Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10121 del 18/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10121 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 22529-2014 proposto da:
BONFIGLIO SANTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
UGO DE CAROLIS, 99, presso lo studio dell’avvocato
PIETRANGELO gARICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIUSEPPE TOMASELLO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata avverso il decreto n. 1434/2014 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 20/06/2014, depositato il 23/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del dì
11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

Svolgimento del processo

Data pubblicazione: 18/05/2015

I. — È stata depositata in cancelleria relazione, resa ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. dv., datata 18.12.13 e regolarmente notificata ai difensori
delle parti, relativa al ricorso avverso il decreto della corte di appello di
Messina n. 1434 cron. del 23.6.14, in causa n. 753/13 r.g., in materia di

«1. — Santo Bonfiglio ricorre, affidandosi ad un motivo, per la
cassazione del provvedimento in epigrafe indicato, con cui è stato
rigettato il suo reclamo avverso il decreto dichiarativo della
inammissibilità della sua domanda ex L. 117/88, dispiegata in relazione
ad ingiusta attività giudiziaria espletata dai giudici del tribunale di
Siracusa, della corte d’appello di Catania e di questa Corte di
Cassazione, da cui era derivata l’ingiusta definitiva reiezione della sua
domanda di risoluzione di preliminare di compravendita di immobile
(appartamento e garage) stipulato con tale Vincenzo Accordino e di
condanna di questi al rilascio ed al pagamento di migliorie od al
risarcimento del danno.
Non resiste con controricorso l’intimata Presidenza.
2. — Di tale ricorso deve proporsi — ai sensi degli artt. 375, 376 e
380-bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis
cod. proc. civ. — la trattazione in camera di consiglio, parendo potervi
essere rigettato.
3. — Il ricorrente si duole di “violazione e falsa applicazione
dell’art. 4 L. n. 117/1988 e degli artt. 391 bis e 324 cpc”,
sostanzialmente sostenendo che il termine decadenziale non era ancora
elasso al momento della notifica dell’atto di citazione ex art. 5 legge 13
aprile 1988, n. 117, dovendo esso decorrere dall’ordinanza con cui
questa Corte di Cassazione aveva definito l’istanza di revocazione della
precedente sua pronunzia di reiezione definitiva del ricorso del
medesimo Bonfiglio. In tal modo — mancando, in violazione dei nn. 3
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azione ex art. 5 legge 117/88, del seguente letterale tenore:

e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., nel ricorso le trascrizioni ed i
riferimenti ai contenuti delle pronunzie dei gradi successivi al primo —
deve ritenersi che il danno che egli lamenta prescinde dal tenore delle
pronunzie successive alla reiezione della sua domanda nei gradi di

cui inferire autonome condotte, proprie di tali ultime, idonee a
determinare il danno) e dà per scontato che esso non sia più
rimediabile in alcuna altra sede se non ai sensi dell’invocata L. n.
117/88.
4. — La tesi del passaggio in giudicato della pronuncia di merito
solo a seguito della reiezione della revocazione avverso il ricorso per
cassazione su quella di secondo grado è infondata.
Per il tenore testuale dell’art. 391-bis, co. 5, cod. proc. civ., “la
pendenza del termine per la revocazione della sentenza della corte di
cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione respinto”: e trattasi di
disposizione che si sottrae a qualunque dubbio di non conformità a
principi di rango costituzionale o sovranazionale cogente, atteso il
carattere primario dell’esigenza di conseguimento della definitività della
pronunzia all’esito di un sistema ordinario ed ordinato di
impugnazioni.
5. — Tale conclusione elide in radice ogni rilevanza del momento
in cui sia esperita un’eventuale revocazione avverso la sentenza di
cassazione che ha definito il giudizio, facendo quest’ultima appunto
passare in giudicato la pronunzia oggetto dell’originario ricorso: il
richiamo del capoverso del citato art. 4 (a mente del quale “l’azione di
risarcimento del danno contro lo stato può essere esercitata soltanto
quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri
rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e
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merito, visto che egli non deduce il tenore di quelle di legittimità (da

comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del
provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia
esaurito il grado del procedimento nell’ambito del quale si è verificato
il fatto che ha cagionato il danno”) attribuisce sì autonoma rilevanza al

come appare chiaro dal tenore letterale della disposizione, se anteriore
all’esaurimento dei mezzi ordinari di impugnazione; mentre tale
esaurimento si ha, per altrettanto espressa disposizione di rito, con il
rigetto del primo ricorso per cassazione, non influendo sul passaggio in
giudicato la successiva revocazione avverso la sentenza di cassazione.
Tale successiva revocazione, insomma, pur essendo questa di norma
un mezzo ordinario di impugnazione, non lo è più — riferita al merito
della controversia — se rivolta avverso la sentenza di cassazione.
6. — Ogni altra considerazione tendente a porre in discussione
consolidati orientamenti ermeneutici in punto di conseguimento della
definitività della pronunzia civile e di consolidamento del giudicato
formale e sostanziale è priva di fondamento: e deve allora rilevarsi che
in modo ineccepibile è stato rilevato dai giudici del merito come il
termine decadenziale previsto dall’art. 4 cit. decorresse dal passaggio in
giudicato della sentenza che definisce il merito della controversia e
fosse quindi inutilmente decorso al momento dell’avvio dell’azione ex
L. 117/88.
7. — Deve pertanto proporsi il rigetto del ricorso».

Motivi della decisione
II. — Non sono state presentate conclusioni scritte, né alcuno è
comparso in camera di consiglio per essere ascoltato, ma il difensore
del ricorrente ha depositato memoria.
III. — A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera
di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in
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tempo in cui il provvedimento non sia più revocabile, ma pur sempre,

diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, non comportandone il superamento le argomentazioni
sviluppate nella memoria del ricorrente, che neppure prendono in
considerazione l’argomento testuale — eppure specificamente indicato
nella suddetta relazione — di cui al co. 5 dell’art. 391-bis cod. proc. civ.,

Al riguardo, basti ricordare che già prima della riforma legislativa
che ha introdotto l’art. 391-bis cod. proc. civ. si era sostenuta la natura
di impugnazione straordinaria, non sospensiva del giudicato, della
revocazione per errore di fatto dei provvedimenti della Cassazione; e
tale impostazione è ora confermata dal tenore testuale dell’appena
richiamato art. 391-bis, co. 5, cod. proc. civ., a mente del quale “la
pendenza del termine per la revocazione della sentenza della corte di
cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione respinto”.
E milita in tal senso anche la successiva disposizione del co. 6
della stessa norma, secondo la quale “in caso di impugnazione per
revocazione della sentenza della corte di cassazione non è ammessa la
sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, né è
sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo”.
Fonda tale conclusione l’esigenza di una non remota ed
impervia formazione del giudicato, esigenza da non postergarsi a quella
di ampliare e rendere completo il novero dei rimedi posti a
disposizione del soccombente nella fase finale del processo (come
testualmente si esprime anche accreditata dottrina, che si fa carico di
addurre, a sostegno di questa tesi, ulteriori aspetti di perplessità indotti
dalla contraria soluzione).
IV. — È superfluo annotare che non può trovare applicazione
alla fattispecie la legge 27 febbraio 2015, n. 18, che ha modificato in
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sul tempo di formazione del giudicato..

più parti la legge 13 aprile 1988, n. 117, mediante — tra l’altro — la
soppressione della fase preliminare di vaglio di ammissibilità e la
rimodulazione dei termini di proposizione: in quanto essa, priva di
disciplina transitoria, non può che regolare le fattispecie successive alla

È stata fatta quindi corretta applicazione del seguente principio
di diritto: il termine di decadenza previsto dall’art. 4, comma

secondo, della legge 13 aprile 1988, n. 117, per la proposizione
dell’azione di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio
delle funzioni giudiziarie, non è influenzato dal dispiegamento
di revocazione avverso la sentenza della Corte di cassazione ai
sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., sicché è tardiva l’azione
proposta una volta decorsi i due anni (secondo la norma
applicabile ratione temporis

e non potendo applicarsi le

modifiche arrecate alla legge n. 117 del 1988 dalla legge 27
febbraio 2015, n. 18, che, siccome priva di disciplina transitoria,
regola solo le fattispecie successive alla sua entrata in vigore,
avutasi il 19.3.15) dalla data della sentenza della Corte di
cassazione e non da quella del successivo provvedimento che
definisce la revocazione proposta contro la prima.
V. — Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il
ricorso va rigettato; ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del
giudizio di legittimità, non avendo in questa sede espletato l’intimata
alcuna attività difensiva.
Infine, non trova applicazione l’art. 13 comma 1 quater del

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. 24
dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i
giudizi di impugnazione nell’ipotesi di rigetto o declaratoria di
inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, visto che la
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sua entrata in vigore (19.3.15), quale certamente non è quella odierna.

procedura è esente da detto contributo (in termini, v. Cass., ord. 26
febbraio 2015, n. 3916, ove ulteriori riferimenti).

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R.

115/02, come modif. da112 1 228/12, dà atto dell’insussistenza dei

importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1-bis dello stesso art 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte suprema di Cassazione, addì 11 marzo 2015.

presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore frl

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