Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10118 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10118 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso 1222-2014 proposto da:
SOLDI GIOVANNI SLDGNN38E03G080M) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso
lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati GIUSEPPE CAPPIOTII, GIOVANNI
SALA, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
BANCA POPOLARE DI SONDRIO SOCIETÀ COOPERATIVA
PER AZIONI in persona del Direttore Centrale, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA TERENZIO 7, presso lo studio

Data pubblicazione: 18/05/2015

dell’avvocato ORAZIO ABBAMONTE, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ROBERTO GALLASSO e DAVIDE
GALLASSO, giusta procura alle liti in calce al controricorso;
– controticorrente –

26.11.2012, depositata il 14/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del dì
11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Federica Manzi (per delega avv. Luigi
Manzi), che si riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso;
udito per la controricorrente l’Avvocato Davide Gallasso, che si
riporta ai motivi del controricorso e chiede dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso o, in subordine, il rigetto.

Svolgimento del processo
§ 1. — Giovanni Soldi ricorre — affidandosi a sei motivi —
direttamente a questa Corte, ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ., per
la cassazione della sentenza del tribunale di Lecco 14.1.13 n. 43,
impugnata con appello dichiarato inammissibile ex art. 348-bis cod.
proc. civ. con ordinanza 23.10.13 della corte di appello di Milano,
comunicata via p.e.c. in pari data.
In particolare, l’odierno ricorrente aveva visto respinta in primo
grado l’opposizione da lui dispiegata avverso il decreto ingiuntivo — per
complessivi € 154.937,06, oltre spese del monitorio e accessori —
conseguito anche nei suoi confronti dalla Banca Popolare di Sondrio
scpa, basata sulla violazione degli artt. 1956, 1175 e 1375 cod. civ.,
nonché sulla deduzione di applicato anatocismo e sulla contestazione
del quantum tesi dell’inesistenza della notifica di quest’ultimo.
L’intimata resiste con controricorso.
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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avverso la sentenza n. 43/2013 del TRIBUNALE di LECCO del

All’esito dell’adunanza in camera di consiglio, seguita alla
relazione — datata 24.6.14 — ex art. 380-bis cod. proc. civ. con proposta
di declaratoria di inammissibilità in relazione soprattutto alla nuova
disciplina degli artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ., la Corte ha
disposto chiamarsi la causa alla pubblica udienza e, questa fissata per il

cod. proc. civ.

Motivi della decisione
§ 2. — Il ricorrente sviluppa sei motivi avverso la sentenza di
primo grado e l’ordinanza di appello, dolendosi:
– col primo, di violazione o falsa applicazione degli artt. 1956 e
2697 cod. dv. ed omesso esame di fatto decisivo, nonché nullità della
sentenza per violazione dei principi di cui agli artt. 24 Cost. e 116, 183,
co. 7, 210, 61 e 115, co. 1, cod. proc. civ.;
– col secondo, di violazione degli artt. 1175-1375 cod. civ. e 112
cod. proc. civ.;
– col terzo, di violazione dell’art. 2697 cod. civ.;
– col quarto, di violazione dell’art. 100 cod. proc. civ.;
– col quinto, di nullità della sentenza per violazione dei principi
relativi all’ammissione delle prove, ai sensi degli artt. 24 Cost e 116,
183, co. 7, 210 e 61 cod. proc. civ.);
– col sesto, di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
§ 3. — La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso,
sia per essere conformi le opzioni interpretative dei giudici di primo e
secondo grado alla giurisprudenza di legittimità sul punto, sia perché le
censure involgerebbero il merito della controversia; ed evidenziando:
– del primo motivo: l’inammissibilità, per la pluralità dei richiami
alle norme di legge reputate violate e per la preclusione di ogni
doglianza di vizio motivazionale, essendo stato deciso l’appello ai sensi
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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giorno 11.3.15, le parti depositano altresì memorie ai sensi dell’art. 378

dell’art. 348-bis cod. proc. civ. sulle stesse questioni di fatto poste a
base della sentenza di primo grado; l’infondatezza, per la correttezza
della valutazione delle prove e del materiale probatorio acquisito e per
la retta applicazione dell’art. 1956 cod. civ.;
– di tutti gli altri motivi, quanto meno l’infondatezza: del

secondo, per la corretta applicazione proprio dei parametri di buona
fede e correttezza e l’incensurabilità delle valutazioni della loro
sussistenza in capo alla Banca nei rapporti col fideiussore e col
debitore principale; del terzo, per la carenza di specifica contestazione
di controparte alla documentazione pure prodotta a sostegno del
proprio credito; del quarto, comportando perfino l’eventuale
fondatezza delle ragioni sul punto sviluppate da controparte solo una
riduzione dell’esposizione, ma pur sempre oltre i limiti dei quali essa
dovrebbe rispondere quale fideiussore; del quinto, non essendo
obbligato il giudice a prendere in considerazione tutte le istanze
istruttorie; del sesto, conseguendo al rigetto di ogni altra domanda
dell’opponente quello delle pretese risarcitorie basate, se non altro per
implicito, sulla fondatezza di quelle altre.
§ 4. — In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del
ricorso avverso l’ordinanza resa ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ.,
alla stregua di quanto argomentato diffusamente da questa Corte
regolatrice, con le ordinanze del 16.4.14, mi. 8940 a 8943, alla cui
esaustiva motivazione può qui bastare un semplice richiamo (ma v.
pure Cass., ord. 9 giugno 2014, n. 12936, ovvero Cass. 23 giugno 2014,
n. 14182, nonché Cass., ord. 3 ottobre 2014, n. 20968; e senza
contrasto, se non altro in ragione dell’ipotesi di inammissibilità in
concreto configurabile nella specie, neppure con Cass. 7273 del 2014,
come precisa anche Cass., ord. 22 settembre 2014, n. 19944, nonché,
ancora più di recente, Cass., ord. 12 gennaio 2015, n. 223).
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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0)

§ 5. — Inoltre, nella parte in cui sono dirette avverso la sentenza
di primo grado, sono inammissibili le doglianze ai sensi del n. 5 dell’art.
360 cod. proc. civ., in quanto almeno perché manifestamente non
conformi ai rigorosi requisiti richiesti dalla giurisprudenza delle Sezioni

(Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881).
Va sul punto notato che, all’esito della riforma del n. 5 dell’art.
360 cod. proc. civ. (come puntualizzato dalla già ricordata Cass. Sez.
Un., 22 settembre 2014, n. 19881), è ridotto al minimo costituzionale il
sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui
l’anomalia motivazionale quivi denunciabile è solo quella che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene
all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della
sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e
si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di
“sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”. Inoltre, il nuovo testo
del n. 5) dell’art. dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento
un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processiiali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe
determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso
esame di elementi istruttori continua a non integrare di per sé vizio di
omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa
sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
-5-

Unite di questa Corte, alla quale può qui bastare un integrale richiamo

E, applicate le conclusioni alla fattispecie, è evidente che la qui
gravata sentenza motiva sui punti controversi.
§ 6. — Peraltro, dalle altre considerazioni in punto di rito circa gli
artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ., formulate nella relazione resa ex

tutto impregiudicate), per il carattere assorbente delle altre valutazioni
di cui appresso.
§ 7. — Invero, va ribadita la necessità (sul punto, tra le molte
anche solo dell’ultimo anno, v. Cass., ord. 26 agosto 2014, n. 18218)
che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione
delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia
l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di
adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le
doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi
argomentativi sulle seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass., ord. 16
marzo 2012, n. 4220; Cass. 1 febbraio 1995, n. 1161; Cass. 12 giugno
2002, n. 8388; Cass. 21 ottobre 2003, n. 15751; Cass. 24 marzo 2006,
n. 6679; Cass. 17 maggio 2006, n. 11501; Cass. 31 maggio 2006, n.
12984; Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art.
360-bis, n. 1, cod. proc. civ.; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; tra le altre
del solo 2014: Cass. 11 febbraio 2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 7
febbraio 2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 6 febbraio 2014,
n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 5 febbraio 2014, n.
2608; Cass. 3 febbraio 2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30 gennaio 2014,
n. 2072).
§ 8. — Su queste premesse:
– è inammissibile la doglianza sulla mancata applicazione, da
parte del giudice di primo grado, del principio di non contestazione,
mancando, tra l’altro, in ricorso la specifica ed analitica indicazione di
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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art. 380-bis cod. proc. civ., può qui prescindersi (così lasciandole del

quando la relativa argomentazione sia stata sottoposta a quel giudice: e
comunque non potendo, con tutta evidenza, quella condotta ricavarsi
dagli atti processuali di controparte posti in risalto dall’odierno
ricorrente, a tal fine non adeguatamente univoci;
– è inammissibile la diversa lettura — in questa sede — degli altri

ricorso), siccome sempre preclusa, soprattutto dopo la riforma del n. 5
dell’art. 360 cod. proc. civ. (Cass., 9 giugno 2014, n. 12928, ove
ulteriori riferimenti);
– è infondata la censura sull’omessa separata considerazione
delle doglianze fondate sugli artt. 1175 e 1375 cod. civ., avendo il
giudice di primo grado ricondotto gli eventi al mancato assolvimento
dell’onere del fideiussore, ricostruito come mancante all’esito della
compiuta disamina del materiale istruttorio suddetto, qui non
suscettibile di riconsiderazione;
– è inammissibile la doglianza sulla violazione dell’onere della
prova, visto che essa non si rivolge contro la ratio decidendi della gravata
sentenza, che quella norma applica (v. pag. 5, a partire dal decimo rigo
dalla fine, nonché le successive) all’art. 1956 cod. civ. e non all’entità
complessiva del credito, come prospetta invece il ricorso (pag. 18):
mentre, quanto a questo specifico ultimo punto, non sono
analiticamente trascritte in ricorso le difese od eccezioni svolte
tempestivamente dinanzi al giudice del primo grado, né ne sono
indicate adeguatamente le sedi processuali;
– è comunque inammissibile la contestazione sulla ritenuta
persistenza della responsabilità del fideiussore in ordine all’entità del
credito comunque provata, come pure la censura sulla mancata
ammissione di altri mezzi di prova: quella conclusione del giudice di
primo grado presupponendo (e restando non impugnabile quella del
Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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documenti di causa invocata dal ricorrente (pag. da 10 a 15 del

giudice di appello) la valutazione di conseguimento di idonea prova
sull’entità minima e sulla corrispondenza di questa ad una soglia
compresa nel limite della responsabilità del garante;
– è infondata la contestazione del carattere esplorativo attribuito
alle numerose istanze istruttorie, non avendo mai neppure allegato — o

quali espressi termini l’avrebbe fatto nel giudizio di primo grado —
l’istante la sua impossibilità incolpevole di produrre quei documenti, o
di acquisirli aliunde;

– è manifestamente infondata la doglianza di omessa pronunzia
sulla domanda risarcitoria, essendo evidente che essa, siccome fondata
sulla tesi dell’insussistenza della pretesa resa oggetto del monitorio,
giammai avrebbe potuto anche solo essere presa in considerazione una
volta che, negata la fondatezza della tesi presupposta, ne era ipso iure
venuto meno ogni giuridico fondamento.
§ 8. — Dichiarato inammissibile il ricorso nella parte in cui è
rivolto contro l’ordinanza di secondo grado, l’infondatezza od
inammissibilità di tutti i motivi di doglianza nella parte in cui sono
rivolti avverso la sentenza di primo grado ne impongono il rigetto in

parte qua, con condanna del soccombente ricorrente alle spese del
giudizio di legittimità.
Infine, non può farsi a meno — difettando sul punto qualunque
discrezionalità — di dare atto della sussistenza dei presupposti per
l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012,
n. 228 (a mente del quale quando l’impugnazione, anche incidentale, è
respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la
parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo

Ric. 2014 n. 01222 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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quanto meno non avendo in ricorso indicato il ricorrente come e con

di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis).

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui è
rivolto contro l’ordinanza della corte di appello e lo rigetta nella parte

Condanna Giovanni Soldi al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità in favore della Banca Popolare di Sondrio scpa, in pers.
del leg. rappr.nte p.t., liquidate in € 7.500,00, di cui € 200,00 per
esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella
misura di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
come modif. dalla 1. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte suprema di cassazione, addì 11 marzo 2015.

in cui è rivolto contro la sentenza di primo grado.

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