Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10113 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 10/03/2017, dep.21/04/2017),  n. 10113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14596-2015 proposto da:

B.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato PAOLO BONTEMPI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DI RAVENNA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE;

– intimati –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 609/2014 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 31//03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

B.G. propone – nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e dell’Agenzia delle Entrate – tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 609/4/14 del 31 marzo 2014 con la quale la commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatogli per maggiore imposta di registro sull’atto (OMISSIS); atto con il quale egli aveva acquistato la piena proprietà di un complesso immobiliare costituito da abitazione, con annessi fabbricati rurali e corte pertinenziale insistenti sul terreno agricolo.

In particolare, ha ritenuto la commissione tributaria regionale che – all’esito di riqualificazione D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 e di esatta individuazione della volontà delle parti e della causa reale del negozio – la compravendita in questione avesse avuto ad oggetto, non già un terreno agricolo, ma un terreno edificabile; come evincibile dal fatto che, poco dopo l’acquisto, il B. aveva chiesto ed ottenuto il permesso di demolire e ricostruire il fatiscente fabbricato ad uso abitativo preesistente. Ne derivava che correttamente l’avviso di liquidazione in oggetto aveva rideterminato l’imposta di registro con l’aliquota dell’8% (area fabbricabile) in luogo di quella del 7%.

L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine dell’eventuale discussione.

Il ricorso è stato assegnato a pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria n. 16382/16 della sesta sezione civile – tributaria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile nella parte in cui viene proposto anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; vale a dire, di un soggetto che non ha partecipato ai precedenti gradi di giudizio, e nei cui “rapporti giuridici”, “poteri” e “competenze” in materia sono succedute ex lege (D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1 con decorrenza dal 1 gennaio 2001 D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1) le agenzie fiscali ed, oggi, l’Agenzia delle Entrate. Ente dotato di autonoma e distinta soggettività impositiva, nonchè di piena legittimazione sostanziale e processuale (Cass. 1550/15; 8177/11 ed altre).

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso il B. lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20; artt. 1345-1346, 1362, 1367 e 1372 c.c., art. 1414 c.c., comma 2. Per avere la commissione tributaria regionale individuato l’oggetto e gli effetti del contratto di compravendita sulla base di “motivi” delle parti contrattualmente ininfluenti e, inoltre, di un’attività di natura urbanistico-edilizia (conseguimento del permesso di demolire e ricostruire il fabbricato acquistato) anch’essa ininfluente. Tanto più che la ricostruzione aveva rispettato fedelmente la conformazione e volumetria del fabbricato preesistente.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta analoga violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20; atteso che l’intrinseca natura e gli effetti giuridici della compravendita in esame andavano correttamente riguardati al momento della stipulazione, e non in un momento successivo.

Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – omesso esame di un fatto decisivo della controversia; costituito dalla pacifica destinazione agricola del terreno compravenduto e dell’intera area urbanistica nel quale esso era inserito.

p. 2.2 I tre motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria, in quanto tutti incentrati sulla violazione del criterio di riqualificazione giuridica dell’atto D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20, e sulla erronea ricostruzione della causa negoziale e della reale volontà delle parti.

Essi sono infondati.

E’ orientamento costante di legittimità che l’interpretazione e successiva riqualificazione giuridica dell’atto presentato alla registrazione D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 possa (debba) avvenire non soltanto sulla base di ciò che emerge da quest’ultimo, ma anche mediante la considerazione di elementi interpretativi esterni (ed eventualmente successivi) all’atto stesso; e che gli elementi interpretativi esterni così utilizzabili possano riguardare non soltanto altri negozi giuridici “collegati” con quello presentato alla registrazione, ma anche atti giuridici non negoziali, ovvero semplici comportamenti delle parti (come, per quanto qui rileva: conseguimento di accertamenti e pareri tecnici di edificabilità; presentazione alla PA di istanza di demolizione/ricostruzione; attività edilizia concretamente realizzata ecc…).

Tutto ciò non contrasta con la natura di “imposta d’atto” del registro, trattandosi appunto di far emergere – attraverso il suddetto processo di interpretazione e riqualificazione – l’insieme degli effetti giuridici prodotti dall’atto secondo il basilare criterio della prevalenza della sostanza sulla forma; e, per tale via, di individuare la capacità contributiva di cui l’atto, unitariamente assunto nella complessità della sua configurazione, diviene espressione.

Ciò posto, si è affermato – in fattispecie in tutto sovrapponibile alla presente – che: “in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce” (Cass. n. 24799/14); nello stesso senso, in una fattispecie nella quale si è ritenuto che l’oggetto della compravendita non fosse, contrariamente all’apparenza, il vetusto fabbricato successivamente demolito, bensì il terreno edificabile sul quale esso insisteva: Cass. 16983/15.

Orbene, la sentenza CTR qui impugnata evidenzia i convergenti elementi fattuali e sostanziali di ritenuta configurabilità di una compravendita di area edificabile, quali: lo stato di vetustà che rendeva commercialmente poco o nulla appetibile il fabbricato preesistente; – la sua demolizione e ricostruzione successivamente alla compravendita; – la presentazione, da parte dell’acquirente, dell’istanza di demolizione e ricostruzione, al Comune di Faenza, appena tre giorni dopo la stipulazione; – la circostanza che, già prima della compravendita, il Comune avesse emanato due pareri favorevoli di fattibilità degli interventi edilizi poi realizzati; – la rispondenza del prezzo pattuito alla valorizzazione dello sfruttamento delle concrete potenzialità edificatorie, ovvero riedificatorie, del suolo.

Si tratta di elementi che il giudice di merito ha adeguatamente rimarcato in applicazione del su riportato orientamento interpretativo.

p. 2.3 Ciò posto, non si ritiene che la riqualificazione in termini di compravendita di area edificabile si ponga in contrasto con l’orientamento di legittimità secondo cui: “in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, sono soggette a tassazione separata, quali redditi diversi, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la ratio ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica” (Cass. n. 15629/14; così Cass. 4150/14).

Va infatti considerato che una cosa è interpretare l’atto secondo la sua intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20, in vista della sua esatta collocazione tra i gruppi tariffari previsti ai fini dell’imposta di registro; ed altra è affermare che l’acquisto di area già edificata non dà luogo a plusvalenza tassabile (in capo al venditore) ai fini dell’imposizione sul reddito.

Lo stesso orientamento di legittimità da ultimo citato individua la ratio dell’imposizione reddituale nell’emersione di una plusvalenza che trovi origine non “da un’attività produttiva del proprietario, ma dalla avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica”. Senonchè, tale ratio è del tutto estranea all’imposizione di registro, che trova fondamento e limite nella natura dell’atto D.P.R. n. 131 del 1986, ex artt. 1 e 20; indipendentemente dalla circostanza che dalla sua esecuzione possano derivare plusvalenze reddituali. Nè mancano recenti decisioni di legittimità che hanno espressamente evidenziato – in fattispecie diversa dalla presente, ma pur sempre con riguardo ai limiti di applicabilità del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 – l’autonomia di regolamentazione delle due imposte, anche sotto il profilo della estraneità all’imposta di registro della nozione stessa di plusvalenza tassabile (Cass. 3562/17).

E’ vero che la legge, proprio in tema di individuazione della natura edificabile di un’area, detta un criterio comune all’imposta di registro ed a quella sui redditi (D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. L. n. 248 del 2006). E tuttavia, la comunanza di disciplina non si spinge oltre tale individuazione; sicchè, ferma la natura fabbricabile del terreno “in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (evenienza, nel caso di specie, incontroversa), diversa ed autonoma rimane – pur in presenza di assetti negoziali del tutto analoghi – la regolamentazione tributaria consequenziale al presupposto così descritto, a seconda della natura e degli obiettivi propri di ciascuna imposta.

PQM

LA CORTE

– dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;

– condanna parte ricorrente al pagamento a favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.300,00; oltre spese prenotate a debito;

v.to il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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