Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10114 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10114 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 25119-2009 proposto da:
DALLA

RIVA

GIANLUCA

(c.f.

DLLGLC68H08A757C),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 6,
presso

l’avvocato ALTAMURA GIUSEPPE,

che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale per
Notaio dott. MICHELE PALUMBO di SEDICO (BELLUNO) 2014

Rep.n. 25961 del 4.11.2009;
– ricorrente –

506
contro

ASSOCIAZIONE “IL TRUST IN ITALIA”;

Data pubblicazione: 09/05/2014

- intimata

avverso la sentenza n. 1878/2009 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/02/2014 dal Consigliere

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALTAMURA
GIUSEPPE che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

2

Svolgimento del processo
Con sentenza 22 aprile-29 giugno 2009, la Corte d’appello
di Milano, nel giudizio di impugnazione proposto da Dalla
Riva Gianluca avverso l’Associazione “Il Trust in Italia”
.,

nei confronti del lodo pronunciato dall’arbitro unico

prof. Michele Taruffo il 5 settembre 2005, ha dichiarato
inammissibile l’impugnazione siccome rivolta verso lodo
irrituale, e condannato l’impugna L alle spese a favore
della controparte.
La Corte del merito, a fronte del convincimento
dell’arbitro della natura irrituale d’equità
dell’arbitrato, richiamato l’orientamento di legittimità
formatosi a seguito della riforma dell’arbitrato di cui
alla 1.n.5 del 1994, ha provveduto all’interpretazione
della clausola compromissoria di cui all’art.18 dello
Statuto dell’Associazione “Il Trust in Italia”

r

valorizzando la previsione del giudizio di equità e

r

ancor più, l’assenza di formalità di procedura ( che
include anche la rinuncia delle parti ad avvalersi
dell’art.825 c.p.c. e degli effetti che ne derivano), col
conforto del comportamento successivo delle parti(il
balla Riva infatti aveva contrastato l’eccezione della
controparte di mancanza di domanda coeva all’attivazione
dell’arbitrato, sostenendo la completa libertà da
i

preclusioni nella

formulazione della domanda,

in

contrasto con il potere decisorio dell’Arbitro, destinato
3

a sfociare in un lodo produttivo degli effetti di cui
all’art.825 c.p.c.).
Avverso detta pronuncia ricorre

il Dalla Riva, sulla

base di nove motivi.
L’Associazione intimata non ha svolto difese.

Motivi della decisione
1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia il
vizio di violazione e/o falsa applicazione degli
artt.1322, 1362 e ss. c.c., e degli artt. 806, 808, 825,
827.
Secondo la parte,

la Corte del merito considera

irrilevante il dato testuale(termini “controversie”,
“giudizio”, “criteri di giudizio cui l’arbitro si deve
attenere circa l’equità”), che invece va valorizzato; l’
arbitrato irrituale è atto negoziale atipico, quindi, in
mancanza di volontà derogatoria, la clausola
compromissoria va intesa come riferita ad arbitrato
rituale.
1.2.- Col secondo, terzo, quarto e quinto mezzo, il
ricorrente si duole del vizio di violazione e/o falsa
applicazione degli artt.1362 e ss. c.c., 806, 808, 822,
827, 828 e 829 c.p.c., censurando l’affermazione del
carattere qualificante dell’equità come regola di
giudizio e dell’assenza di formalità di procedura; si
duole della mancata valutazione della previsione della
nomina in caso di disaccordo da parte del Presidente del
4

Tribunale, quale dato deponente per l’arbitrato rituale,
e della valutazione del comportamento successivo delle
parti unitariamente al dato letterale, mentre la Corte
del merito avrebbe dovuto valorizzare prima il criterio
letterale e solo in via sussidiaria scendere all’esame

del comportamento delle parti, peraltro complessivo e non
limitato ad un singolo fatto.
1.3.- Col sesto mezzo, il ricorrente si duole del vizio
di violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss.
c.c., 806 e 808 c.p.c., per essere stato valutato il
singolo fatto della mancata proposizione della domanda
coevamente alla nomina d’arbitro.
1.7.- Col settimo, ottavo, nono mezzo, la parte denuncia
il vizio di omessa motivazione sul fatto decisivo e
controverso costituito dalle eccezioni processuali
sollevate dall’Associazione nella procedura arbitrale e
dal tentativo di conciliazione; fa valere altresì il
vizio di contraddittorietà della motivazione in relazione
all’applicazione da parte della Corte del merito del
“criterio di coerenza tra comportamento processuall. delle
parti tenuto nel corso dell’arbitrato e qualificazione
dello stesso”.
2.- Il ricorso va respinto.
L’Arbitro unico ha ritenuto di qualificare l’arbitrato
come

“irrituale

d’equità”;

ciò

posto,

va

resa

applicazione del principio espresso nelle pronunce
5

19129/2006, 6842/2011 e 25258/2013, secondo il quale,
agli effetti dell’individuazione del mezzo con cui il
lodo va impugnato, rileva la natura in concreto dell’atto
posto in essere dagli Arbitri, più che la natura
dell’arbitrato, come previsto dalle parti; pertanto, se

parte sostenga di avere pattuito una clausola per
arbitrato rituale, ne consegue che quel lodo è
impugnabile, non dinanzi alla Corte d’appello ex art.828
c.p.c., ma, appunto, secondo le norme ordinarie sulla
competenza e con l’osservanza del doppio grado di
giurisdizione, facendo valere i vizi di manifestazione
della volontà negoziale.
Da ciò consegue l’inammissibilità dell’impugnazione
proposta ex art.828 c.p.c. davanti alla Corte d’appello
del lodo, reso dall’Arbitro quale lodo irrituale, ed in
tali termini va corretta la motivazione della Corte del
merito, ex art. 384, ultimo comma c.p.c., essendo il
dispositivo conforme a diritto.
Non si dà pronuncia sulle spese, non essendosi costituita
l’intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma

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sia stato pronunciato un lodo irrituale, nonostante la

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