Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10123 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. III, 09/05/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 09/05/2011), n.10123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7079/2007 proposto da:

C.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio dell’avvocato RUSSO

Andrea, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

SARP ASSIC SPA IN LCA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA

Giorgio, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

D.G., INA ASSITALIA S.P.A., DUOMO UNI ONE

ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 10114/2007 proposto da:

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato UMBRO

FRANCA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

C.A., C.M.C. quali unici figli ed

eredi legittimi del Sig. C.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio

dell’avvocato RUSSO ANDREA, che li rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

INA ASSITALIA S.P.A., SARP ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A., DUOMO UNI

ONE ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 23642/2007 proposto da:

C.M.C. (OMISSIS), C.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CASTRO

PRETORIO 122, presso lo studio dell’avvocato RUSSO ANDREA, che li

rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

SARP ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A., D.G., INA

ASSITALIA S.P.A., DUOMO UNI ONE ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 25858/2007 proposto da:

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato UMBRO

FRANCA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

C.A., C.M.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio

dell’avvocato RUSSO ANDREA, che li rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

SARP ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A., INA ASSITALIA S.P.A., DUOMO UNI

ONE ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 130/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Terza Civile, emessa il 20/9/2005, depositata il 10/01/2006,

R.G.N. 11292/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/03/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato ANDREA RUSSO;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega dell’Avvocato GIORGIO

SPADAFORA;

udito l’Avvocato STEFANO FURELLI per delega dell’Avvocato FRANCA

UMBRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso previa riunione, per

inammissibilità del 2^ ricorso principale e del 2^ ricorso

incidentale, rigetto del 1^ ricorso principale con assorbimento del

1^ ricorso incidentale, condanna la parte ricorrente e spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. Nel gennaio del 1998 D.G. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma C.S. e la Maeci Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a., quale sua assicuratrice per la r.c.a., per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di un sinistro stradale.

Oltre alla Maeci che contestava l’avversa domanda, si costituiva il C. svolgendo nella comparsa di costituzione a sua volta domanda riconvenzionale contro il D. per ottenere, nel presupposto della sua responsabilità nella causazione del sinistro, il risarcimento dei danni, chiedendo autorizzarsi la chiamata in causa dell’assicuratrice per la r.c.a. del D., Sarp in l.c.a.

e dell’Assitalia, quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, nonchè la rimessione dell’intera causa al Tribunale di Roma competente per valore sulla riconvenzionale.

Il Giudice di Pace, con sentenza del luglio 1998, declinava la competenza a favore del Tribunale di Roma.

p. 2. Con atto di citazione in riassunzione (a quel che sembrerebbe suggerire la sentenza impugnata dopo esperimento di regolamento di competenza davanti a questa Corte) il C., tramite il difensore che lo aveva rappresentato davanti al Giudice di Pace che dichiarava di agire “giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta avanti al Giudice di Pace previamente adito”, riassumeva il giudizio davanti al Tribunale di Roma contro il D., evocando direttamente sia la Sarp sia l’Assitalia. Il Tribunale ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Maeci e, quindi, procedeva all’istruzione della causa mediante gli interrogatori delle parti, prove testimoniali, richiesta di informazioni ai vigili urbani ed espletamento di consulenza medico- legale sulla persona del C..

All’esito, con sentenza del settembre 2002, il Tribunale, previo rilievo che il C. non aveva prodotto in giudizio nè con la citazione in riassunzione nè successivamente la procura alle liti e nemmeno la comparsa di risposta depositata davanti al giudice di pace, dichiarava la contumacia del medesimo e l’improcedibilità della domanda riconvenzionale del medesimo. Provvedeva, quindi, sulla domanda del D. e, applicata la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, sull’assunto che l’esperita istruzione non aveva consentito la ricostruzione della dinamica del sinistro, condannava in solido il C. e la Maeci al risarcimento della metà dei danni sofferti dal D..

p. 3. La sentenza veniva appellata in via principale dal C. e in via incidentale dal D. ed entrambi gli appelli venivano rigettati dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 10 gennaio 2006.

p. 4. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione iscritto al n. 7079 r.g. del 2007 il C. sulla base di quattro motivi, contro il D., la Sarp Assicurazioni s.p.a. in l.c.a. e l’INA Assitalia s.p.a. (quale incorporante l’Assitalia-Le Assicurazioni d’Italia s.p.a.), e nei confronti della Duomo Uni One Assicurazioni s.p.a. (incorporante per fusione la Maeci Assicurazioni s.p.a. e già Duomo Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a. (così costituita in appello).

Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi la Sarp e il D., il quale ha anche svolto ricorso incidentale condizionato, cui hanno resistito con controricorso, qualificandosi come unici eredi legittimi di C.S., i figli C.A. e C.M.C., i quali hanno allegato e documentato che la moglie del de cuius, L.M.G. ha rinunciato all’eredità.

Costoro hanno anche proposto sempre nella detta qualità un nuovo ricorso, identico a quello del de cuius, iscritto al n.r.g. 23642 del 2007. A tale ricorso ha resistito con controricorso il D’Andria, svolgendo ricorso incidentale condizionato, cui i germani C. hanno replicato con controricorso di identico tenore.

In relazione al ricorso iscritto al n.r.g. 7079 del 2007, sono state depositate memorie da parte dei detti germani e della Sarp.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Preliminarmente entrambi i ricorsi incidentali condizionati vanno riuniti al ricorso principale in seno al quale ognuno è stato proposto.

Vanno, quindi, riuniti i due ricorsi principali, in quanto proposti avvero la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

p. 2. Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione – proposta dal D. nel suo controricorso – di inammissibilità del ricorso principale dei germani C., nella loro qualità di successori in universum jus del defunto ricorrente principale C.S..

Il ricorso è inammissibile ma per ragioni diverse da quelle prospettate dal D..

A. e C.M.C. avevano già fatto valere la loro posizione di successori a titolo universale del loro genitore – deceduto dopo la notificazione del ricorso iscritto al n.r.g. 7079 del 2007 – proponendo tempestivo controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato del D.. Nel detto controricorso avevano già manifestato la loro qualità di successori a titolo universale, documentandola, e lo avevano fatto, com’è necessario con un atto del procedimento notificato alle controparti ed addirittura tipico, qual è il controricorso. Ne consegue che essi non avevano alcuna necessità di manifestare la loro legittimazione di successori a titolo universale con un nuovo ricorso, come hanno fatto, ancorchè riproponendo gli stessi motivi del ricorso del loro de cuius e, quindi, non esercitando il diritto di impugnazione in modo innovativo.

Questo nuovo ricorso, ancorchè superfluamente ripropositivo dei motivi di ricorso del genitore defunto, sarebbe stato rituale, ove essi non avessero avuto occasione di poter replicare con controricorso al ricorso incidentale condizionato del D., ove cioè non avessero avuto come mezzo, per intervenire nel processo di cassazione in prosecuzione spendendo la loro legittimazione di successori a titolo universale, il controricorso. Avendo avuto tale possibilità ed avendola anzi sfruttata, il ricorso nuovamente proposto, per quanto non innovativo e, quindi, sostanzialmente non costituente nuovo atto di esercizio del diritto di impugnazione e, come tale non ricadente nell’ambito del c.d. principio di consumazione del diritto di impugnazione (come postulato dal D. nel controricorso e ricorso incidentale condizionato avverso il loro ricorso, iscritto al n. 23642 r.g. del 2007), si presenta inammissibile come atto di intervento nel processo di cassazione per manifestare la qualità di successori a titolo universale per assoluta carenza di interesse.

p. 2.1. A giustificazione di tali conclusioni, va ricordato che nella giurisprudenza della Corte si è ritenuto che “Nel giudizio di cassazione, essendo ininfluente la sopravvenuta morte della parte, coloro che intendano prendervi parte, in proprio nome e nella qualità di eredi, possono farlo con atto di intervento o con ricorso, ma mai con comparsa di costituzione, non prevista per siffatto procedimento, e previo rilascio di apposita procura notarile, stante la perdurante valenza del mandato rilasciato dall’originario ricorrente. Ne consegue che la costituzione in qualità di eredi nel giudizio di cassazione a mezzo di deposito di comparsa di costituzione è nulla, ed inidonea a far assumere a questi la qualità di parte, come pure non può ritenersi legittimamente effettuata l’attività processuale svolta da tali soggetti (come nella specie) ai fini della integrazione del contraddittorio” (Cass. n. 4233 del 2007; in senso conforme Cass. n. 21833 del 2010).

p. 2.2. Questo principio si presta alla formulazione di alcune precisazioni.

Fermo che la disciplina della prosecuzione del giudizio da parte del successore a titolo universale ai sensi dell’art. 110 c.p.c., non può essere ritenuta incompatibile con il giudizio di legittimità, in mancanza di norme che espressamente la escludano e di una incompatibilità con le forme del processo di cassazione, si deve rilevare che le modalità della prosecuzione e, quindi, dell’ingresso del successore a titolo universale debbono adeguarsi alle forme de quibus considerate in relazione al profilo funzionale della prosecuzione, che è quello di apportate un elemento di novità sul piano soggettivo.

Sotto il primo profilo, va considerato che il giudizio di cassazione, carente sostanzialmente di una fase di istruzione, si svolge, salva la possibilità di interloquire nella discussione in pubblica udienza (o di essere ascoltati nell’adunanza in Camera di consiglio), attraverso atti tipizzati, il ricorso ed il controricorso e, quindi, le memorie.

Solo i primi due atti introducono gli elementi sui quali si deve svolgere il giudizio, mentre le memorie hanno valore soltanto illustrativo (anche se possono essere utilizzate per dedurre fatti sopravvenuti).

Del ricorso e del controricorso è prevista la notificazione in funzione dell’assicurazione del contraddittorio. Delle memorie solo il deposito.

Sulla base di questi dati, si deve osservare che l’entrata nel processo di cassazione degli eredi della parte deceduta o cessata, concretandosi in un apporto innovativo sotto il profilo soggettivo consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria, allorquando riguardi una parte già costituitasi con il deposito del ricorso o del controricorso, deve avvenire, per l’ovvia esigenza di assicurare una forma simile a quella del ricorso e del controricorso, cioè degli atti che introducono gli elementi sui quali si deve svolgere il giudizio, mediante un atto che, assumendo la natura sostanziale di atto di intervento, dev’essere partecipato alla controparte mediante notificazione. Ciò, in vista dell’assicurazione del contraddittorio della controparte sulla nuova manifesta legittimazione. Non è possibile ritenere, invece, che l’intervento abbia luogo mediate il semplice deposito di un atto nella cancelleria della Corte, come per le memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., e per quelle di cui all’art. 380 bis c.p.c., in quanto l’attività che si compie con tali atti non è innovativa.

Inoltre, nel regime dell’art. 83 c.p.c., anteriore alla modifica operata dalla L. n. 69 del 2009, ma non diversamente in quello da essa risultante, il conferimento di una nuova procura a difensore iscritto nell’albo speciale può avvenire con rilascio nello stesso atto di intervento, posto che l’art. 83, comma 1, nell’una come nell’altra versione, consentiva e consente che la procura venga rilasciata nell’atto di intervento. In alternativa il mandato speciale è conferibile mediante atto notarile.

E’ da dire, altresì, che una costituzione irrituale quanto alla mancanza di attivazione del contraddittorio mediante notificazione, ove le controparti costituite non formulino eccezioni, potrà considerarsi valida per sanatoria.

Quanto osservato comporta, altresì, che, se l’evento che fa venir meno la parte ricorrente – come nella specie – si verifica in un momento nel quale il successore può utilizzare per manifestare la sua legittimazione di successore in universum jus attraverso un atto tipico di esercizio del contraddittorio nel processo di cassazione, il quale dev’essere notificato alla controparte, come un controricorso avverso il controricorso e ricorso incidentale del resistente al ricorso principale, la manifestazione di detta legittimazione può e deve avvenire con il detto controricorso, con la conseguenza che non è necessario che il successore notifichi un nuovo ricorso di identico tenore di quello del suo dante causa e che, se la legittimazione sia stata manifestata con il controricorso, il nuovo ricorso, in quanto diretto a nuovamente manifestare l’acquisita legittimazione in successione è carente di interesse e dev’essere dichiarato inammissibile.

Da tanto discende che il ricorso principale iscritto al n.r.g. 23642 del 2007 dev’essere dichiarato inammissibile. Il ricorso incidentale condizionato avverso di esso proposto resta assorbito.

p. 3. Con il primo motivo del ricorso principale n. 7079 r.g. del 2007 si deduce “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla mancata acquisizione, ex art. 126 disp. att. c.p.c., del fascicolo d’ufficio del procedimento innanzi al Giudice di Pace oggetto di riassunzione e conseguente pronuncia di improcedibilità della domanda del sig. C.”, nonchè “violazione e falsa applicazione dell’art. 126 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Vi si censura la sentenza impugnata per avere considerato corretta la decisione con cui il Tribunale aveva dichiarato improcedibile la domanda riconvenzionale del C. per mancata dimostrazione dell’esistenza di una procura in capo al difensore, in ragione della mancata produzione della comparsa di costituzione davanti al Giudice di Pace, alla quale si era fatto riferimento nella citazione in riassunzione.

La Corte d’Appello sarebbe pervenuta a tale conclusione erroneamente, perchè non avrebbe considerato, come del resto lo stesso Tribunale, che, ai sensi dell’art. 126 disp. att. c.p.c., è il cancelliere dell’ufficio davanti al quale avviene la riassunzione a dover richiedere immediatamente il fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice che ha precedentemente conosciuto della causa, onde, trovandosi la comparsa di costituzione dinanzi al Giudice di Pace nel fascicolo d’ufficio di quel giudice, non sarebbe stato onere del C. produrla davanti al tribunale e, quindi, la mancata trasmissione non poteva comportare conseguenze a carico del medesimo.

Se il fascicolo d’ufficio fosse stato acquisito dal cancelliere del Tribunale, la improcedibilità rilevata da quest’ultimo non si sarebbe verificata.

Tale mancata acquisizione potrebbe essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione viene citata giurisprudenza della Corte e nella specie sarebbe scrutinabile sia come vizio di motivazione, sia come vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

p. 3.1. Con il secondo motivo si deduce “nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato di cui all’art. 112 c.p.c., e conseguente omessa pronunzia sulla necessità di applicazione dell’art. 126 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, sotto il profilo che la Corte territoriale, pur essendo stata dedotta come motivo di appello l’inosservanza dell’art. 126 citato, avrebbe omesso di pronunciare su di essa.

p. 3.2. Con il terzo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e art. 182 c.p.c., e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè contraddittorietà, insufficiente e/o omessa motivazione sui punti della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”; “omessa motivazione su punto decisivo della controversia relativo alla mancata prova del conferimento della procura in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Si addebita alla sentenza impugnata di avere avallato il mancato esercizio da parte del Tribunale del potere di invitare, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., alla regolarizzazione della costituzione mediante invito a depositare la copia della comparsa di costituzione davanti al Giudice di Pace, recante la procura. Erroneamente la Corte capitolina avrebbe evocato il carattere discrezionale del potere di cui a detta norma. Al riguardo, si invoca Cass. n. 10382 del 1998, adducendo che la discrezionalità del potere de quo non sussisterebbe nel caso in cui si sia trattato di omesso deposito della procura generale ad lites richiamata nell’atto introduttivo del giudizio. Del tutto contraddittoriamente e con sostanziale discriminazione, inoltre, il Tribunale, all’udienza del 6 maggio 1999, avrebbe invece invitato il D. a ricostituire il suo fascicolo di parte.

La violazione delle norme dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., viene argomentata sostenendo che l’esistenza della procura conferita dal C. doveva reputarsi accertata dalla sentenza del Giudice di Pace, che dava conto della costituzione del medesimo mediante il legale cui la procura era stata conferita.

p. 3.3. Con il quarto motivo – che è espressamente indicato come assorbito nel caso di accoglimento degli altri e, quindi, è proposto solo subordinatamente – si censura la statuizione della Corte d’Appello secondo cui “quanto alle domande qui reiterate dall’appellante, la preclusione già verificatasi e la irritualità delle prove raccolte in primo grado dalla parte poi dichiarata contumace, produce effetti anche nel giudizio di impugnazione ex art. 345 c.p.c., per il carattere di novità e il divieto di rinnovare in appello i mezzi istruttori esauriti”.

Riguardo all’affermazione relativa alle domande il motivo sostiene che le domande proposte davanti al Giudice di Pace non potevano essere considerate nuove, essendo il giudizio davanti al Tribunale una prosecuzione dell’originario giudizio.

Rispetto a quella concernente l’irritualità delle prove, si assume se ben si comprende – che le prove, una volta assunte, non sono più mezzi istruttori della parte, ma disposti dal giudice e, quindi, acquisiti al giudizi, tanto che i mezzi di prova da cui è decaduta la parte che li ha dedotti, possono essere assunti su istanza della controparte.

Dopo di che si argomenta che, se la Corte territoriale avesse valutato le prove assunte in primo grado, non avrebbe applicato la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, ed all’uopo si riproducono brani di tre testimonianze, sostenendo che esse, unitamente ad un grafico cui pure si fa riferimento avrebbero evidenziato, in ragione della posizione delle autovetture, la responsabilità esclusiva del D..

p. 4. E’ logicamente preliminare l’esame del secondo motivo, poichè con esso si imputa alla Corte capitolina di avere omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui si era lamentato che erroneamente il Tribunale avesse omesso di acquisire, com’era doveroso, il fascicolo d’ufficio del Giudice di Pace al fine di controllare la sussistenza della costituzione del C. nella comparsa di costituzione davanti a quel giudice.

Il motivo è preliminare al primo, perchè i vizi denunciati con quest’ultimo possono essersi verificati solo se la questione su cui il secondo lamenta l’omessa pronuncia dovesse rivelarsi infondata, cioè solo se la Corte d’Appello avesse esaminato il motivo con cui si postulava la doverosità dell’acquisizione del fascicolo da parte del Tribunale.

Il motivo è autosufficiente, al contrario di quanto del tutto infondatamente ha sostenuto la Sarp nel suo controricorso, adducendo che il ricorrente non avrebbe indicato in quale parte dell’atto di appello avrebbe dedotto il motivo su cui sarebbe stata omessa la pronuncia: invero, nella seconda metà della pagina 11, sotto la lettera b) e fino all’inizio della pagina 12, il ricorrente ha riportato in corsivo il motivo di appello con cui lamentava che il fascicolo d’ufficio del Giudice di Pace doveva essere acquisito dal cancelliere del Tribunale e che pertanto la responsabilità della mancata acquisizione non poteva essere posta a suo carico. La stessa sentenza espressamente riferisce che il secondo motivo d’appello lamentava l’inosservanza dell’art. 126 disp. att. c.p.c..

Ciò chiarito, il motivo è fondato, perchè effettivamente la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare sul motivo di appello con cui si era lamentata la mancata osservanza della citata norma.

In nessuna parte della motivazione della sentenza impugnata il motivo è esaminato ed anzi l’art. 126, risulta assolutamente ignorato e nessun accenno vi si fa.

La sentenza impugnata, dev’essere, dunque, cassata e dovrebbe disporsi il rinvio perchè l’indicato motivo sia esaminato.

p. 5. Deve passarsi a questo punto all’esame del primo motivo, il quale – ancorchè la Corte territoriale non abbia potuto commettere l’errore con esso denunciato, posto che avrebbe potuto commetterlo solo se avesse esaminato il motivo di appello di cui ha omesso l’esame – bene ha potuto essere prospettato nella sostanziale implicita prospettazione che detto motivo avrebbe dovuto giudicarsi fondato ed essere accolto dalla Corte d’Appello ed ora può esserlo da questa Corte, della quale – ancorchè non lo sì dica – si invoca sostanzialmente una decisione parziale sul merito riguardo al motivo in discorso, cioè una decisione che effettivamente, cassando la sentenza di primo grado, affermi che il Tribunale, postosi il problema della mancata produzione della procura richiamata nell’atto di riassunzione, avrebbe dovuto ordinare alla propria cancelleria di acquisire il fascicolo dalla cancelleria del Giudice di Pace, al fine di poter esaminare la comparsa di costituzione a suo tempo depositata da C.S..

p. 5.1. Il primo motivo è anzitutto ammissibile, ancorchè prospettato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè del n. 4 di tale norma, come avrebbe dovuto farsi, trattandosi di violazione di norma del procedimento, e nonostante superfluamente evochi anche un vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (senza considerare che all’interno dell’art. 360, n. 4, è compreso anche il vizio di motivazione relativo agli elementi di fatto per l’applicazione della norma processuale: per tutte Cass. (ord.) n. 13194 del 2008 e (ord.) n. 4329 del 2009). L’illustrazione del motivo, infatti, consente di percepire esattamente l’ambito cui dev’essere ricondotto. E’ pertanto, infondata l’eccezione di inammissibilità prospettata dalla Sarp. p. 5.2. Il motivo è fondato.

Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado hanno ignorato l’art. 126 disp. att. c.p.c., la cui corretta applicazione avrebbe imposto al Tribunale – una volta che, rimessa in decisione la causa dopo lo svolgimento di tutta l’istruzione, aveva ritenuto di porsi il problema della mancata dimostrazione del jus postulandi in capo al legale che aveva dichiarato di agire richiamando nella citazione in riassunzione la procura a margine della comparsa di costituzione davanti al Giudice di Pace – di ordinare alla cancelleria l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, nel quale quell’atto doveva essere contenuto.

Ciò, alla luce, oltre che dell’unica esegesi possibile dell’art. 126, di per sè considerato, anche sulla base – in assenza di precedenti diretti sul detto art. 126, nella giurisprudenza di questa Corte – degli insegnamento di quest’ultima in punto di esegesi di una norma sostanzialmente omologa, quale l’art. 347 c.p.c., in tema di giudizio di appello.

Anche questa norma prevede, in relazione al fenomeno della impugnazione davanti al giudice d’appello della decisione di primo grado, che il fascicolo del giudice di questo grado debba essere acquisito ad iniziativa doverosa del cancelliere del giudice dell’appello.

In riferimento all’art. 347 c.p.c., l’esegesi relativa all’apprezzamento dell’inosservanza del dovere officioso di acquisizione del fascicolo che incombe sul cancelliere, ma di riflesso sul giudice, cui compete di controllare se la cancelleria abbia assolto i suoi compiti, affinchè dalla mancata assoluzione e, quindi, dall’inosservanza di una forma del procedimento che era compito del cancelliere assicurare sia potuta derivare una nullità (l’art. 162 c.p.c., comma 2, è rivelatore del fatto che una nullità può derivare da comportamento del cancelliere o dell’ufficiale giudiziario, cioè dei due ausiliari necessari dell’ufficio del giudice), l’esegesi di questa Corte è consolidata nei termini seguenti, che esprimono una regola, sostanzialmente applicativa del principio del raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c., per cui la mancata acquisizione non è di per sè fonte di nullità ma lo diventa se a fini decisoli da essa siano fatte derivare conseguenze negative per la parte. E ciò, proprio perchè la mancata acquisizione e, quindi, l’inosservanza della relativa prescrizione formale, non ha consentito il raggiungimento dello scopo suo proprio, che è quello di consentire l’esame degli atti contenuti nel detto fascicolo.

Si vedano: Cass. n. 12769 del 11992, secondo cui: “L’inosservanza da parte del cancelliere del giudice d’appello dell’obbligo previsto dall’art. 347 cod. proc. civ., di richiedere al cancelliere del giudice a quo la trasmissione del fascicolo d’ufficio, non comporta la nullità del procedimento, ma il potere del giudice d’appello di disporre l’acquisizione di detto fascicolo fino al momento della decisione della causa ed anche dopo la discussione, senza necessità di far ricorso ad apposito provvedimento ordinatorio. Tale acquisizione costituente di regola esercizio di un potere discrezionale del giudice, diviene atto dovuto qualora l’esame del fascicolo di primo grado si renda necessario ai fini della decisione della causa”; Cass. n. 10935 del 1993, secondo la quale: “L’omessa acquisizione, in sede di gravame, del fascicolo di ufficio di primo grado, la cui trasmissione è regolata dall’art. 347 cod. proc. civ., comma 3, non determina improcedibilità dell’appello; mentre può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione soltanto nel caso in cui si adduca che il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi idonei a suffragare una diversa soluzione su uno o più punti controversi della causa”; Cass. n. 6910 del 1998 e n. 7237 del 2006, secondo le quali:

“L’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 cod. proc. civ., è affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione, con la conseguenza che l’omessa acquisizione non determina improcedibilità dell’appello;

mentre può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione soltanto nel caso in cui si adduca che il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi idonei a suffragare una diversa soluzione su uno o più punti controversi della causa”; Cass. n. 8849 del 2004 e n. 6439 del 2009, secondo le quali “L’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 cod. proc. civ., è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione, per cui, se l’acquisizione non è disposta, non perciò è nullo il procedimento di appello o la sentenza che lo definisce. Tuttavia detta mancanza può costituire motivo di ricorso per cassazione se il ricorrente deduce che da detto fascicolo il giudice avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi su uno o più punti controversi della causa, non rilevabili aliunde, e li indica specificatamente”; Cass. n. 18006 del 2004, secondo cui: “L’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 cod. proc. civ., è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione; ne consegue che la sua mancata acquisizione non vizia nè il procedimento di secondo grado, nè la relativa sentenza. Detta mancanza, tuttavia, può costituire motivo di ricorso per cassazione se il ricorrente deduce che da detto fascicolo il giudice avrebbe potuto trarre elementi tali da giustificare una diversa soluzione della controversia”.

Si aggiunga che Cass. n. 19142 del 2005 ha precisato che “In mancanza di reperimento del fascicolo di ufficio del primo grado il giudice d’appello – salvo il caso che i fatti processuali del giudizio di primo grado siano pacifici – deve concedere un termine per la sua ricostruzione e l’omissione di un tale provvedimento può tradursi in un vizio della sentenza deducibile in sede di impugnazione per cassazione in quanto comportante la menomazione del diritto di difesa e il difetto di motivazione”.

5.3. I principi emergenti dalla giurisprudenza sopra riportata sono perfettamente sovrapponibili al caso della mancata osservanza da parte del cancelliere della norma dell’art. 126 disp. att. c.p.c., attesa l’assoluta omologia del profilo funzionale dell’acquisizione del fascicolo nell’uno e nell’altro caso.

Il principio di diritto che viene in rilievo è, dunque, il seguente:

“Qualora il giudice della riassunzione di un giudizio proveniente da altro giudice rilevi che la sua cancelleria abbia omesso di richiedere alla cancelleria del giudice a qua il fascicolo d’ufficio, come prescrive l’art. 126 disp. att. c.p.c., e la mancanza di tale fascicolo abbia assunto rilievo perchè la parte ha fatto riferimento nel giudizio di riassunzione ad un atto presente in esso o che dovrebbe esservi, il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri di controllo sull’operato del cancelliere deve ordinare alla cancelleria di acquisire il fascicolo e non può invece trarre conseguenze negative a carico della parte da tale mancata acquisizione in ragione della mancanza dell’atto”.

Al riguardo, nel caso di specie assumeva rilevanza un atto – la comparsa di costituzione davanti al Giudice di Pace, a margine del quale era stata rilasciata la procura richiamata nella citazione in riassunzione – che doveva o comunque poteva trovarsi nel fascicolo d’ufficio, atteso che davanti al giudice di pace non è prevista (non diversamente da come non lo era davanti ai conciliatori e ai pretori) la formazione di fascicoli di parte e gli atti relativi alla costituzione ed i documenti vengono inseriti nel fascicolo d’ufficio (art. 319 c.p.c., comma 1 e art. 320 c.p.c., u.c.), ancorchè sia prassi informale – ma priva di rilievo – la formazione comunque di fascicoli di parte all’interno del fascicolo d’ufficio. E considerato, altresì, che l’art. 319 c.p.c., comma 1, nei giudizi davanti al Giudice di Pace prevede che all’atto della costituzione la parte debba depositare, quando occorra (cioè quando non sta in giudizio personalmente) la procura, il che significa che, quando essa è conferita sulla citazione o sulla comparsa e non separatamente, il deposito avviene tramite quello dell’atto su cui è stata apposta.

Il primo motivo è, pertanto, accolto e la sentenza cassata là dove non ha censurato come prospettava il secondo motivo di appello – l’omissione da parte del Tribunale dell’acquisizione del fascicolo.

Tale censura, non occorrendo accertamenti di fatto, dovrebbe comportare consequenzialmente la decisione sul merito riguardo al secondo motivo di appello, che dovrebbe essere accolto con dichiarazione, in riforma della sentenza di primo grado, che il Tribunale, una volta postosi il problema della dimostrazione dell’esistenza della procura in capo al difensore del C., costatata la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio del Giudice di Pace, avrebbe dovuto ordinare alla cancelleria, previa rimessione della causa sul ruolo, di acquisirlo. E ciò, al fine di poter constatare la presenza della comparsa recante la procura. In ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, nell’esercizio dei poteri di rinnovazione degli atti nulli, la Corte territoriale dovrebbe in sede di rinvio come avrebbe dovuto fare all’atto in cui era stata investita dell’appello – provvedere all’attività omessa dal Tribunale ed ordinare, quindi, l’acquisizione del fascicolo, salvo che come si dirà – essa non dovesse risultare più necessaria per avere il C. prodotto l’atto contenente la procura.

p. 6. Anche il terzo motivo è fondato quanto alla prima censura, quella di mancato riconoscimento che il Tribunale avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 1.

Queste le ragioni.

E’ innanzitutto da rilevare che è principio di diritto consolidato che, allorquando il giudizio venga riassunto davanti ad altro giudice la parte costituita con un difensore nel giudizio a quo, tanto se si tratti di quella che compia l’atto di riassunzione quanto se si tratti di quella che si costituisca a seguito di essa, può farlo tramite il difensore che aveva nominato davanti al primo giudice e senza che esso abbia bisogno di una nuova procura, in quanto, essendo il giudizio in riassunzione prosecuzione del primo giudizio, il ministero di quel difensore conserva piena efficacia. Ne consegue che nell’atto di riassunzione o nell’atto di costituzione quel difensore bene può richiamare come giustificativo del suo jus postulandi la procura conferitagli davanti al primo giudice.

E’ stato così più volte affermato, a conferma di tale principio, sia pure in ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo e di successiva riassunzione davanti allo stesso giudice, che “L’art. 125 disp. att. cod. proc. civ., n. 2, prescrive che l’atto di riassunzione deve contenere il nome delle parti e dei loro difensori con procura, e non anche che in calce o a margine di esso debba essere apposta altra procura. Il conferimento di un nuovo mandato non è, pertanto, necessario qualora la riassunzione avvenga entro l’anno dalla cancellazione della causa dal ruolo, rimanendo il processo in vita in virtù della domanda originaria” (Cass. n. 6888 del 1987; in senso conforme, anteriormente: Cass. n. 2098 del 1985; n. 6003 del 1981; n. 1353 del 1972; n. 671 del 1971). Lo stesso principio della persistente validità della procura è affermato per la riassunzione del giudizio dopo cassazione con rinvio (da ultimo Cass. n. 7983 del 2010) e – con riferimento al caso cui è riconducibile la vicenda in esame – per la riassunzione a seguito di declaratoria di incompetenza (ex multis, già Cass. n. 2745 del 1979; adde: Cass. n. 9890 del 1998).

Se è indubitabile che nè l’atto di riassunzione nè quello di costituzione del convenuto in riassunzione necessitano di una nuova procura, apposta su di essi o rilasciata con atto separato (a meno che non sia un diverso difensore a compierli), è, tuttavia, altrettanto indubbio che all’atto della riassunzione chi vi procede (sia esso l’attore o il convenuto del giudizio a quo), allorquando essa deve avvenire davanti ad altro giudice (come nei casi di dichiarazione di incompetenza), essendo necessaria a differenza dell’ipotesi di riassunzione davanti allo stesso giudice dopo cancellazione dal ruolo (nella quale una nuova iscrizione non è necessaria) – una nuova iscrizione a ruolo e, quindi, una costituzione, deve provvedere alle attività che davanti al giudice della riassunzione comporta la costituzione.

Assumendo chi riassume la causa la posizione almeno formale dell’attore, se la riassunzione – come nella specie – avviene davanti al tribunale, egli è tenuto agli oneri imposti dall’art. 165 c.p.c., e, quindi, fra questi al deposito della procura, che, quando l’atto di riassunzione richiama una procura rilasciata in calce o a margine dell’atto di costituzione davanti al giudice a quo, dev’essere, dunque, prodotta con la produzione o dell’originale o di copia di quell’atto in calce o a margine del quale era stata rilasciata. La produzione dell’originale sarà possibile se, trattandosi di procedimento davanti al tribunale, dopo la decisione da parte di quel giudice, il fascicolo di parte in cui trovavasi l’originale sia stato ritirato, mentre quella della copia sarà possibile nel caso che il giudice a quo sia un giudice di pace e l’originale si trovi nel fascicolo d’ufficio (sempre che non sia stato facoltativamente e di fatto formato un fascicolo di parte ed esso sia stato ritirato).

Costituendosi in giudizio davanti al Tribunale, il C., all’atto di depositare la citazione in riassunzione (avente valore di comparsa ai sensi dell’art. 125 c.p.c.) aveva certamente l’onere, ai sensi dell’art. 165 c.p.c., di depositare o la copia della citazione davanti al Giudice di Pace di Roma, se l’originale trovavasi nel fascicolo d’ufficio di quel giudice, o lo stesso originale se esso era stato ritirato con il fascicolo di parte di fatto formato (cosa allegata dal ricorrente nel ricorso per cassazione, che parla di fascicolo di parte del giudizio dinanzi al Giudice di Pace, depositato davanti alla corte d’Appello).

L’omesso deposito, una volta constatato dal Tribunale, avrebbe potuto, tuttavia, essere supplito innanzitutto dalla (non disposta) acquisizione del fascicolo d’ufficio del Giudice di Pace, ove in esso fosse stata presente la comparsa di costituzione recante la procura.

Oppure, nel caso di mancanza di tale acquisizione, come accaduto nella specie, attraverso il doveroso esercizio da parte del Tribunale del potere di invitare a regolarizzare la costituzione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., comma 1. Ciò si sarebbe dovuto fare in via preliminare da parte del Tribunale, ma il non averlo fatto quel giudice in limine litis non escludeva che l’obbligo di applicare la norma si configurasse all’atto della rimessione in decisione della causa, cioè nel momento in cui il rilievo della mancanza di produzione della procura veniva formulato. La causa si sarebbe dovuta rimettere sul ruolo con invito al C. a produrre l’originale o la copia della comparsa recante la procura.

Non avendolo fatto il Tribunale, la Corte d’Appello, investita della censura di violazione dell’art. 182 c.p.c., con il terzo motivo di appello, avrebbe dovuto accoglierla e, constatato che il C. aveva prodotto in appello il fascicolo del giudizio davanti al Giudice di Pace (siccome si assume a pagina diciannove del ricorso, fascicolo prodotto in una con il ricorso in cassazione anche in questa sede di legittimità, nel rispetto della norma di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), recante – come in effetti reca – la comparsa di costituzione con la procura, avrebbe dovuto rilevare l’inutilità, in ragione della spontanea attività produttiva del C., di formulare essa l’invito a regolarizzare la costituzione.

Invero, allorquando il giudice civile constati un difetto della costituzione sotto il profilo della mancanza della produzione della procura invocata, come se si assuma nell’atto di costituzione l’esistenza di una procura speciale rilasciata per atto separato di una procura generale oppure se si evochi una procura rilasciata all’atto della costituzione davanti ad altro giudice della cui attività processuale quella in cui il difetto di costituzione viene rilevato costituisca la prosecuzione, come nel caso di giudizio riassunto da giudice a quo o di giudizio di impugnazione, si realizza certamente l’ipotesi supposta dall’art. 182 e, pertanto, il giudice, se rileva la difettosità della costituzione sotto tale profilo, è tenuto a formulare l’invito alla regolarizzazione, perchè detta norma prevede che egli abbia il dovere di farlo.

Ciò è stato ritenuto per l’ipotesi di procura rilasciata in primo grado che nell’atto di appello o nella comparsa di costituzione in appello si assuma abilitare alla proposizione dell’impugnazione e a resistervi. Si veda Cass. n. 3342 del 1982, secondo cui: “Qualora la procura al difensore dell’appellante sia stata rilasciata in calce alla copia notificata della citazione di primo grado, con espressa estensione al giudizio di secondo grado, e l’atto di gravame ne faccia precisa menzione, il suo mancato inserimento nel fascicolo dell’appellante medesimo, tempestivamente presentato a norma dell’art. 348 cod. proc. civ., comma 2, non comporta l’improcedibilità del gravame ove sia suscettibile di successiva regolarizzazione ex art. 182 cod. proc. civ., su invito dell’istruttore (o su iniziativa spontanea della parte), mediante la produzione del fascicolo di primo grado contenente detta copia notificata della citazione introduttiva”. In senso conforme: Cass. n. 6327 del 2006. Anteriormente, con riferimento al rito del lavoro, Cass. n. 3120 del 1986. Si veda anche Cass. n. 466 del 1982, che ha precisato che “La mancata produzione della procura generale ad lites, che sia stata semplicemente enunciata e richiamata, provoca nullità della Costituzione in giudizio soltanto nel caso in cui il giudice istruttore (e, nell’omissione di questi, il collegio, ancorchè in appello) abbia infruttuosamente invitato la parte a produrre il documento mancante”. Si riferisce, invece, ad un caso in cui vi era stata contestazione per il fatto che con l’appello era stata prodotta copia fotostatica di scrittura privata autenticata di rilascio della procura e se ne era esibito l’originale senza depositarlo, nonostante la contestazione della controparte e, quindi, non è eccentrica rispetto all’orientamento riferito, Cass. n. 2476 del 2001.

A proposito della invocazione della procura alle liti generale si veda Cass. n. 13434 del 2002, secondo cui: “In caso di omesso deposito della procura generale alle liti, che sia stata semplicemente richiamata negli atti della parte e la cui necessità è in re ipsa, trattandosi di atto indispensabile per la valida costituzione in giudizio, il giudice non può dichiarare l’invalidità di questa senza aver prima provveduto – in adempimento del dovere impostogli dall’art. 182 cod. proc. civ., comma 1 – a formulare l’invito a produrre il documento mancante”. In senso conforme: Cass. 8435 del 2006; n. 9915 del 2006; n. 3383 del 2008).

Tali principi si debbono senz’altro estendere al caso nel quale nell’atto di riassunzione del giudizio proveniente da altro giudice venga evocata la procura con cui la costituzione avanti ad esso era avvenuta e non venga prodotta o non venga prodotto in originale o in copia l’atto su cui era stata rilasciata, atteso che la ricorre una eadem ratio di disciplina.

Il terzo motivo è, dunque, accolto quanto alla prima censura e la seconda resta assorbita.

L’accoglimento avviene sulla base del seguente principio di diritto:

“Quando nell’atto di riassunzione dopo declinatoria di competenza o nell’atto di costituzione del convenuto in riassunzione viene richiamata dal difensore la procura rilasciatagli nell’atto di costituzione davanti al giudice a qua (oppure la procura rilasciata con atto separato in quel giudizio ed ivi prodotta) e non venga prodotto hi originale o in copia (se l’originale trovasi nel fascicolo d’ufficio del giudice a quo, che la cancelleria ha l’obbligo di acquisire ai sensi dell’art. 126 disp. att. c.p.c.) l’atto contenente la procura o la procura stessa, il giudice della riassunzione è tenuto, ove rilevi tale mancata produzione e, quindi, il difetto della costituzione, a formulare l’invito a regolarizzare la costituzione e non può considerare quest’ultima invalida, e, quindi, contumace la parte in difetto di invito e di ottemperanza ad esso. Il giudice d’appello che sia investito della nullità derivante dalla mancata formulazione dell’invito è tenuto a dichiararla e, quindi, revocata la dichiarazione di contumacia, a rinnovare la decisione se del caso considerando valida l’attività istruttoria del contumace o pure dandovi corso (se ammissibile)”.

p. 6.1. L’accoglimento della prima censura del terzo motivo comporterebbe la cassazione della sentenza con rinvio, perchè la Corte territoriale provveda a consentire la regolarizzazione della costituzione.

Il rinvio non è, però, necessario.

Poichè – come s’è già detto – il C. aveva prodotto in appello la comparsa recante la procura di tale attività e la produzione è stata reiterata in questa sede nel fascicolo di parte (produzione indicata con il n. 6 in chiusura del ricorso: indicazione sufficiente al rispetto del vecchio principio di autosufficienza, mentre non rileva l’art. 366 c.p.c., n. 6, inutilmente evocato dalla Sarp, giusta il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2), il rinvio non è necessario, perchè la Corte è in grado di constatare che attraverso la detta produzione si era determinata in appello una situazione che comunque rendeva inutile il pur doveroso esercizio del potere di cui all’art. 182 c.p.c., comma 1, ed evidenziava che la costituzione del C. appariva spontaneamente regolarizzata.

Stante tale constatazione, che può e deve avvenire d’ufficio, la Corte rileva che si giustifica la cassazione della sentenza impugnata sul punto in cui non ha considerato erronea la mancata applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 1, e, quindi, non ha accolto il terzo motivo di appello, ma, poichè non è necessario che si faccia luogo a tale applicazione nel giudizio di rinvio, direttamente questa Corte può decidere nel merito dell’appello accogliendo detto terzo motivo e, quindi, hi riforma della sentenza di primo grado, constatata la regolarizzazione della costituzione, disporre il rinvio soltanto perchè la Corte territoriale, preso atto che non occorre provvedere alla formulazione in vece del giudice di primo grado dell’invito a regolarizzare la costituzione, perchè la regolarizzazione è avvenuta, provveda, invece, a rinnovare la decisione del primo giudice, considerando il C. costituito in primo grado a tutti gli effetti e non contumace, cioè in quella posizione in cui si sarebbe venuto a trovare se la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182, comma 1, gli fosse stata consentita dal primo giudice.

La nullità della decisione di primo grado determinata dall’erronea considerazione del C. come contumace travolge questa decisione anche quanto alla domanda del D., atteso che l’erronea posizione attribuita al medesimo C. ha determinato una violazione della regola del contraddittorio anche ai fini della decisione resa su quella domanda.

Il giudice di rinvio dovrà, dunque, rinnovare la decisione su entrambe le domande.

p. 7. Il quarto motivo del ricorso iscritto al n. 7079 del 2007 resta assorbito, perchè proposto subordinatamente agli altri.

Il ricorso incidentale condizionato in seno a detto ricorso proposto, proprio perchè la decisione dì primo grado dev’essere rinnovata nella sua interezza, resta assorbito, in quanto la questione con esso prospettata dovrà essere riesaminata.

Il giudice del rinvio provvederà al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce ciascun ricorso incidentale al ricorso principale in seno al quale è stato proposto. Riunisce quindi il ricorso principale iscritto al n. 23642 r.g. del 2007 a quello iscritto al n.r.g. 7079 del 2007. Dichiara inammissibile il ricorso principale iscritto al n. 23642 r.g. del 2007. Dichiara assorbito il correlato ricorso incidentale condizionato. Accoglie il secondo motivo del ricorso n. 7079 del 2007. Accoglie gradatamente il primo motivo e la prima censura del terzo motivo di tale ricorso. Cassa la sentenza in relazione e pronunciando nel merito del terzo motivo di appello, annulla la sentenza di primo grado. Rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione, affinchè la decisione su entrambe le domande proposte dalle parti venga rinnovata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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