Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10104 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 04/10/2019, dep. 28/05/2020), n.10104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15976/14 R.G. proposto da:

Procter & Gamble Italia s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

Alessandro Trivoli, con domicilio eletto presso lo studio Trivoli

& Associati, sito in Roma, via Marocco, 18;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 390/29/2013, depositata il 10 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 ottobre 2019

dal Consigliere Paolo Catallozzi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Stefano Visonà, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso;

udito gli avv. Alessandro Trivoli, per la ricorrente, e Roberto

Palasciano, per la controricorrente

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Procter & Gamble s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 10 dicembre 2013, che, in parziale accoglimento degli appelli proposto dall’Ufficio (per il tramite della Direzione Regionale del Lazio e della Direzione Provinciale di Roma), ha dichiarato inammissibile la sua domanda di rimborso del credito I.v.a. limitatamente all’imposta versata sino al 2 dicembre 2006, confermando l’accoglimento della domanda relativamente all’imposta versata successivamente a tale data.

2. Dall’esame della sentenza impugnata emerge che il credito vantato si riferiva all’I.v.a. incorporata in buoni – emessi da essa stessa, nonchè dalla Gilette Group Italy s.r.l., successivamente incorporata – che riconoscevano al portatore il diritto di beneficiare di uno sconto sul prezzo di acquisto dei prodotti commercializzati presso i rivenditori.

2.1. Il giudice di appello, dopo aver dato atto che la Commissione provinciale aveva accolto integralmente il ricorso della contribuente, ha parzialmente accolto il gravame erariale evidenziando che, poichè la società aveva presentato di rimborso in data 2 dicembre 2008, doveva ritenersi maturato il termine decadenziale biennale previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, in ordine all’imposta versata in epoca antecedente il 2 dicembre 2006.

3. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

5. La Procter & Gamble Italia s.p.a. deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e dell’art. 132 c.p.c., per motivazione contraddittoria.

Evidenzia, in proposito, che la Commissione regionale, da un lato, nel riconoscere il diritto al rimborso del credito I.v.a. relativo alle operazioni poste in essere dopo il 3 dicembre 2006, aveva implicitamente riconosciuto la correttezza della procedura di variazione dell’imponibile effettuata ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, da cui risultava il credito vantato, e, dall’altro, aveva ignorato gli effetti di tale procedura, non considerando la sua rilevanza ai fini dell’individuazione del dies a quo della decorrenza del termine di decadenza biennale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1 e art. 26, comma 2 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, per aver la sentenza di appello dichiarato la sua decadenza dalla restituzione dell’imposta versata in epoca antecedente il 3 dicembre 2006, benchè l’I.v.a. oggetto della richiesta di rimborso derivasse da note di variazione emesse in data 14 novembre 2008 e il relativo importo fosse stato imputato nella dichiarazione relativa al periodo di imposta 2008.

La domanda di rimborso, infatti, sottolinea la società, era stata proposta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione I.v.a. relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione era sorto e l’evidenziazione del credito I.v.a. nella dichiarazione annuale del 2008 costituiva una manifestazione di volontà di ottenere il rimborso.

3. Con il terzo motivo la parte si duole della nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per contraddittorietà della motivazione, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

Pone in luce, sul punto, che la decisione ha sancito che il presupposto per il rimborso si era maturato nel gennaio 2007, per cui era contraddittoria la statuizione di decadenza dalla restituzione per decorso del termine biennale.

Inoltre, il dies a quo doveva essere ancorato al termine ultimo per l’esercizio del diritto alla detrazione (secondo anno successivo a quello in cui la detrazione era sorto) o, comunque, alla data di liquidazione dell’I.v.a. relativa al periodo di registrazione delle note di variazione.

3.1. I tre motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente, sono, nei limiti che seguono, fondati.

Per una migliore comprensione dei fatti può rilevarsi che la vicenda trae origine dalla distribuzione da parte della contribuente di buoni in favore di consumatori finali e dalla loro successiva utilizzazione da parte di questi ultimi per ottenere uno sconto sul prezzo di vendita di prodotti all’atto dell’acquisto dai rivenditori, i quali hanno, poi, chiesto alla contribuente, in coerenza con gli accordi contrattuali con la medesima conclusi, il rimborso dell’importo corrispondente allo sconto effettuato.

I prodotti acquistati dai consumatori finali sono, dunque, stati oggetto di una prima cessione da parte della contribuente ai rivenditori, con applicazione dell’I.v.a. sull’intero prezzo e con corrispondente assunzione dell’obbligo da parte della prima di versare l’I.v.a. indicata nelle relative fatture e insorgenza del diritto di quest’ultima di detrarre l’I.v.a. di rivalsa assolta.

A seguito dell’utilizzo del buono sconto da parte del consumatore finale, il rivenditore ha incassato un importo inferiore rispetto a quello di listino, ma la differenza gli è stata versata poi dalla contribuente.

L’esecuzione delle attività di rendicontazione dei buoni utilizzati è stata affidata ad una società terza e all’esito della stessa la contribuente ha provveduto a versare ai rivenditori quanto da loro non incassato per effetto dell’utilizzo dei buoni da parte dei consumatori finali, a rettificare l’imponibile della prima cessione nei confronti dei rivenditori e, quindi, ad inoltrare l’istanza di restituzione della quota di imposta incorporata nel valore del buono sconto.

3.2. Orbene, deve osservarsi che, con particolare riferimento alla fattispecie in esame, la Corte di giustizia ha affermato che l’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), e parte C, n. 1, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che “quando un fabbricante emetta un buono sconto, rimborsabile per un importo indicato sul buono dal fabbricante, o a suo carico, a favore del dettagliante, il buono, consegnato ad un cliente potenziale nell’ambito di una campagna promozionale di vendite, possa essere accettato dal dettagliante in pagamento di un determinato prodotto, il fabbricante abbia venduto il prodotto al “prezzo di fabbrica” direttamente al dettagliante e quest’ultimo accetti il buono quando vende il prodotto al cliente, lo consegni al fabbricante e riceva l’importo indicato, la base imponibile corrisponde al prezzo di vendita praticato dal fabbricante, decurtato dell’importo indicato sul buono e rimborsato” (così, Corte Giust. 24 ottobre 1996, Elida Gibbs ltd.).

Pertanto, è consentita la variazione in diminuzione della base imponibile al fornitore che, in virtù di una sua scelta imprenditoriale autonoma e spontanea, abbia distribuito buoni ai consumatori finali, da cui sia conseguita la restituzione, da parte sua, al distributore di una quota del prezzo pagato da quest’ultimo, comprensiva sia dell’imponibile sia dell’imposta, anche se derivante da sconti concessi dal cedente a consumatori finali con cui non sussista un diretto contratto di compravendita, ma a condizione che tale sconto sia univocamente ricollegabile all’operazione originaria tra fornitore e rivenditore (cfr. Cass. 26 ottobre 2015, n. 20964).

3.3. Ciò posto, si evidenzia che a seguito della variazione della base imponibile derivante dall’utilizzazione di buono sconto l’originario versamento dell’I.v.a. da parte del fornitore assume carattere indebito, limitatamente alla quota del prezzo della cessione restituita a rivenditori.

Vertendosi in tema di indebito tributario in materia di I.v.a., il contribuente che intenda ripetere quanto versato in eccesso può alternativamente ricorrere alla procedura di variazione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, nei limiti in cui la stessa è consentita, al fine di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, ovvero, come effettuato dalla contribuente, all’azione generale di rimborso (cfr. Cass., ord., 7 giugno 2017, n. 14239; Cass. 11 maggio 2012, n. 7330).

In quest’ultimo caso, trova applicazione la disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, secondo cui “La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

3.4. Con riferimento all’individuazione del dies a quo del termine decadenziale ivi previsto, deve ritenersi che il pagamento dell’imposta assume carattere indebito solo nel momento in cui il fornitore – in adempimento degli obblighi assunti con la distribuzione dei buoni ed a seguito dell’effettivo e corretto utilizzo degli stessi secondo le modalità previste – rimborsa la quota prezzo, comprensiva di imponibile ed imposta, ai rivenditori e, pertanto, solo in tale momento si verifica il presupposto della restituzione dell’imposta in precedenza versata e non più dovuta a seguito della riduzione dell’imponibile originariamente stabilito.

Non rilevanti sono, dunque, sia il momento in cui l’imposta è stata versata dal produttore, quale debitore di imposta a seguito della cessione dei prodotti ai rivenditori, sia quello in cui è stata effettuata la rettifica dell’imponibile ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, trattandosi di adempimento finalizzato alla regolarizzazione – sotto il profilo fiscale – dell’operazione, ma inidoneo ad incidere sull’esistenza e la validità del titolo del pagamento dell’imposta.

3.5. La Commissione regionale non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, poichè ha affermato che la contribuente era incorsa, quanto ai versamenti dell’imposta effettuati sino al 2 dicembre 2006, nella decadenza biennale prevista al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, senza verificare la data in cui si era verificato il presupposto per la restituzione e, per l’esattezza, la data in cui la contribuente aveva rimborsato ai rivenditori la quota prezzo corrispondente al valore dei buoni utilizzati dai consumatori finali per l’acquisto dei prodotti cui si riferiva l’istanza di rimborso dell’I.v.a..

4. All’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso segue l’assorbimento dell’ultimo motivo con cui la società lamenta, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia sull’eccezione, riproposta con le controdeduzioni in appello, avente ad oggetto la permanenza del diritto di credito, pur a seguito dello spirare del termine biennale per l’istanza di rimborso, per effetto dell’applicazione del principio di neutralità dell’I.v.a..

5. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, nei sensi di cui in motivazione e con riferimento ai motivi accolti, e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo, secondo e terzo motivo di ricorso e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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