Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10106 del 24/04/2018

Cassazione civile, sez. I, 24/04/2018, (ud. 23/11/2017, dep.24/04/2018),  n. 10106

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Corte d’appello di Roma ha respinto i distinti gravami proposti dalla sig.ra B.M.N., madre delle minori D.A.I. e R., e dai sig.ri B.M.R., M.L. e B.M.M., rispettivamente nonni e zia delle medesime, avverso la sentenza con cui il Tribunale per i minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità delle minori predette;

i sig.ri B.M.R., M.L. e B.M.M. e la sig.ra B.M.N. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, cui ha resistito con distinti controricorsi il curatore speciale delle minori nominato dal Tribunale per i minorenni;

la sig.ra B.M.N. ha presentato anche memoria;

Considerato che:

la parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi perchè tardivi, dato che la sentenza della Corte d’appello era stata notificata a mezzo posta elettronica certificata alle parti ricorrenti, a cura della cancelleria, il 1 febbraio 2016, mentre il ricorso per cassazione dei sig.ri B.M.R., M.L. e B.M.M. è stato presentato all’ufficio postale per la notifica il 22 luglio 2016 e il ricorso della sig.ra B.M.N. è stato notificato a mezzo pec il 1 settembre 2016, entrambi, dunque, oltre il termine di trenta giorni previsto dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, come sostituito dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 16;

l’eccezione è fondata sia in fatto, trovando le affermazioni della parte controricorrente puntuale riscontro in atti, sia in diritto, in quanto il comma 1, ultimo periodo, del richiamato L. n. 184 del 1983, art. 17, dispone che la sentenza di appello è notificata d’ufficio al pubblico ministero e alle altre parti, e il comma 2, del medesimo articolo prevede che il ricorso per cassazione è ammesso “entro trenta giorni dalla notificazione”, con evidente riferimento alla notificazione eseguita a cura dell’ufficio menzionata alla fine del comma precedente, per altrettanto evidenti ragioni di sollecitudine nella definizione del giudizio in considerazione del suo oggetto (anche la giurisprudenza di legittimità anteriore alla novella di cui alla richiamata L. n. 149 del 2001, sull’adozione, del resto, si era attestata nel senso della decorrenza del termine di trenta giorni per ricorrere per cassazione dalla data della notifica di ufficio – già all’epoca prevista dalla legge – della sentenza di appello sulla dichiarazione di adottabilità: cfr., tra le più recenti, Cass. 22/06/2012, n. 10486; 28/02/2006, n. 4396; 01/03/2005, n. 4292);

la sig.ra B.M.N. replica, nella memoria, che: a) ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, la cancelleria può eseguire, a mezzo pec, sia comunicazioni che notificazioni e nella specie quella eseguita non era una notificazione, “non riportando tale oggetto”, bensì una mera comunicazione; b) in ogni caso, l’art. 133 c.p.c., comma 2, come modificato dal medesimo D.L. n. 179 del 2012, prevede che il cancelliere avvisi le parti del deposito della sentenza mediante biglietto di cancelleria contenente il testo integrale della sentenza stessa e che tale comunicazione non è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, rendendo con ciò evidente che la decorrenza di detto termine può essere solo l’effetto di una notifica del provvedimento a istanza di parte; c) il sistema di notificazione a mezzo posta elettronica è stato introdotto in epoca successiva alla L. n. 149 del 2001, cit., dall’art. 149 bis c.p.c., inserito dal D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, conv. in L. 22 febbraio 2010, n. 24, e solo con il già richiamato D.L. n. 179 del 2012, è stata prevista l’esecuzione, da parte delle cancellerie, non solo di comunicazioni, ma anche di notificazioni telematiche, per cui deve ritenersi che al 28 marzo 2001, data della richiamata L. n. 149, di modifica della L. n. 184 del 1983, art. 17, sull’adozione, il legislatore per notificazione d’ufficio intendesse soltanto quella eseguita a mezzo dell’ufficiale giudiziario, secondo la regola generale di cui all’art. 137 c.p.c..

il rilievo sub a) è smentito dall’attestazione della cancelleria del Corte d’appello, prodotta dal curatore controricorrente, di aver proceduto, in data 1 febbraio 2016, alla “comunicazione/notificazione” della sentenza alle parti costituite: dunque nell’atto della cancelleria era chiaramente indicato che si trattava (anche) di notificazione;

il rilievo sub b) è infondato, essendo la regola generale di cui all’art. 133 c.p.c., manifestamente derogata dalla richiamata disposizione speciale di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 17, secondo cui il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla notificazione della sentenza di appello eseguita d’ufficio;

infondato e anche il rilievo sub c), perchè il richiamato art. 17, prevede la notificazione (d’ufficio) senza alcun riferimento alle modalità con cui essa viene eseguita, nè la restrizione della previsione alla sola notifica eseguita a mezzo di ufficiale giudiziario è ricavabile dalla circostanza che all’epoca dell’entrata in vigore del testo della norma, come novellato dalla legge n. 149/2001, non fosse ancora prevista la modalità di notificazione telematica, apparendo ragionevole, al contrario, anche in considerazione delle esigenze di sollecitudine a base della disciplina in questione, non precludere la possibilità di avvalersi di modalità più efficienti di notifica consentite dall’evoluzione tecnologica e normativa;

va infine precisato che quanto sin qui osservato non contrasta con quanto statuito nella sentenza 04/12/2014, n. 25662 di questa stessa Corte, che ha escluso la decorrenza del termine per ricorrere per cassazione in una fattispecie in cui era pacifico che il cancelliere aveva proceduto alla mera “comunicazione” della sentenza di appello, e non alla sua notificazione;

i ricorsi vanno in conclusione dichiarati inammissibili;

le spese processuali seguono la soccombenza;

considerato, tuttavia, che il curatore speciale controricorrente si è avvalso del patrocinio a spese dello Stato, questa Corte deve limitarsi a condannare le parti soccombenti a versare tali spese all’Amministrazione Finanziaria dello Stato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 133, senza procedere ad alcuna liquidazione, spettante invece, ai sensi della corretta lettura degli artt. 82 e 83, D.P.R. cit., al giudice di merito (cfr., da ult., Cass. Sez. Un. 11/12/2012, n. 22792), individuato, nell’ipotesi di rigetto del ricorso, nel giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ossia nella specie la Corte d’appello di Roma;

poichè, inoltre, dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n.115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi. Condanna le parti ricorrenti al pagamento, in favore dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, delle spese del giudizio di legittimità, da liquidarsi a cura della Corte d’appello di Roma.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2018

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