Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10113 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. III, 09/05/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 09/05/2011), n.10113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26388/2006 proposto da:

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SS. PIETRO E PAOLO 50, presso lo studio dell’avvocato

TOMASSINI CLAUDIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CASAMASSIMA

Domenico giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MADDALENA RAINERI 12, presso lo studio dell’avvocato

FACCIOLONGO SABINO GERARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato

PALMIERI Sabino giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.L.;

– intimato –

sul ricorso 27683/2006 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MADDALENA

RAINERI 12, presso lo studio dell’avvocato FACCIOLONGO SABINO

GERARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato PALMIERI SABINO giusta

delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

C.C., P.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 933/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

Sezione Terza Civile, emessa il 20/7/2005, depositata il 04/10/2005,

R.G.N. 937/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato SABINO PALMIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale ed assorbito l’incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 21 gennaio 2002 il Tribunale di Trani ha respinto la domanda proposta da C.C. nei confronti di P. L., chiamato in causa dal convenuto P.V., per sentire dichiarare che lo stesso aveva esercitato il diritto di prelazione nei termini di legge in merito ad un fondo di proprietà di M.R., promesso in vendita a P.V..

Su gravame principale del C. e incidentale di P. L. la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza il 4 ottobre 2005, ritenendo assorbito l’appello incidentale del P..

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il C., affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso P.L., che, a sua volta, propone ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

1.-In punto di fatto va posto in rilievo quanto segue.

Il (OMISSIS) Co.Co., in nome e per conto della moglie M.R., prometteva di vendere a P.V. un fondo di proprietà della moglie con l’intesa che il possesso dell’immobile sarebbe stato attribuito non appena i confinanti avessero rinunciato al diritto di prelazione.

Alla data concordata la stipula non ebbe luogo e, a seguito del decesso del Co., la M. inviò al C. copia del preliminare al fine del diritto di prelazione che venne esercitato dal C. con nota del 9 ottobre 1993, invitando la M. e il P., che era divenuto possessore del fondo, alla stipula della compravendita.

Alla data del 23 novembre 1993 avanti al notaio si presentava solo la M. e non il P., mentre il C. aveva portato con sè L. 14 milioni, in parte anche in assegni, per cui non si stipulò alcun atto.

La M. decedeva nelle more ed esattamente il 31 gennaio 1994 ed il C., in data 3 febbraio 1994, depositava la somma di lire 14 milioni su di un libretto bancario fruttifero intestato agli eredi della M., dandone avviso agli interessati con lettera raccomandata.

Nonostante ciò, gli eredi della M. vendevano, in violazione del diritto di prelazione;

che il C. asseriva aver esercitato, il fondo a P. V., che dichiarava di averlo acquistato in nome e per conto di P.L., che accettava l’acquisto, in quanto con atto del 6 luglio 1994 il P.V. aveva acquistato per persona da nominare ex art. 1401 c.c., e nella stessa data stipulò il contratto a favore del L., che, accettando, aveva perfezionato il contratto di vendita.

Nel corso del giudizio di primo grado si costituì P. V., che chiese ed ottenne di chiamare in causa il P. L., il quale, nel costituirsi, eccepì la improponibilità della domanda del C. per decorso del termine perentorio di un anno ai fini del riscatto ed il rigetto della stessa perchè il C., a suo avviso, non aveva provveduto ad offrire il prezzo per l’acquisto nei termini di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 8.

2.-Il punto centrale del ricorso, peraltro già disatteso dal giudice dell’appello, consiste nell’accertare se il deposito della somma e la comunicazione fatta agli eredi della M. abbiano raggiunto lo scopo di cui all’art. 1210 c.c..

2.1.-Infatti, con il primo motivo (violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento agli artt. 1210, 1212 e 1220 c.c. e L. n. 590 del 1965, art. 8; motivazione insufficiente e contraddittoria ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) assume il ricorrente, in estrema sintesi, che il giudice dell’appello avrebbe dovuto applicare correttamente la normativa speciale e codicistica, le quali, in funzione delle situazioni reali che si presentano, caso per caso, armonizzate ed applicate in funzione dello scopo che la legge si prefigge nel momento in cui viene emanata e non disapplicarla in ossequio ad “una presunta irritualità del deposito della somma”, la quale, nel caso di specie, non è stata enunciata ed adeguatamente motivata dai due giudici di merito (v. par. 1 motivo del ricorso).

Il motivo non può trovare accoglimento.

Di vero, risultando incontestato tra le parti che il C. aveva esercitato il diritto di prelazione, ma non aveva nel termine perentorio fissato dalla L. n. 590 del 1965, art. 8, versato il prezzo di acquisto, in ordine al quale non sono ammessi atti equipollenti, correttamente il giudice dell’appello ha ritenuto che solo il deposito della somma dovuta a titolo di prezzo nelle forme di legge può essere parificato al pagamento del prezzo medesimo.

Nella specie non vi è offerta reale alla M. prima del suo decesso, nè agli eredi dopo il suo decesso, mentre il C. ha solo depositato la somma di L. 14 milioni il 3 febbraio 1994 su di un libretto bancario fruttifero presso un istituto di credito, con comunicazione agli eredi del 4 febbraio 1994.

E’ jus recepum, infatti, che perchè possa realizzarsi, in tema di riscatto agrario, la condicio juris del pagamento del prezzo non è sufficiente la mera “offerta” in una certa data ad opera dell’ufficiale giudiziario, del prezzo dovuto, ma occorre, ove l’offerta sia rifiutata dal creditore, il compimento di tutte le attività previste dall’art. 1209 c.c., e segg., che per espressa disposizione normativa sono frazionate nel tempo.

In concreto, nel caso in esame, il C. avrebbe dovuto fare ricorso al deposito c.d. liberatorio, quale atto ulteriore cui, nel caso di obbligazione di consegna di danaro, viene assegnato il valore di surrogato dell’adempimento, idoneo a soddisfare l’interesse del creditore, contro la sua stessa volontà e ad estinguere il vincolo obbligatorio (Cass. n. 9401/99; Cass. n. 8726/92).

Il debitore si viene a liberare definitivamente una volta che detto deposito venga accettato oppure sia stato dichiarato valido a seguito di sentenza, meramente dichiarativa, per cui gli effetti retroagiscono sino al momento in cui il deposito è stato eseguito, e passata in giudicato.

In altri termini, il C. è decaduto dal diritto di prelazione manifestato e gli eredi della M. hanno riacquistato la libera disponibilità dell’immobile, per cui legittimamente hanno venduto.

Ne consegue che sul punto la sentenza impugnata si appalesa immune da ogni errore di diritto e da ogni vizio di motivazione, così come denunciato.

2.-Con il secondo motivo (violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n. 3 in riferimento alla L. n. 871 del 1971, artt. 7 e 8 e L. n. 590 del 1965, art. 8, con motivazione omessa ed insufficiente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice dell’appello non avrebbe ritenuto fornita la prova circa i requisiti da possedere in tema di prelazione o di riscatto agrario, mentre a suo avviso, oltre al certificato SCAU dell’84, si sarebbe dovuto tenere conto del comportamento della parte avversa, che a lui notificò il preliminare di vendita dopo il decorso di ben otto anni dalla data di sottoscrizione dello stesso e condizionò la stipula dell’atto pubblico all’ottenimento della rinunzia alla prelazione dell’avente diritto, appunto lui, unico e solo confinante, nonchè non ebbe mai a contestargli di non avere le qualità previste dalla legge.

Con tale doglianza, che risulta prima facie smentita dalle argomentazioni addotte dal giudice dell’appello (v. p. 9 sentenza impugnata), in realtà il ricorrente richiede alla Corte di valutare diversamente da quanto fatto dal giudice dell’appello i presupposti di fatto e giuridici idonei a riconoscere provati gli estremi identificativi per la sua “legittimazione” alla prelazione.

Si tratta di accertamento in fatto, che, in quanto correttamente e logicamente motivato, sfugge ad ogni censura senza trascurare di sottolineare.

3.-Con il terzo motivo (violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento alla L. n. 590 del 1965, L. n. 817 del 1971 ed agli artt. 1344 e 1418 c.c. – omessa, insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe dichiarato inammissibile, perchè proposta in appello, la sua domanda di nullità dell’atto di compravendita, asserendo che, comunque, tale nullità ben avrebbe potuta essere rilevata di ufficio, trattandosi di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione intrapresa.

Se in linea di puro diritto appaiono condivisibili le deduzioni del ricorrente, in punto di fatto il C., proprietario del fondo confinante, ha esercitato, dopo la notifica del preliminare, senza alcuna riserva, come fa rilevare il resistente, il diritto di prelazione con il che ha mostrato di voler rinunciare alle allegazioni di cui parla nel ricorso e, quindi, ad ogni questione in ordine alla forma contrattuale adottata, accettando, ovvero, il preliminare di compravendita, per cui, se avesse adempiuto al regolare deposito della somma, il contratto sarebbe stato valido e perfetto in ogni suo elemento.

4. -Il quarto motivo , in estrema sintesi, sul governo delle spese è palesemente inammissibile.

Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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