Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10109 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. III, 09/05/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 09/05/2011), n.10109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 35088/2006 proposto da:

L.F. (OMISSIS), L.C.

(OMISSIS), L.M.L. (OMISSIS),

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 52, presso lo studio dell’avvocato

RIZZITELLI Marina, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DALLA ROSA LUIGI giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SARA ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) in persona del Direttore

Generale Ing. V.S., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSI

Gaetano, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BAROLO

PIETRO giusta delega a margine del controricorso;

ALLIANZ SUBALPINA S.P.A. (OMISSIS) in persona dei procuratori

speciali Dr.ssa M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.E., D.B.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1850/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 28/9/2005, depositata il 22/11/2005,

R.G.N. 919/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/03/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato GAETANO ALESSI;

udito l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione notificata nel gennaio del 1997 L.O., rappresentato dalla tutrice L.M.L., convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso D.B.C. ed C.E., nonchè le compagnie assicuratrici delle autovetture degli stessi, rispettivamente Sara Ass.ni s.p.a. e Subalpina Ass.ni s.p.a., per ivi sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni da lui subiti a seguito di un incidente verificatosi il (OMISSIS).

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese.

Nel corso del giudizio, a seguito della morte di L.O., avvenuta in data (OMISSIS), si costituirono quali eredi i figli M.L., F. e L.C., nonchè la vedova P.A..

Con sentenza del 17 gennaio 2002 il giudice adito condannò i convenuti in solido al pagamento in favore degli attori della complessiva somma di L. 565.200.000, con gli interessi legali al tasso annuo del 4% a decorrere dal 31 luglio 1994 al saldo.

Su appello principale di D.B.C. e di Sara s.p.a., e incidentale degli eredi di L.O., la Corte d’appello di Venezia, in data 22 novembre 2005, per quanto qui interessa, ha quantificato in Euro 42.828,74 l’entità dei danni sofferti da L. O., per l’effetto condannando i convenuti in solido al pagamento della predetta somma in favore degli attori.

Ha ritenuto il decidente che, in caso di morte del soggetto leso, il risarcimento non deve essere commisurato alle speranze di vita future, ma alla effettiva durata della vita stessa. Conseguentemente, tenuto conto che dalla data del sinistro al decesso il L. era vissuto per circa mille e centocinquanta giorni; che lo stesso aveva già 86 anni e una salute fortemente compromessa, ha riconosciuto, per danno biologico da invalidità permanente totale, la somma di Euro 23.992,28.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione M. L., F. e L.C., nonchè P.A., formulando due motivi.

Resistono con controricorso Sara Assicurazioni s.p.a. e Allianz Subalpina Assicurazioni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va anzitutto confutata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata specificazione dei motivi, proposta da SARA Assicurazioni s.p.a..

E invero, malgrado una certa confusione e ridondanza argomentativa, dall’atto di impugnazione sono chiaramente enucleabili le critiche formulate alla scelta decisoria del giudice a quo. E tanto a prescindere dalla ammissibilità e dalla fondatezza dei singoli motivi di ricorso, posto che la prospettazione di motivi non consentiti, pur rendendo inammissibile la censura, comporta il rigetto e non l’inammissibilità della proposta impugnazione (confr.

Cass. civ. 22 maggio 2006, n. 11938; Cass. civ. 16 novembre 2005, n. 23077).

2 Col primo mezzo gli impugnanti lamentano che la Corte territoriale abbia accolto una domanda (rectius, un’eccezione), formulata per la prima volta nell’atto di appello, e cioè la necessità di parametrare il danno biologico alla durata effettiva della vita del loro dante causa, laddove di tale deduzione non v’era traccia nelle conclusioni rassegnate all’udienza del 7 luglio 2001, nella quale i convenuti si erano limitati a eccepire che gli attori avevano chiesto il risarcimento dei danni esclusivamente iure successionis.

3 Osserva il collegio che il motivo – che appare lacunoso anche sotto il profilo dell’autosufficienza, essendo palesemente errata la data dell’udienza del giudizio di primo grado in cui vennero prese le conclusioni pretesamente difformi da quelle del giudizio di appello, in quanto successiva alla deliberazione della sentenza del Tribunale – è infondato.

Non par dubbio, infatti, che la censura svolta nei motivi di gravame costituiva, come sinteticamente ma correttamente argomentato dal giudice d’appello, esplicitazione di un’argomentazione difensiva insita nella contestazione del quantum della pretesa azionata, argomentazione attinente, per giunta, a profili dei fatti costitutivi della domanda attrice conoscibili ex officio dal giudice. E invero i criteri di quantificazione del danno biologico, come di qualsiasi altro pregiudizio di cui si chieda il ristoro, sono soggetti, nel vigente ordinamento, al principio per cui quanti ea res erit, tamquam pecuniam condemnato: da un lato, il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso;

dall’altro, esso non può sopravanzare l’effettiva entità di siffatto pregiudizio e risolversi quindi in un arricchimento del danneggiato, non essendo consentito, in via generale, arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro (confr. Cass. civ. 12 giugno 2008, n. 15814).

Ciò comporta che l’inerzia difensiva del convenuto giammai può legittimare l’attribuzione a titolo risarcitorio di somme maggiori rispetto all’effettiva entità del danno.

4 Col secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 2059, 1175 e 1176 cod. civ., per essere stata la liquidazione del danno biologico da invalidità permanente ancorata alla durata effettiva della vita del danneggiato successiva all’evento lesivo, e non all’aspettativa di vita, secondo i criteri statistici in uso.

Nella medesima prospettiva deducono gli impugnanti l’inosservanza del dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza, in sostanza denunciando che artatamente gli obbligati non avrebbero provveduto a risarcire tempestivamente il danno subito dal loro dante causa.

5 Le critiche sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.

Anzitutto la deduzione della violazione dei doveri di correttezza e buona fede costituisce questione nuova, in quanto non trattata nella sentenza impugnata. Si ricorda allora che, secondo il costante insegnamento di questo giudice di legittimità, qualora una determinata questione giudica – che implichi un accertamento di fatto – sia stata del tutto ignorata dal giudice di merito, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere, rimasto nella fattispecie del tutto inadempiuto, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzione (confr. Cass. civ. sez. lav.

28 luglio 2008, n. 20518; Cass. civ. 1, 31 agosto 2007, n. 18440). E invero i motivi del ricorso per cassazione devono investire a pena di inammissibilità questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, di modo che, salvo che si prospettino profili rilevabili d’ufficio, è preclusa la proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti fasi processuali (confr. Cass. civ., sez. 1, 13 aprile 2004, n. 6989).

6 Sotto altro, concorrente profilo va poi osservato che per consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di risarcimento del danno, qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, alla valutazione probabilistica connessa all’ipotetica durata della vita della stessa, va sostituita quella del concreto pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, cosicchè l’ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis deve essere calcolato con riferimento non già alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva (confr. Cass. civ. 31 gennaio 2011, n. 2297; Cass. civ. 30 ottobre 2009, n. 23053).

In casi siffatti, invero, la durata della vita futura non è più un valore ancorato a probabilità statistiche, idoneo ad assumere rilevanza, ai fini della liquidazione del danno biologico, in quanto, col suo aumentare, diminuisce specularmente l’aspettativa di vita, e progressivamente anche il tempo in cui il soggetto leso subirà le conseguenze non patrimoniali dell’offesa della sua integrità psicofisica: quella durata è ormai un dato noto, per essere il soggetto deceduto, di talchè il danno biologico (riconoscibile tutte le volte in cui la sopravvivenza si sia protratta per un tempo apprezzabile rispetto al momento delle lesioni), va ad esso correlato (confr. Cass. civ. 24 ottobre 2007, n. 22338).

In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.200,00 (di cui Euro 4.000,00 per onorari), per Sara Assicurazioni s.p.a., ed Euro 5.200,00 (di cui Euro 5.000,00 per onorari), per Allianz Subalpina s.p.a., oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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