Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10115 del 18/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10115 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 81 82-201 4 proposto da:
HORETII UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.
Z_ANARDELLI 36, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
GIULIO ROMEO, rappresentato e difeso dall’avvocato
FRANCESCO FIRRIOLO giusta mandato in calce al ricorso;
ricorrente
contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONAl.E PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUI, LAVORO, in persona del
Dirigente con incarico di livello generale, Direttore della Direzione
Centrale Prestazioni, elettivamente dotniciliato in ROMA, VIA IV
NOVEMBRE 144 presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA PUGLIS1
giusta procura speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 18/05/2016

- controricartente avverso la sentenza n. 539/2013 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA del 23/10/2013, depositata il 25/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

Fatto e diritto
La Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del
Tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda proposta da
Umberto Fioretti, titolare di una rendita del 76%, tesa ad ottenere il
riconoscimento dell’aggravamento della componente della malattia
professionale silicotica dal 25% al 35%.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che le censure formulate alla
consulenza disposta in primo grado (che aveva escluso che la sindrome
delle apnee ostruttive del sonno da cui il Fioretti era affetto sin dal
2006 fosse conseguente alla pneumoconiosi professionale) non fossero
idonee a incrinare la ricostruzione operata dal consulente che solo per
rafforzare le valutazione espresse in proprio aveva richiamato il
responso della commissione medica degli invalidi civili.
Per la cassazione della sentenza ricorre Umberto Fioretti che la censura
per avere, in violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del d.p.r. n.
1124 del 30.6.1965 e con vizio di motivazione, in relazione all’art. 360
comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c.,ornesso di prendere in esame alcune delle
doglianze formulate nell’atto di appello con il quale si denunciava
che non rientra tra i compiti della commissione medica invalidi civili
discernere le cause lavorative dalle altre, dovendo solo individuare la
patologia e stabilire i postumi invalidanti. Inoltre il ricorrente deduce
che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, le
censure formulate nel gravame non investivano solo la scelta del

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17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA CARRI.

consulente di richiamare il parere espresso dalla Commissione medica
ma riguardavano anche, criticamente, la determinazione di escludere la
causalità lavorativa alle apnee riscontrate. Allo scopo riproduce il
contenuto delle censure formulate nell’appello ed il contenuto delle
osservazioni medico legali alla consulenza di ufficio pure allegata al

L’Inail si è costituito per resistere al ricorso di cui ha eccepito
l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.
Tanto premesso il ricorso è inammissibile atteso che con le censure
formulate si pretende da questa Corte una diversa valutazione delle
emergenze istruttorie non consentita nel giudizio di legittimità.
L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo vigente a seguito della sua
riformulazione ad opera del DJ,. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54,
convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile ratione terirporis nel
presente giudizio, consente la denuncia in Cassazione dell’anomalia
motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente
rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé,
purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere
dal confronto con le risultanze processuali, cosicché tale anomalia si
esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. s.u. nn.
8053/2014; 8054/2014).
L’omesso esame di elementi istruttori (nella specie la relazione redatta
dal medico di parte allegata al ricorso in appello) non integra, di per sé,
il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico,
rilevante in causa (nella specie la verifica della derivazione causale delle
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Sez.

ML ud. 17-03-2016

ricorso per cassazione.

apnee dall’aggravamento della malattia professionale silicotica) sia
stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr,
Cass., SU, nn. 8053/2014; 8054/2014; 9032/2014 ed anche Cass.
16.4.2015 n. 1434).

validità del giudizio espresso dal consulente sin dal primo grado, ha
dato conto, seppur sinteticamente, delle ragioni per le quali le dispnee
notturne non fossero collegabili all’aggravamento della pneumocortiosi
professionale. Nel far proprie le argomentazioni del ctu, sottolinea
infatti che la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, di origine
mulfifattoriale, non rappresenta una complicanza della silicosi.
Quanto alla denunciata violazione dell’art. 83 del d.P.R. n. 1124 del
30.6.1965 dalla lettura del motivo di ricorso non si comprende in cosa
è ravvisata tale violazione atteso che l’intera censura si muove sul piano
della contestazione della motivazione della sentenza e non specifica in
che maniera la norma citata sarebbe stata erroneamente applicata.
In conclusione il ricorso, manifestamente infondato, deve essere
rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno regolate secondo
soccombenza.
La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al
30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13,
comma 1 qualer, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base
al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o
meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo
unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento
aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto
oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
2014 n, 08182 sez. ML – ud, 17-03-2016
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In ogni caso va sottolineato che la Corte di appello, nel confermare la

valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa
per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n.

PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio
liquidate in f: 2500,00 per compensi professionali, 100,00 per esborsi,
15% per spese forfetarie. Accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 da atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’arti 3 comma 1 bis
del citato d.p.r..
Così deciso in Roma il 17 marzo 2016

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

22035/2014).

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