Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10117 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 04/04/2017, dep.21/04/2017),  n. 10117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 4437/2012 R.G. proposto da:

Formaggi M. Snc, M.D.V., M.E.,

rappresentati e difesi dall’Avv. Oreste Cantillo e dall’Avv.

Guglielmo Cantillo, con domicilio eletto presso di loro, in Roma,

Lungotevere dei Mellini, n. 17, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania sez. staccata di Salerno n. 653/9/10, depositata il 27

dicembre 2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 aprile 2017

dal Cons. Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso chiedendo il rigetto

del primo motivo, l’accoglimento del secondo e del terzo, assorbiti

gli altri; in subordine l’accoglimento per quanto di ragione dei

primi tre motivi, assorbiti gli altri

udito l’Avv. Pietro Garofoli per l’Agenzia delle Entrate che si

riporta al controricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Commissione tributaria provinciale di Salerno respingeva l’impugnazione proposta da Formaggi M. Snc, esercente attività di produzione di derivati dal latte, nonchè dai soci M.D.V. ed M.E., avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio accertava induttivamente i maggiori imponibili, ai fini Ires, Irap ed Iva, per l’anno 2005.

La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello.

I contribuenti ricorrono per cassazione sulla base di sette motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, per esser stato adottato nuovo atto di accertamento integrativo, sostitutivo dell’atto originario, sulla base di elementi asseritamente nuovi ed introdotti dal contribuente ma, in realtà, già noti all’Agenzia delle Entrate.

1.1. Con il secondo motivo denuncia nuovamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, costituendo i nuovi elementi una mera miglior disamina degli elementi già in possesso dell’Ufficio.

1.2. Con il terzo motivo denuncia ulteriormente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, per omessa specifica indicazione delle ragioni specifiche del carattere di novità degli elementi posti a fondamento dell’atto integrativo.

1.3. I primi tre motivi, da trattare congiuntamente perchè strettamente connessi, sono inammissibili per difetto di autosufficienza.

I ricorrenti lamentano che le indicazioni da loro esposte in sede di accertamento con adesione – e relative alla ripartizione delle vendite tra ingrosso e dettaglio e relativi prezzi – erano già note all’Ufficio con l’acquisizione della documentazione contabile.

Omettono, peraltro, di riprodurre la documentazione da cui tale distinzione risulterebbe già a disposizione dell’Ufficio e da esso non tempestivamente apprezzata.

E’ poi privo di rilievo che l’atto integrativo abbia materialmente sostituito l’originario atto di accertamento, restando comunque l’atto soggetto alla disciplina di cui all’art. 43 cit., e non della diversa ipotesi di azione in autotutela.

2. Con il quarto motivo denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 342 c.p.c., per aver ritenuto la CTR non adempiuto l’obbligo di impugnazione sull’assenza dei presupposti per il ricorso al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d).

2.1. Il motivo è infondato.

In disparte che i ricorrenti lamentano un error in procedendo che censurano come error in iudicando (ossia, ai sensi del n. 3 anzichè del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.), dall’atto di appello per come riprodotto risulta che i contribuenti si sono limitati ad un mero richiamo per relationem (“espresso rinvio”) alle ragioni esposte nel ricorso introduttivo del giudizio, senza riprodurle (sia in quella sede che nel presente ricorso) nè coniugarsi all’espressa censura delle argomentazioni sulle quali la sentenza impugnata si era fondata (v. sul punto Cass. n. 25308 del 2014, Rv. 633637), sicchè correttamente il giudice d’appello ha escluso la specificità del motivo d’impugnazione.

3. Con il quinto motivo denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d e art. 2729 c.c., per carenza dei presupposti legittimanti il ricorso all’accertamento induttivo, affidato solo ad uno Studio dell’Università di Napoli.

3.1. Il motivo è inammissibile.

La doglianza, già disattesa dal giudice del gravame per carenza di specificità del motivo d’appello, resta travolta dal rigetto del motivo che precede.

4. Con il sesto motivo censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente motivazione circa un fatto controverso in ordine alla percentuale di resa del latte ovino.

4.1. Il motivo è inammissibile per una duplicità di profili, difettando di autosufficienza attesa la mancata riproduzione degli elementi documentali evocati nel ricorso, asseritamente oggetto di non adeguata considerazione da parte della CTR; dall’altro il ricorrente, più che contestare il percorso logico ed argomentativo della decisione, propone una diversa e contrapposta interpretazione dei fatti rispetto a quella del giudice di merito, in vista di un nuovo e inammissibile esame da parte della Suprema Corte.

5. Con il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 92 T.U.I.R., per aver ritenuto legittimo l’accertamento senza aver sottratto le rimanenze finali dal totale dei ricavi.

5.1. Il motivo è infondato.

E’ ben vero che le variazioni delle rimanenze finali rispetto alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio; tuttavia, l’accertamento induttivo ha avuto ad oggetto – come evidenziato e argomentato dalla CTR – i ricavi dichiarati in base alle rese, senza che ciò incidesse sulle rimanenze finali, la cui considerazione è rimasta inalterata.

6. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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