Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10102 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10102 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 7955-2009 proposto da:
COMUNE DI MONSERRATO (c.f. 92033080927), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA N.S. DI LOURDES 25, presso l’avvocato
PETER FARRELL, rappresentato e difeso dall’avvocato
CARBONI GIANFRANCO, giusta procura speciale
2014
300

autenticata dal Vice Segretario Generale del Comune
di Monserrato dott.ssa LUISA BRUNA FRAU il 2.1.2014;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 09/05/2014

TRUDU MARIA DOLORES (c.f. TRDMDL25E57F383G), ZUDDAS
,

MARIA GRAZIA (c.f. ZDDMGR65H45B354X), domiciliate in
ROMA, PIAllA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

44

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese
dall’avvocato MASSIDDA GRAZIELLA, giusta procura a

avverso la sentenza n.

controricorrenti

286/2008 della CORTE

D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 24/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIANFRANCO
..,

CARBONI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
4

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine del rigetto del
ricorso.

margine del controricorso;

,

2

Svolgimento del processo
,

Le sig.re TRUDU MARIA DOLORES e ZUDDAS MARIA GRAZIA

.

proposero, dinanzi alla Corte di appello di Cagliari,
opposizione alla stima dell’indennità di occupazione
legittima delle aree di loro proprietà, interessate da

una procedura di attuazione di un programma di edilizia
abitativa agevolata; il Comune di Monserrato eccepì il
difetto di legittimazione passiva, assumendo che
obbligate al pagamento delle indennità erano le società
concessionarie che avevano attuato gli interventi
edilizi, dalle quali chiese di essere tenuto indenne e
chiese comunque il rigetto della domanda.
La corte, con sentenza definitiva del 24 giugno 2008, ha
, ritenuto la questione della legittimazione passiva già
decisa con sentenza non definitiva n. 358/2002, che aveva
dichiarato la esclusiva legittimazione passiva del detto
comune, in quanto beneficiario formale e sostanziale
dell’espropriazione e autore dell’occupazione; ha poi
quantificato l’indennità di occupazione in misura
corrispondente agli interessi calcolati anno per anno
sulla indennità virtuale di espropriazione determinata in
base al valore di mercato dei beni, con il metodo
analitico-ricostruttivo, stante la ritenuta
inutilizzabilità del metodo sintetico-comparativo per la
mancanza di elementi certi di comparazione; ha condannato
il comune alle spese processuali.
3

Il Comune di Monserrato propone ricorso per cassazione

avverso entrambe le suddette sentenze sulla base di

.

cinque motivi, illustrati da memoria, cui resistono le
intimate.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso, nel quale è sollevata la
questione della carenza di legittimazione attiva dei
resistenti per mancanza del titolo di proprietari, è
inammissibile perché non ha costituito oggetto di
dibattito nel giudizio di merito ed è stata sollevata per
la prima volta in questa sede di legittimità.
Il ricorso è improcedibile in relazione al secondo
motivo, nel quale è eccepita la carenza di legittimazione

,

passiva del comune

(che spetterebbe alle società

concessionarie obbligatesi all’espletamento della
procedura espropriativa in forza di convenzione stipulata
inter partes),

questione sulla quale si è pronunciata la

sentenza non definitiva della corte di appello che è
stata impugnata in questa sede ma non depositata
unitamente al ricorso. Il deposito della copia autentica
della sentenza impugnata è richiesto, a pena di
improcedibilità, anche nel caso di ricorso contro una
sentenza non definitiva, ancorché l’art 369, n. 2, c.p.c.
non consideri espressamente tale ipotesi, sicché, nel
caso in cui il ricorrente abbia impugnato (come nella
4

specie) sia la sentenza non definitiva che quella
4

definitiva, ma abbia depositato solo la copia autentica
di quest’ultima, il ricorso va dichiarato improcedibile
limitatamente alle censure riguardanti la prima (Cass. n.
18844/2008, n. 13473/2002).
Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 37, commi 4,

5 e 6, dPR n. 327/2001, censurandosi la sentenza
impugnata per avere attribuito un valore superiore a
quello di mercato, senza tenere conto della situazione
fattuale dei beni valutati unitariamente, pur essendo
frazionati in piccoli appezzamenti, il che ne escludeva o
riduceva l’edificabilità, perché era la stessa
perimetrazione delle aree, a norma dell’art. 51 della
legge n. 865/1971, che attribuiva ai beni un plusvalore
di cui non si sarebbe dovuto tenere conto.
Il motivo è inammissibile, avendo ad oggetto un tema di
indagine nuovo, concernente gli effetti della suddetta
perimetrazione delle aree ai fini dell’estensione del
suolo e della concreta capacità edificatoria dello
stesso, che non risulta se e quando sia stato introdotto
nel giudizio di merito e, quindi, non può esserlo per la
prima volta in sede di legittimità, tanto più che esso si
traduce in una inammissibile istanza di revisione del
giudizio di fatto compiuto dai giudici di merito ai fini
della concreta determinazione del valore dei beni.
Il quarto motivo, denunciante un vizio di motivazione
nella determinazione del valore dei beni, è anch’esso
5

inammissibile, per mancanza del necessario momento di
sintesi richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile
alla fattispecie

ratione temporis (v.

Cass., sez. un.,

n.16528/2008).
Il quinto motivo contesta la liquidazione delle spese per

avvocato e il capitale liquidato e per mancata
applicazione della tariffa media dello scaglione di
valore della causa.
Il motivo è infondato. Esso non censura la violazione
della tariffa massima, nel qual caso la parte avrebbe
avuto comunque l’onere di specificare analiticamente le
singole voci di tabella violate (tra le tante, Cass. n.
14542/2011, n. 18086/2009), ma genericamente la mancata
applicazione dei valori medi della tariffa e si traduce
quindi in una impropria censura dell’esercizio di un
potere discrezionale del giudice del merito.
In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle
spese, liquidate in 4000,00, di cui g 3800,00 per
compensi, oltr accessori di legge.
Roma, 4 febbra

mancanza di equilibrio tra i diritti e gli onorari di

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