Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10118 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 04/04/2017, dep.21/04/2017),  n. 10118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9776/2012 R.G., con riunito il ricorso n.

10359/2012, proposto da:

Fallimento (OMISSIS) Spa in liquidazione, rappresentati e difesi dal

Prof. Avv. Giuseppe Maria Cipolla, con domicilio eletto presso di

lui, in Roma, Viale Giuseppe Mazzini, n. 134, giusta procura

speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 19/10/11, depositata il 10 marzo 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 aprile 2017

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso n. 9776/2012 e l’accoglimento del ricorso n. 10359/2012;

udito l’Avv. Pietro Garofoli per l’Agenzia delle entrate che ha

concluso per l’accoglimento del proprio ricorso e il rigetto di

quello del contribuente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Commissione tributaria provinciale di Trieste accoglieva l’impugnazione proposta da P.T. (OMISSIS) Spa (poi (OMISSIS) Spa, ora Fallimento (OMISSIS) Spa), rappresentante indiretto della società importatrice, avverso 69 avvisi di accertamento con cui l’Ufficio, rettificate n. 412 bollette doganali emesse tra il 2001 e il 2003 a seguito dell’intervenuta revoca, con efficacia retroattiva, dei certificati EUR1, recuperava i diritti doganali per l’importazione di zucchero dalla Croazia, oltre agli interessi, ed irrogava le conseguenti sanzioni.

La Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in riforma della decisione, riteneva legittima la pretesa doganale per gli accertamenti successivi al 26 giugno 2002, mentre confermava l’annullamento per quelli anteriori, nonchè delle sanzioni.

Il contribuente ricorre per cassazione sulla base di nove motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane, che propone, con un unico motivo, autonomo ricorso, cui resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disposta, ex art. 335 c.p.c., la riunione del procedimento n. 10359/12 R.G. a quello n. 9776/12 R.G., essendo proposti distinti ricorsi per cassazione avverso la medesima decisione della C.T.R. del Friuli Venezia Giulia.

2. Il ricorrente principale, con il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 3, art. 7, comma 1, Statuto del contribuente, D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 7, comma 1, nonchè art. 24 Cost., comma 2, e art. 97 Cost., comma 1, per aver la CTR, con l’esame dei motivi d’appello dell’Agenzia delle dogane, consentito l’integrazione della motivazione dell’accertamento in ordine alla buona fede dello spedizioniere e all’avviso della Commissione Europea del 26 giugno 2002.

2.1. Il motivo è infondato.

L’avviso di accertamento – riprodotto dall’Agenzia delle dogane per la parte rilevante – individuava già esattamente, richiamando l’art. 201 CDC, il dichiarante (ossia, nella specie, lo spedizioniere quale rappresentante indiretto) quale debitore dell’obbligazione doganale, il cui operato, ai sensi dell’art. 220 CDC, deve essere informato a criteri di diligenza, tant’è che, in caso di errore, la buona fede costituisce parametro esonerativo dell’obbligo stesso (v. Cass. n. 3977 del 1997; Cass. n. 13770 del 2016).

Il mero richiamo alle specifiche disposizioni regolanti la diligenza professionale dello spedizioniere, dunque, a fronte della immutazione delle originarie allegazioni in fatto non comporta una modifica nè della prospettazione giudiziale, nè, tantomeno, dell’originaria motivazione dell’atto di accertamento.

Nè assume un diverso rilievo l’indicazione, nell’atto di appello e non anche nell’avviso di accertamento, dell’avviso emanato dalla Commissione Europea il 26 giugno 2002 (con cui si informavano “gli operatori della Comunità che sussiste un ragionevole dubbio in ordine alla corretta applicazione degli accordi preferenziali relativi allo zucchero… dichiarato al momento dell’importazione come originario” di paesi della Balcania, tra cui la Croazia), trattandosi di atto destinato alla generalità degli operatori del settore pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, e, dunque, di pubblica conoscibilità, senza necessità di alcuna allegazione all’avviso di accertamento.

3. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di motivare sulla carenza di motivazione degli atti impositivi quanto alla mancata allegazione dei documenti a cui rinviava la relazione Olaf posta a fondamento dell’accertamento.

3.1. Il motivo è infondato.

La CTR, nel precisare che la nota ispettiva Olaf è stata allegata agli avvisi di accertamento, ha affermato che “non è stato minimamente pregiudicato il diritto di difesa della società”, così implicitamente rispondendo anche alla dedotta doglianza di mancata allegazione degli ulteriori allegati.

4. Con il terzo motivo denuncia, in via subordinata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, art. 7, comma 1, Statuto del contribuente, D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 7, comma 1, nonchè dell’art. 24 Cost., comma 2, e art. 97 Cost., comma 1, per aver la CTR ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento nonostante l’indicata omessa allegazione.

4.1. Il motivo è infondato.

L’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso va inteso, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, in relazione alla finalità “integrativa” delle ragioni che sorreggono l’atto impositivo: il contribuente ha diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare la motivazione, ma non anche di tutti quelli cui, comunque, vi sia un riferimento ove la motivazione sia già sufficiente oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (nella parte rilevante ai fini della motivazione) sia già riportato nell’atto noto, spettando ad egli provare che almeno una parte del contenuto di tali atti sia necessaria ad integrarne la motivazione (Cass. n. 26683 del 2009 Rv. 610991).

Inoltre, l’avviso di accertamento in materia doganale, che si fondi su verbali ispettivi Olaf, i quali hanno carattere riservato (art. 8 del Reg. CE n. 1073 del 1999) ma possono essere utilizzati dall’Amministrazione nei procedimenti giudiziari per inosservanza della regolamentazione doganale, è legittimamente motivato ove risponda alle prescrizioni del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, ossia riporti nei tratti essenziali, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, il contenuto di quegli atti presupposti richiamati per relationem ancorchè non allegati (Cass. n. 23985 del 2008 Rv. 605081), dovendosi ritenere la produzione del rapporto finale OLAF non inclusa tra i requisiti di validità della motivazione dell’atto impositivo (Cass. n. 8399 del 2013 Rv. 626109).

Tali principi trovano applicazione, a maggior ragione, con riguardo ai documenti cui fa rinvio il rapporto Olaf, allegato all’avviso di accertamento, tanto più che è del tutto omessa una indicazione, non meramente ipotetica, di un pregiudizio o di una insufficienza motivazionale in relazione alla dedotta documentazione.

5. Con il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 24 Cost., comma 2, e dei principi generale in materia di onere della prova in merito all’omessa produzione in giudizio dei medesimi atti.

5.1. Il motivo è infondato.

Gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi dell’Olaf ai sensi del Reg. n. 1073/99 hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari; spetta al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria (Cass. n. 5892 del 2013).

6. Con il quinto motivo censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, identificati nel certificato delle analisi di laboratorio sulla partita del 17 agosto 2002, da cui risulta che lo zucchero era di barbabietola, e nella sentenza del Tribunale di Osijek del 2006, da cui risultava che 12 consegne tra giugno ed agosto 2002 erano regolari.

6.1. Il motivo è infondato.

La CTR ha preso in specifica considerazione l’analisi chimica sullo zucchero, valutandola irrilevante a fronte “dell’oggettiva irrilasciabilità dei certificati EUR1… a fronte della mancata osservanza da parte della Ditta esportatrice IPK della condicio procedurale sine qua non… della separatezza, senza alcun frammischiamento, delle lavorazioni di zucchero di canna da quelle di zucchero di barbabietole”, argomentazione non censurata e logicamente adeguata anche con riguardo alla dedotta sentenza del Tribunale di Osijek, rimasta espressamente assorbita.

7. Con il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 220 CDC, art. 110 del Reg. n. 2193/92/CE, 17, par. 5, dell’Accordo tra la CE e la Repubblica di Croazia, e 1737 c.c. per aver escluso la buona fede a seguito della pubblicazione dell’avviso emanato dalla Commissione Europea e pubblicato sulla GUCE il 26 giugno 2006 diretto agli importatori.

7.1. Il motivo è infondato.

Come emerge univocamente dal testo dell’avviso – riprodotto in ricorso – l’informativa era rivolta a tutti “gli operatori comunitari che presentano delle prove documentali dell’origine allo scopo di ottenere un trattamento preferenziale per lo zucchero” e, dunque, ai sensi dell’art. 201 CDC, in primis, il dichiarante in dogana, ossia, nella specie, la P.T. Spa (ora Fallimento (OMISSIS) Spa), quale rappresentante indiretto dell’importatore Agrimpex.

Entrambi, peraltro, sono espressamente indicati dalla norma come solidalmente obbligati al pagamento dell’obbligazione doganale.

Trova dunque applicazione l’art. 220, par. 2, CDC, ai sensi del quale la buona fede – la cui prova incombe sul contribuente – se, in termini generali,- può escludere la contabilizzazione a posteriori dei dazi, non può essere invocata dal debitore “qualora la Commissione Europea abbia pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee un avviso in cui sono segnalati fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese beneficiario”, norma che va intesa – come affermato dalla Corte di Giustizia, ordinanza 1 ottobre 2009 – nel senso che non ne è ammessa la dimostrazione.

Tale conclusione, del resto, è coerente con la natura derogatoria ed eccezionale del rimborso e dello sgravio dei dazi all’importazione, per cui “essendo la “buona fede” un presupposto essenziale per poter chiedere un rimborso o uno sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione, tale nozione deve conseguentemente essere interpretata in modo che il numero dei casi di rimborso o di sgravio resti limitato” (Corte Giustizia cit., p. 53).

Ne deriva che tutte le ulteriori circostanze dedotte dal contribuente – lo svincolo delle polizze, il mancato pregresso rilievo da parte delle autorità doganali, l’assenza di rilievi in sede di primo controllo a posteriori, le stesse analisi chimiche – sono irrilevanti, come pure è irrilevante la verifica dei presupposti della buona fede.

8. Con il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del principio dell’affidamento ex art. 10 Statuto del contribuente, della L. n. 241 del 1990, art. 1, e dell’art. 97 Cost., comma 1, per aver la CTR ritenuto irrilevante lo svincolo delle polizze ai fini di un legittimo affidamento.

8.1. Il motivo resta assorbito in relazione al punto 7.1.; in ogni caso lo svincolo delle polizze, evento successivo all’importazione, costituiva – come rilevato dalla CTR – mero atto procedurale dovuto in esito al primo controllo a posteriori negativo.

9. Con l’ottavo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 5, par. 3, Trattato CE, degli artt. 201 e 213 CDC, art. 53 Cost., comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, comma 3, e art. 1737, nonchè la violazione del principio generale di non imputabilità per fatto altrui e del principio comunitario di proporzionalità, essendosi addossata al rappresentante indiretto la responsabilità di un fatto illecito commesso dall’importatore.

9.1. Il motivo è infondato.

L’art. 201 CDC pone sullo stesso piano il rappresentante indiretto e del suo rappresentato e, anzi, individua quale primo soggetto chiamato a rispondere dell’obbligazione doganale “il dichiarante in dogana”, ossia, nella specie, lo spedizioniere.

Altra e diversa questione, non pertinente al presente giudizio, è invece quella dei rapporti interni tra gli obbligati solidali e, quindi, all’eventuale proposizione dell’azione di regresso.

10. Con il nono motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 98 del Reg. n. 2193/92, 4, par. 1, dell’Accordo tra la CE e la Repubblica di Croazia e degli artt. 2699 e 2700 c.c. per non aver ammesso al regime preferenziale la partita risultata, alle analisi chimiche, zucchero di barbabietola, attesa la natura originaria del prodotto.

10.1. Il motivo è infondato.

Il regime preferenziale è subordinato al rilascio del certificato EUR1, nella specie revocato con efficacia retroattiva per la carenza dei presupposti da parte della impresa croata, la quale, senza alcuna differenziazione sul piano produttivo e operativo, trattava congiuntamente le lavorazioni di zucchero sia di barbabietola che di canna da zucchero. Sono dunque irrilevanti gli esiti delle analisi chimiche.

11. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle dogane denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 303, per aver ritenuto non rientrare nella previsione della norma anche l’ipotesi di merci aventi origine diversa da quella dichiarata al momento dell’importazione.

11.1. Con il controricorso il contribuente deduce l’inammissibilità del ricorso per essersi riferito, in appello, al solo comma 3 dell’art. 303 con esclusione del comma 1 della norma.

11.2. Il motivo è fondato, non sussistendo l’eccepita inammissibilità avendo questa Corte già affermato che in tema di sanzioni per violazione delle disposizioni in materia doganale, l’art. 303 TULD contempla un’unica fattispecie sanzionatoria.

Il comma 3 non prevede una fattispecie legale diversa rispetto a quella di cui al comma 1, ma ne configura una mera circostanza aggravante che comporta soltanto una maggiorazione dell’entità della stessa sanzione comminata per “le dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci” non corrispondenti all’accertamento degli Uffici finanziari, sicchè i termini adoperati dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 303, comma 1, (qualità, quantità, valore) costituiscono una esemplificazione dell’elemento oggettivo destinato all’importazione e specificamente considerato ai fini del pagamento del dazio e sottointendono la relazione di necessaria corrispondenza sostanziale che deve sussistere tra l’oggetto della dichiarazione doganale e l’oggetto dell’accertamento.

E poichè nel concetto di “qualità” di una merce rientra qualsiasi caratteristica, proprietà o condizione che serva a determinarne la natura e a distinguerla da altre simili, vi rientra anche l’origine (o la provenienza), in quanto elemento sintomatico delle specificità del prodotto (Cass. n. 3467 del 2014, rv. 630066; Cass. n. 15872 del 2016, rv. 640663).

Tale soluzione, del resto, è coerente con gli orientamenti della Corte di Giustizia, secondo la quale nella materia doganale “la finalità del controllo a posteriori è di verificare l’esattezza dell’origine indicata nel certificato”, che costituisce elemento costitutivo del diritto (sentenza 15 dicembre 2011, in C-409/10, p. 43 e ss; sentenza 9 marzo 2006, in C-293/04, p. 32).

12. Il ricorso principale va pertanto rigettato, mentre va accolto quello incidentale, riguardo al quale, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente nei limiti degli accertamenti in rettifica dichiarati legittimi dalla CTR. Le spese, regolate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Compensa le spese dei gradi di merito attesa la novità e complessità della questione.

PQM

La Corte, rigettato il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale in relazione al quale cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente nei limiti degli accertamenti in rettifica dichiarati legittimi dalla CTR. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 20.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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