,
n. 23548; Cass., 14 marzo 2011, n. 5970); inoltre ha omesso di produrre il

contratto collettivo invocato, o, quanto meno, o di trascriverne la parte

í9

generale impedimento alla trasformazione del rapporto di lavoro a termine

ritenuta essenziale alla delibazione della questione, così impedendo, anche
per tale via e sempre in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso
(e del controricorso), il vaglio di questa Corte.
12. In definitiva, può affermarsi il seguente principio di diritto:
“L ‘art. 3, comma 6°, decreto legge n. 64/2010, convertito in legge con
che “alle fondazioni lirico sinfoniche, fin dalla loro trasformazione soggetti
di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del
decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, continua ad applicarsi l’art. 3,
quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426″, ha un valore
meramente confermativo dell ‘inapplicabilità ai rapporti di lavoro del
personale dipendente, delle norme in tema di rinnovi dei contratti a tempo
determinato, dovendosi intendere tale termine riferito alla continuazione
del rapporto di lavoro dopo la sua scadenza e oltre la durata indicata dal
legislatore, alla riassunzione del lavoratore effettuata prima della
scadenza del periodo minimo fissato dalla legge, nonché, infine, alle
assunzioni successive effettuate senza soluzione di continuità. L’art. 3 non
riguarda invece i vizi afferenti alla mancanza dell’atto scritto e alla
insussistenza delle ipotesi tipiche ovvero delle ragioni di carattere
produttivo che legittimano l’apposizione del termine”.
Queste conclusioni rendono superfluo l’esame della questione di legittimità
costituzionale sollevata con il secondo motivo di ricorso, in ragione
dell’interpretazione che si è data della norma di cui alla prima parte
dell’art. 3, comma 6°, 1. n. 100/2010; dall’altro, con riferimento al terzo
periodo dello stesso art. 3, la questione è priva di rilevanza ai fini della
decisione della presente causa, riguardando un periodo successivo a quello
dedotto in giudizio.

modificazioni, con legge 29 giugno 2010, n. 100, nella parte in cui dispone

La sentenza deve dunque essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di
Palermo, in diversa composizione, il quale esaminerà la fattispecie
attenendosi ai seguenti principi di diritto:
a) ai contratti del personale artistico sottoscritti prima della
trasformazione degli enti lirici in fondazioni con personalità giuridica di
disposizioni della legge 18 aprile 1962, n. 230, e in particolare le norme
sui rinnovi dei rapporti di lavoro (art. 3, commi 4° e 5°, 1. n. 426/1977);
b) successivamente alla trasformazione (a partire, dunque, dal 23 maggio
1998), e fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 368/2001, ai
contratti di lavoro a termine stipulati con le fondazioni lirico-sinfoniche si
applica la disciplina prevista dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, con
l’unica esclusione costituita dell ‘art. 2 legge cit., relativa alla proroghe,
alla prosecuzione ed ai rinnovi dei contratti a tempo determinato, come
stabilito dall’art. 22 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367;
c) dopo l ‘entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.368,
ai contratti di lavoro a termine stipulati dal personale delle fondazioni
lirico-sinfoniche previste dal decreto legislativo del 29 giugno 1996, n.
367, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 368/2001,
con le uniche esclusioni costituite dall’art. 4, relativo alle proroghe, e
dall’art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai rinnovi, come stabilito dall’art.
11, comma 4°, decreto legislativo n. 368/2001;
d) l’art. 3, comma 6°, del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito in
legge con modificazioni, con legge 29 giugno 2010, n. 100, nella parte in
cui dispone che “alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro
trasformazione soggetti di diritto privato, continua ad applicarsi l’art. 3,
quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, e successive
modificazioni, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la
loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla

L2

diritto privato (ovvero prima del 23 maggio 1998) sono inapplicabili le

data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368”,
ha un valore meramente confermativo della inapplicabilità ai rapporti in
esame delle norme in tema di rinnovi dei contratti a tempo determinato,
dovendosi intendere tale termine riferito alla continuazione del rapporto di
lavoro dopo la sua scadenza e per un periodo superiore a quello indicato
scadenza del periodo minimo fissato dalla legge, nonché, infine, il
fenomeno delle assunzioni successive alla scadenza del termine e senza
soluzione di continuità. L’art. 3 non riguarda invece i vizi afferenti alla
mancanza dell’atto scritto e alla insussistenza delle ipotesi tipiche ovvero
delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
che legittimano l ‘apposizione del termine.
Al giudice di rinvio è demandata anche la regolamentazione delle spese
della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014
Il Consigliere est

ridente

dal legislatore, la riassunzione del lavoratore effettuata prima della

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