Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10111 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 28/05/2020), n.10111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3635/2017 R.G. proposto da:

PIERBURG PUMP TECHNOLOGY ITALY S.P.A., C.F. (OMISSIS), con sede in

(OMISSIS), rapp.ta e difesa, giusta procura in calce al ricorso,

dall’Avv. Massimo Basilavecchia del Foro di Pescara, e giusta

procura in calce alla memoria 14.09.2018, l’avv. Massimo Fabio del

Foro di Roma, elett.te dom.ta presso lo studio del secondo in Roma,

Via Adelaide Ristori n. 38;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA delle DOGANE e dei MONOPOLI, C.F. (OMISSIS), rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana Sez. Staccata di Livorno n. 1249/10/16, depositata il 7

luglio 2016, non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 ottobre 2019

dal Consigliere Dott. Nocella Luigi.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Basile Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso incidentale ed il rigetto del ricorso principale.

Udito l’Avv. Massimo Fabio per la contribuente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello

incidentale.

Udito l’Avv. Giammarco Rocchitta per l’Agenzia delle Dogane che ha

concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di

quello incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.p.a. Pierburg Pump Technology Italy (in avanti Pierburg) proponeva innanzi alla CTP di Livorno ricorso avverso il provvedimento emesso il 9.10.2012, con il quale l’Agenzia delle Dogane di quella città aveva respinto l’istanza di rimborso dalla medesima proposta per il rimborso della somma di Euro 40.896,00, versata per addizionale provinciale alle accise su energia elettrica consumata nello stabilimento produttivo di Livorno e corrisposta dal giugno 2010 al febbraio 2012, ritenuta non dovuta siccome imposta incompatibile con la previsione dell’art. 1 p.2 Dir. CE 2008/118. In particolare l’Agenzia aveva motivato il diniego eccependo il difetto di legittimazione della Società, derivante dalla mancanza di qualifica di soggetto obbligato al pagamento dell’imposta. La Società deduceva, oltre a vizi formali di nullità del provvedimento, tanto la sussistenza della negata legittimazione attiva, quanto l’incompatibilità dell’imposta con il richiamato principio enunciato nella Direttiva CE n. 118/2008, chiedendo eventualmente deferirsi alla Corte di Giustizia UE la questione pregiudiziale sull’interpretazione della normativa nazionale istitutiva dell’addizionale (D.L. 28 novembre 1988, n. 511, art. 6, comma 1, lett.c)).

La CTP adita, con sentenza n. 206/01/2015, accoglieva il ricorso, sia per le nullità formali che per la dichiarata incompatibilità dell’imposta con la normativa Europea; quindi, con la pronuncia oggetto della presente impugnazione, la CTR della Toscana ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Dogane di Livorno, condannando la Pierburg alla rifusione delle spese di appello.

In particolare il giudice d’appello, ha accolto il motivo, ritenuto preliminare ed assorbente degli altri, proposto dall’Agenzia in merito alla denunciata incompatibilità della normativa nazionale con l’art. 1 p.2 Dir. CE n. 118/2008: premesso che le Direttive comunitarie, per acquisire efficacia vincolante negli ordinamenti dei singoli Paesi membri, debbono essere recepite, ai sensi dell’art. 288 del Trattato UE, con apposita normativa nazionale idonea, eventualmente, a rimuovere disposizioni nazionali con essa contrastanti; ed evidenziato che la Direttiva invocata dalla Società non attribuiva ai singoli soggetti precisi diritti, non presentava i caratteri di trasparenza, precisione e certezza giuridica richiesti per esplicare efficacia vincolante e per non lasciare margini di discrezionalità ai legislatori dei singoli Stati membri, nè aveva carattere incondizionato, tale cioè da essere immediatamente applicabile negli ordinamenti nazionali (caratteristiche tutte necessarie, ai sensi del costante insegnamento di questa Corte, per ritenere la Direttiva self-executing e quindi incidente direttamente nei rapporti tra Stato e contribuenti); ha concluso che, prima dell’abrogazione della norma istitutiva dell’addizionale sulle accise sull’energia elettrica, i soggetti contribuenti non potevano sottrarsi all’obbligo di corrispondere l’imposta, il cui versamento non poteva quindi qualificarsi come indebito oggettivo.

La società soccombente ricorre per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato il 3.02.2017, fondato su unico motivo.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha notificato il 10 marzo 2017 controricorso, contenente appello incidentale condizionato fondato su unico motivo.

Il 21 aprile 2017 la Società Pierburg ricorrente ha notificato controricorso al ricorso incidentale, ed il 14.09.2018 memoria illustrativa dei motivi e di replica al ricorso incidentale.

Nella pubblica udienza del 15.10.2019 il P.G. e le parti hanno discusso oralmente la causa ed all’esito della camera di consiglio la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la Società Pierburg denuncia violazione e

falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., dell’art. 1 p.2 Dir. CE n. 118/2008, per la negata diretta esecutività della norma medesima nell’ordinamento nazionale: premesso che sarebbe ormai pacifico il principio che le Direttive comunitarie hanno valore giuridico prevalente sulle leggi statali ordinarie dei Paesi membri, e debbono trovare negli stessi immediata e diretta applicazione con conseguente dovere per il Giudice italiano di disapplicare le norme interne contrastanti con le stesse, la ricorrente deduce la natura self-executing della Direttiva in esame dall’atteggiamento del legislatore italiano, che con il D.L. 29 marzo 2010, n. 48 ha adeguato la normativa interna alla Direttiva medesima, trasfondendola, di fatto invariata, nella normativa nazionale, evidentemente sotto la “minaccia” dell’apertura di una procedura di indagine in relazione alla permanenza della contestata addizionale; inoltre fa rilevare che la Corte di Giustizia UE ha statuito che, in caso di impossibilità di ottenere l’applicazione dei principi sanciti da una Direttiva, al Giudice nazionale compete il compito di garantire la tutela giuridica da questa attribuita, anche disapplicando le leggi nazionali contrarie (Corte Giust. UE 9.03.1978 C-106/77, Simmenthal; Corte Giust. UE 22.11.2005 C144/04).

L’Agenzia evidenzia come la normativa istitutiva dell’addizionale sulle accise perseguiva fin dall’origine una specifica finalità, chiaramente enunciata nel preambolo del provvedimento di legge, inserendosi in quell’ambito di discrezionalità normativa concessa dalla stessa Direttiva al legislatore nazionale; come l’addizionale non fosse una nuova imposta indiretta, ma modificava la disciplina dell’accisa principale senza modificarne struttura e finalità; che l’abrogazione delle addizionali era stata accompagnata all’attribuzione del relativo gettito allo Stato, mediante incremento dell’aliquota sull’energia elettrica sull’intero territorio nazionale, e che una coeva norma (D.L. n. 223 del 2010, art. 2, comma 2-bis) aveva rimesso alle Province la potestà di imporre una maggiorazione dell’addizionale per garantire il finanziamento del ciclo di smaltimento dei rifiuti; ha inoltre contestato la natura auto-esecutiva della Direttiva in esame, in assenza della specifica normativa adeguatrice, e ribadito la conseguente persistenza dell’obbligatorietà dell’imposta in oggetto fino all’abrogazione della norma istitutiva.

2. Con il ricorso incidentale condizionato l’Agenzia, sul presupposto che la CTR avesse implicitamente confermato il punto della motivazione della sentenza della CTP con la quale era stata ribadita, sia pur indirettamente, la sussistenza della legittimazione attiva della Pierburg ad instare per il rimborso, pur nella sua qualità di mero consumatore dell’energia, ribadisce che tale legittimazione sarebbe legata alla qualità di soggetto obbligato al pagamento dell’imposta e che l’ha versata, laddove l’acquirente consumatore dell’energia avrebbe un rapporto diretto, di natura civilistica, con il produttore o importatore della stessa, estraneo al rapporto di imposta tra questi soggetti passivi e l’Erario.

3. Il ricorso principale è fondato.

Va rilevato che la Direttiva CE N. 2008/118 ha sostituito ed integrato la precedente Direttiva N. 92/12 del CE, che conteneva norme sul regime di detenzione, commercio e controlli dei prodotti assoggettati ad accisa finalizzate a determinare una regolamentazione armonizzata a livello comunitario; che la nuova Direttiva, come la precedente, più volte modificata ed integrata, contiene normativa analitica e specifica di molti aspetti della disciplina; che è entrata in vigore fin dal 15.01.2009 (art. 49) ed aveva fissato ai legislatori nazionali termine fino al 1.01.2010 per adeguare le normative interne alla Direttiva con effetto dal 1.04.2010, appunto in relazione alla necessità di conservare la massima coerenza ed uniformità della regolamentazione della materia; che lo Stato Italiano ha emesso a tal fine il D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, di fatto recependo in modo sostanzialmente uniforme la disciplina dettata dalla nuova Direttiva, senza definire eventuali ulteriori forme di imposizione indiretta sui prodotti energetici, preesistenti o di nuova istituzione, che potessero considerarsi attuazione della facoltà di avvalersi della facoltà concessa dalla Direttiva; infine che successivamente, sia pure nel contesto di una rimodulazione del sistema d’imposizione dei prodotti energetici, le imposte addizionali sui prodotti assoggettati ad accisa erano state soppresse (ad opera del D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 18, comma 5 e del D.L. n. 16 del 2012, art. 4, comma 10), con ciò di fatto escludendo che la disciplina delle addizionali fosse in linea con il divieto generale di ulteriori imposizioni indirette sui prodotti energetici assoggettati ad accisa.

Orbene, la CTR, pur avendo individuato correttamente i principi fondamentali da sempre affermati dalla Corte di Giustizia UE in tema di applicabilità immediata delle Direttive comunitarie, ne fa poi non esatta applicazione nella parte in cui, affermando apoditticamente (penult. cpv. pag.2) che la Direttiva “non presenta tali caratteri e la stessa, non riconoscendo direttamente al contribuente alcun esplicito diritto soggettivo si è realizzata tramite

il suo recepimento nazionale”, senza verificare analiticamente ed

in concreto la sussistenza dei presupposti di immediata operatività della norma da applicare (come sua fondamentale competenza giusta Corte Cost. 3 marzo 1991, n. 168), ha concluso (ultimo cpv. della motivazione) che la norma comunitaria non sarebbe applicabile nella fattispecie poichè “lo Stato Italiano si è adeguato nei termini alla Direttiva 118/2008 previa semplice abrogazione della norma di previsione delle addizionali sul consumo di energia elettrica”. Al contrario va ricordato che il legislatore italiano ha sì dato applicazione pressochè tempestiva alla Direttiva, emanando, con la menzionata L. n. 48 del 2010, la normativa di attuazione contenente recezione pedissequa della regolamentazione comunitaria priva di regolamentazione di specifiche ipotesi di deroga alla regola base, ma ha disposto l’abrogazione delle addizionali sulle accise solo successivamente, con il D.Lgs. n. 68 del 2011 e con il D.L. n. 16 del 2012, ben oltre i termini previsti dalla Direttiva per l’adeguamento.

In realtà la norma comunitaria da assumere a parametro di compatibilità con il diritto unionale, l’art. 1 par.2 della Direttiva in esame, prevede che una imposizione indiretta aggiuntiva sul consumo di energia elettrica, già colpito dalle accise armonizzate, è possibile soltanto ove sia, da un lato, rispondente a una o più finalità specifiche e, dall’altro, rispetti le regole di imposizione dell’unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, del calcolo, dell’esigibilità e del controllo dell’imposta; ciò in quanto occorre evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi (Corte di Giustizia UE, 5 marzo 2015, C-553/13, Statoil Fuel & Retail, punti 35 – 36; analogamente Corte di Giustizia UE 25 luglio 2018, C-103/17, La Messer France SAS, punti 35 ss.; Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, C-82/12, Transportes Jordi Besora, punto 22). In altri termini la norma, letta a contrario, impone direttamente un obbligo di non fare, cioè di non creare (o conservare) forme di imposizione indiretta incompatibili con l’indirizzo indicato nella norma medesima; nè l’operatività di tale obbligo è condizionata dalla disponibilità dello Stato ad emettere una specifica regolamentazione di diritto interno. Alla luce dei principi ricavabili dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ribaditi anche dalla giurisprudenza costituzionale nazionale, norme siffatte sono immediatamente vincolanti per il Giudice nazionale (Corte Cost. 19 aprile 1985, n. 113; Corte Cost. 13 aprile 1989, n. 232), nonchè per l’Amm.ne Finanziaria, quale articolazione dello Stato membro (Corte Giustizia UE 22.06.1989 n. 103 C-91/92, F.lli Costanzo), in quanto, stabilendo divieti di nuova o comunque ulteriore imposizione rispetto a quella prevista a livello comunitario, sono attributive del diritto per il contribuente a non vedersi applicata un’imposizione considerata illegittima dalla norma comunitaria.

D’altronde, in assenza di una normativa attuativa specifica da parte dello Stato membro, il rispetto degli ambiti di possibili eccezioni al divieto deve essere obbligatoriamente verificabile da parte del Giudice nazionale in conformità ai consolidati principi che governano l’applicazione immediata delle Direttive in ambito nazionale. A tal fine deve ancora una volta soccorrere la giurisprudenza della Corte di Giustizia, che con le menzionate pronunce, ha altresì specificato che, perchè un’imposta possa garantire la finalità specifica invocata, occorre che il gettito da essa derivante sia obbligatoriamente utilizzato “al fine di ridurre i costi ambientali specificamente connessi al consumo di energia elettrica su cui grava l’imposta in parola nonchè di promuovere la coesione territoriale e sociale, di modo che sussiste un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione” (Corte di Giustizia UE, 25 luglio 2018, cit., punto 38 39; Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, cit., punto 30; Corte di Giustizia UE, 5 marzo 2015, cit., punto 41).

Tra queste finalità specifiche, peraltro, non può rientrare la generica previsione che una parte del gettito di una imposta addizionale si risolva in una contribuzione al bilancio interno di uno Stato, come di un Ente Locale, “poichè ogni Stato membro può decidere di imporre, a prescindere dalla finalità perseguita, l’assegnazione del gettito di un’imposta al finanziamento di determinate spese” (Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, cit., punto 29); tale conclusione s’impone quindi anche per le addizionali alle accise sull’energia elettrica, già disciplinate dal D.L. 28 novembre 2011, n. 511, art. 6 conv. con L. 27 gennaio 1989, n. 20, dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52 e s.s. e succ. modiff., che non hanno finalità specifiche a termini dell’art. 1 par.2 Direttiva 2008/118/CE, avendo come finalità mere esigenze di bilancio degli Enti locali (cfr. Cass. sez.V ord. 4.06.2019 n. 15198).

Del resto, se le norme abrogatrici fossero attuative del divieto di istituzione di ulteriori imposte indirette sui prodotti energetici sottoposti ad accise, come la CTR sembra ritenere nel passaggio riportato, si sarebbe dovuto verificarne comunque la possibile illegittimità, quanto meno per il periodo dal 31.03.2010 all’emanazione della norma abrogativa (nel quale ricadono i consumi oggetto di controversia – dal giugno 2010 al febbraio 2012), in quanto frutto della persistenza, oltre il termine per l’adeguamento, di norme ritenute dallo stesso legislatore incompatibili con la Direttiva comunitaria nelle more divenuta vincolante (cfr. Corte Giustizia UE 13.11.1990 C-106/89; Corte Giustizia UE 19.11.1991 C-6 e 9/90).

4. Invece il ricorso incidentale condizionato proposto dall’Agenzia controricorrente deve essere dichiarato inammissibile, siccome avente ad oggetto questione non esaminata perchè rimasta assorbita dalla statuizione del Giudice d’appello, in relazione alla quale non può ravvisarsi alcun rigetto implicito, nè, correlativamente, la soccombenza dell’appellante presupposto dell’ammissibilità dell’impugnazione: invero la CTR ha pronunciato in virtù del principio cd. della ragione più liquida, sicchè la questione non esaminata, in conseguenza dell’accoglimento del ricorso principale, potrà essere riproposta davanti al giudice di rinvio, ove semplicemente riproposta, come nel caso di specie (ex multis, Cass. sez.VI-L ord. 23.07.2018 n. 19503; Cass. sez.V 22.09.2017 n. 22095; Cass. sez.V 15.01.2016 n. 574; Cass. sez.V 20.12.2012 n. 23548; Cass. sez.I 23.05.2006 n. 12153).

5. In conclusione, il ricorso principale va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata. La causa deve quindi essere rimessa alla CTR della Toscana, in diversa composizione, perchè valuti, alla luce delle ragioni di accoglimento del ricorso, la sussistenza ed azionabilità del- diritto vantato dalla Società ricorrente e, ove necessario, le questioni rimaste assorbite nelle precedenti fasi di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla CTR della Toscana in diversa composizione, per nuovo esame e per la statuizione delle spese anche della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 maggio 2020

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