Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10109 del 29/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10109 Anno 2013
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 14940-2008 proposto da:
I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, 80078750587 in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
2013
1006

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati SGROI ANTONINO, CORRERA
FABRIZIO, CALIULO LUIGI, giusta delega in atti;


– ricorrenti –

Data pubblicazione: 29/04/2013

-

contro

CHIATANTE ROBERTO, SARACINO MARIA;
■•■

– intimati –

e sul ricorso 18449-2008 proposto da:
SARACINO MARIA, CHIATANTE ROBERTO, elettivamente

studio dell’avvocato CRIMI GIUSEPPE, rappresentati e
difesi dall’avvocato CHIATANTE GIUSEPPE, giusta delega
in atti;
– controri correnti e ricorrenti incidentali contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE, 80078750587 in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della

S.C.C.I.

S.P.A.

Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e
difesi dagli avvocati SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI,
MARITATO LELIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in
calce alla copia notificata del controricorso e
ricorso incidentale;
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1305/2007 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 28/05/2007 R.G.N. 293/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 8, presso lo

udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso principale, inammissibilità
o in subordine rigetto dell’incidentale.

Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28.5.2007, la Corte di Appello di Lecce accoglieva il gravame proposto
da Chiatante Roberto e da Saracino Maria e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo
emesso nei confronti degli appellanti per l’importo di euro 5.121,29 a titolo di contributi
previdenziali ed assistenziali obbligatori, nonché di sanzioni civili per gli anni dal maggio
1986 al 1987, oltre che per gli ulteriori importi a titolo di somme aggiuntive. Rilevava che

che fosse onere dei ricorrenti comunicare all’INPS la cessione della loro quota societaria
al fine di liberarsi dell’obbligazione di corrispondere in solido i contributi, atteso che la
norma (art. 2 legge 467/1978) richiamata dal primo giudice si riferiva al titolare o al legale
rappresentante dell’impresa e non ai soci. Secondo il giudice del gravame, questi ultimi,
una volta ceduta la quota ed annotata la cessione presso il Registro delle Ditte in epoca
antecedente al sorgere dell’obbligazione contributiva, erano divenuti estranei alla
compagine sociale e non più tenuti per le obbligazioni sociali, onde il provvedimento
monitorio andava revocato non essendo sussistente il diritto sottostante e non azionabile
in giudizio la relativa pretesa.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, anche quale mandataria della S.C.C.I.
s.p.a, con unico motivo.
Resistono con controricorso gli intimati, i quali propongono ricorso incidentale
condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Con il ricorso principale, l’INPS denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2290 c. c.
e dell’art. 2 del decreto legge 3 luglio 1978 n. 352, convertito in legge 4 agosto 1978 n.
467, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., censurando l’argomentazione della Corte territoriale
sul rilievo che l’omissione afferiva alla contribuzione previdenziale in favore dei lavoratori
subordinati assunti dalla società e che, in forza di tale incontroverso presupposto, era
applicabile l’art. 2 del decreto 352f78 citato, proprio utilizzando l’argomento seguito dal
1

erroneamente il Tribunale, nel rigettare l’opposizione a decreto ingiuntivo, aveva ritenuto

collegio del merito. Evidenzia al riguardo che se, come affermato da quest’ultimo, la
menzionata disposizione attiene al titolare o al legale rappresentante dell’impresa, nel
caso di specie, versandosi in ipotesi di società in nome collettivo con obbligo solidale di
tutti i soci di provvedere al pagamento delle retribuzioni e contribuzioni in favore dei propri
lavoratori subordinati, deve ritenersi applicabile per tutti i soci illimitatamente responsabili
della società in nome collettivo – nei confronti dei quali l’ente previdenziale può far valere

codicistica di cui all’ari 2290 c. c. Con quesito formulato all’esito delle argomentazioni
svolte, il ricorrente domanda “se il socio receduto da una società in nome collettivo, per
rendere opponibile tale recesso nei confronti dell’INPS, e quindi sottrarsi alle richieste di
pagamento del medesimo per omissioni contributive sorte successivamente al proprio
recesso, debba, ai sensi dell’art. 2 del decreto legge 3 luglio 1978 n. 352, convertito in
legge 4 agosto 1978 n. 467, comunicare all’INPS la propria cessazione dalla qualità di
socio”.
Preliminarmente, si osserva che il ricorso principale è svolto anche per violazione dell’art.
2290 c. c., ma sotto tale profilo lo stesso è inammissibile perché sia il quesito di diritto che
il motivo si limitano a censurare la ritenuta inconferenza alla fattispecie dell’ari 2 del d. I.
352/78 convertito in legge n. 467/78.
Premesso che la cessione delle quote da parte del Chiatante e della Saracino è avvenuta
il 10.2.1986 e che i contributi si riferiscono al periodo I maggio 1986 – 31 dicembre 1987, si
sostiene da parte dell’istituto ricorrente che l’esonero da responsabilità dei soci, affermato
dal giudice del gravame, sia in contrasto con il contenuto dell’art. 2 del decreto legge
352/78, applicabile alla fattispecie.
La norma dispone che “in caso di sospensione, variazione o cessazione dell’attività, il
titolare o il legale rappresentante dell’impresa sono tenuti a farne comunicazione, entro
trenta giorni, alla Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e agli enti
previdenziali gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie nei cui confronti è
sussistito il relativo obbligo assicurativo”. Al comma 2°, è prevista, per il caso di mancato
adempimento, una sanzione amministrativa.

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indifferentemente il proprio credito – la regola speciale dettata dell’art. 2, e non la regola

Il motivo è infondato perché la norma richiamata si riferisce alle variazioni dell’attività
dell’impresa e non già ai mutamenti della compagine sociale e tale interpretazione trova
conforto in precedenti di questa Corte che, sia pure esaminando questioni parzialmente
diverse, hanno rilevato che il comportamento omissivo intervenuto nel corso dell’attività del
datore di lavoro, con riguardo ai mutamenti intervenuti nell’attività svolta, tali da
comportare una variazione della classificazione ai fini previdenziali — ritenuto assimilabile

inesatte inviate nel momento iniziale dell’attività ed incidenti sull’inquadramento iniziale trova una specifica sanzione nell’ordinamento. Il D.L. n. 352 del 1978, art. 2, comma 1,
convertito in L. n. 467 del 1978 prevede, infatti, l’obbligo dell’impresa di comunicare agli
enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta, contemplando, in
caso di violazione del suddetto obbligo, l’irrogazione di una sanzione amministrativa (v., in
tali termini, sentenze cit.). La normativa esaminata si riferisce dunque alle variazioni
dell’attività della impresa, che evidentemente rilevano ai fini dell’obbligo contributivo, e non
a mutamenti della composizione societaria che lasciano invariati gli obblighi stessi sia pure
rendendoli riferibili a diversi soggetti, che divengono legittimati passivamente rispetto alle
obbligazioni contributive.
Tale conclusione non risulta smentita dalle argomentazioni contenute nella pronunzia di
questa Corte n. 2639 del 23.2.2001, che si limita a rilevare l’inconferenza,

ratione

temporis, del richiamo all’art. 2 del decreto legge 352/78 convertito in legge 4 agosto 1978
n. 467, rimarcando la necessità di forme di pubblicità adeguate e l’insufficienza, ai fini della
tutela dell’affidamento degli enti creditori, della cancellazione del socio dagli elenchi della
camera di commercio, in ipotesi peraltro riferita al recesso del socio illimitatamente
responsabile e non a quella della mera cessione di quote sociali.
Il ricorso incidentale, che ascrive alla sentenza impugnata la violazione dell’art. 112 c.p.c.,
in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., evidenziando l’omessa pronuncia sulla eccepita
estinzione del credito dell’INPS, deve ritenersi assorbito dalle argomentazioni che
precedono, stante il suo carattere condizionato.
Alla stregua delle esposte considerazioni, deve pervenirsi al rigetto del ricorso principale,
ritenuto assorbito il ricorso incidentale proposto dal Chiatante e dalla Saracino.
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(Cass. 13383/2008) o meno (Cass. 4521/20069) alla fattispecie dell’invio di dichiarazioni

Alla soccombenza dell’istituto consegue la condanna dello stesso al pagamento delle
spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale e
condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in euro

legge.
Così deciso in Roma, il 20.3.2013

50,00 per esborsi ed in euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per

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