Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10102 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 03/02/2017, dep.21/04/2017),  n. 10102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27237/2013 proposto da:

IDROTECNA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PZ.LE DELLE PROVINCE 8, presso lo

studio dell’avvocato STEFANIA BELMONTE, che lo rappresenta e difende

unitamente agli Avvocati GIANFRANCESCO VETERE, ROSARIO FORTINO,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENTE RISCOSSIONE ROMA EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE VARI’, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 12/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato VETERE che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato VARI’ che si riporta agli

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società IDROTECNA propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 55/21/13, depositata il 12/3/2013, che ha respinto l’appello e confermato la decisione di primo grado con la quale è stata affermata la legittimità dell’iscrizione di ipoteca, su immobili di proprietà della contribuente, in forza di alcune cartelle di pagamento relative ad imposta di registro, IVA ed IRAP.

Il Giudice di appello osservava, in particolare, la insussistenza della dedotta violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, per omessa notificazione del preavviso di iscrizione dell’ipoteca, stante l’inapplicabilità della invocata disposizione, non avendo l’Agente della riscossione avviato alcuna procedura espropriativa ai danni della società. Evidenziava, altresì, che risulta pure dimostrata l’intervenuta notifica diretta, a mezzo del servizio postale, delle cartelle esattoriali presupposte, la cui mancata impugnazione nei termini aveva reso incontestabile il carico erariale e non esaminabili le doglianze al riguardo tardivamente formulate dalla contribuente.

L’intimata Equitalia Sud s.p.a. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce, contraddittorietà della motivazione della decisione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacchè il Giudice di merito non avrebbe considerato che l’iscrizione di ipoteca è preordinata all’espropriazione forzata e, dunque, è atto funzionale all’espropriazione medesima, per cui, nel caso sia decorso più di un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’iscrizione può essere effettuata solo dopo la notificazione della intimazione di pagamento di cui al richiamato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, essendo venuta meno la capacità del ruolo di valere come titolo esecutivo.

Con il secondo motivo deduce violazione delle norme del codice di rito che regolano la notificazione degli atti giudiziari, essendo inesistente o, comunque, nulla, la notificazione di una cartella di pagamento effettuata, a mezzo lettera raccomandata a.r., direttamente dalla società di riscossione e non tramite l’ufficiale giudiziario.

Con il terzo motivo deduce omessa notifica dell’avviso di pagamento o avviso bonario, atto prodromico alla cartella esattoriale, con conseguente inesigibilità della pretesa tributaria azionata nei confronti del contribuente.

Con il quarto motivo deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, giacchè il Giudice di merito avrebbe errato nel ritenere insussistente la dedotta carenza di motivazione del provvedimento con cui è stata data comunicazione dell’ iscrizione di ipoteca.

Va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso.

L’intimata sostiene che l’avv. Rosario Fortino non avrebbe potuto provvedere alla notifica dell’impugnazione, personalmente, a mezzo del servizio postale, ai sensi della L. n. 53 del 1992, in quanto non provvisto di valida procura alle liti, a norma dell’art. 83 c.p.c., non risultando iscritto, almeno sino alla data del 10/12/2013, all’albo speciale dei patrocinanti in cassazione, come richiesto dall’art. 365 c.p.c., ed essendo quindi privo dello ius postulandi, a differenza dell’avv. Luca Falcone, codifensore, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso.

L’eccezione va rigettata perchè per uno dei due difensori, l’avv. Falcone, appunto, non si contesta l’iscrizione all’albo dei cassazionisti e perchè non può considerarsi affetta da nullità la notifica del ricorso per cassazione eseguita su istanza di patrocinante munito di procura speciale per il giudizio di legittimità, ancorchè non iscritto all’albo speciale degli avvocati abilitati all’esercizio dinnanzi alla Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 4438/1995; n. 1174/1983).

Questa Corte, seppure in fattispecie diversa, ha altresì precisato che “la inesistenza della notificazione può ravvisarsi soltanto quando essa sia stata richiesta da chi non ha la rappresentanza della parte, non essendo, in tal caso, a questa in alcun modo riferibile l’atto compiuto, mentre, se richiesta da procuratore non abilitato – o perchè esercente extra districtum o perchè non iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione -, è affetta da nullità della quale è possibile la sanatoria per effetto del conseguimento dello scopo ” (Cass. n. 3784/1990) per cui, anche sotto tale profilo, la censura va disattesa.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Vero è, infatti, che il Giudice di appello, seppure con sintetica motivazione attesa la data di pubblicazione della sentenza conclusiva del giudizio di secondo grado, nella fattispecie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione restrittiva introdotta del suddetto D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con L. n. 134 del 2012 – ha richiamato e fatto proprio il principio secondo cui “l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicchè può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui al cit. D.P.R. n. 602, art. 50, comma 2, la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento” (Cass. sez. unite 19667/2014; v. anche la “gemella” 19668/2014).

D’altro canto la doglianza della contribuente, per come formulata, non sembra affatto riferibile alla specifica questione della generale rilevanza del principio del contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione di un giusto procedimento partecipato per una tutela effettiva del contribuente, sia pure in rapporto alla disciplina ratione temporis applicabile alla esaminata fattispecie, continuando invece ad insistere nella tesi – non condivisibile – che la iscrizione ipotecaria “è preordinata all’espropriazione forzata e, dunque, è un atto funzionale all’espropriazione medesima” e che come tale debba essere regolata.

Infondato è il secondo motivo di ricorso.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, u.p., prevede espressamente che l’ufficiale della riscossione possa avvalersi direttamente della notifica diretta dei propri atti, mediante invio a mezzo del servizio postale di raccomandata con avviso di ricevimento ed in tal senso la predetta disposizione è stata costantemente interpretata da questa Corte (Cass. n. 11708/2011; n. 15948/2010; n. 14327/2009; n. 2288/2011; n. 1091/2013; n. 21558/2015).

La ricorrente, peraltro, non ha svolto argomenti per contrastare il principio secondo cui “la seconda parte, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. n. 704/2017; n. 21558/2015).

Inoltre, è opportuno evidenziare l’assoluta irrilevanza, ai fini della validità della notifica della cartella, del fatto che a consegnare la cartella all’ufficiale postale sia stato un soggetto, ossia direttamente l’agente della riscossione (il concessionario, già esattore), e non l’ufficiale della riscossione da questi nominato (o altro soggetto abilitato dal succitato art. 26, comma 1, prima parte), “posto che tale modalità di notifica a mezzo posta – alternativa a quella di cui alla prima parte dell’art. 26, comma 1, cit., questa sì di competenza esclusivamente dei soli soggetti ivi indicati – resta del tutto affidata al concessionario stesso, che può darvi corso nelle modalità ritenute più opportune, nonchè all’ufficiale postale” (Cass. n. 6395/2014).

E’ evidente, quindi, che nell’ipotesi in cui, come nel caso qui vagliato, l’agente della riscossione si sia avvalso della notifica diretta della cartella di pagamento, non possano trovare applicazione le disposizioni del codice di rito, e neppure quelle di cui alla L. n. 890 del 1982, dettate in materia di notificazione di atti giudiziari, contrariamente a quanto auspicato dalla contribuente.

Va disatteso anche il terzo motivo di ricorso.

La società IDROTECNA, infondatamente, si duole del fatto che ciascuna cartella esattoriale non sia stata preceduta dalla notifica dell’avviso di pagamento o avviso bonario.

La censura non tiene conto che il Giudice di appello ha accertato “che le cartelle esattoriali sono state tutte regolarmente notificate” e che soltanto attraverso la tempestiva impugnazione di esse sarebbe stato possibile far valere tali vizi e quelli concernenti il ruolo.

La cartella esattoriale costituisce, infatti, l’atto impositivo con il quale il contribuente assume contezza della pretesa tributaria, con la conseguenza che è avverso di essa che va rivolta, almeno di regola, l’impugnazione.

E’ appena il caso di rilevare il difetto di autosufficienza della censura, ricompresa nel corpo dell’esaminato motivo di ricorso, concernente il difetto di titolarità, in capo alla contribuente, di talune delle particelle immobiliari aggredite, in quanto, nel giudizio di legittimità, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve specificare, ai fini del rispetto del suindicato principio di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione, riportando inoltre le parti dell’atto di appello necessarie a dimostrare la proposizione, sia nell’atto di gravame che in quello introduttivo del giudizio di primo grado, dei motivi dei quali assume l’erroneo rigetto.

Per analoghe ragioni va dichiarato inammissibile il quarto motivo di ricorso.

La contribuente si duole genericamente della carenza di motivazione del provvedimento di comunicazione dell’iscrizione di ipoteca, senza peraltro riportarne il contenuto, si limita a richiamare la L. n. 212 del 2000, art. 7, senza però distinguere tra cause di nullità e mere irregolarità, sovrapponendo i contenuti motivazionali del provvedimento impugnato con quelli afferenti le cartelle di pagamento presupposte, queste ultime “divenute definitive” per difetto di impugnazione, come correttamente rilevato dal Giudice di appello.

E’ opportuno ricordare che non può porsi un problema di legittimità dell’impugnato provvedimento per omessa allegazione di atti che erano comunque conosciuti dal contribuente, in quanto allo stesso in precedenza ritualmente notificati, e che l’obbligo di motivazione si articola in forma diversa a seconda della natura dell’atto.

Infatti, negli avvisi di accertamento che individuano la fonte della obbligazione tributaria, è necessario che vengano indicate, sia pur sommariamente, le ragioni sostanziali da cui l’obbligazione nasce, mentre negli atti consequenziali ed esecutivi è sufficiente (del citato art. 7, comma 3) l’indicazione dell’atto presupposto cui si dà esecuzione in quanto il contribuente deve dunque solo essere messo in condizione di accertate quale sia la fonte del suo obbligo e di controllare se essa sia stata regolarmente notificata (Cass. n. 24928/2008).

In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza, sono liquidate come in dispositivo.

Atteso il tenore della decisione, che è di rigetto, può trovare applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante totalmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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