Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10101 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 28/05/2020), n.10101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17688/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ PER IL PATRIMONIO IMMOBILIARE S.P.Im. SPA (C.F.

08866890158), in persona del legale rappresentante pro tempore, TONO

SRL (C.F. 01347990994), in persona del legale rappresentante pro

tempore, quali beneficiarie della scissa TONO DUE SPA, rappresentati

e difesi dall’Avv. MARCELLO BONOTTO, elettivamente domiciliati in

Roma, Via Sistina, 121;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria n. 13/2014 depositata in data 8 gennaio 2015;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 settembre

2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale STEFANO VISONA’, che ha concluso per l’inammissibilità e

in subordine il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. MATTIA CHERUBINI per l’Avvocatura Generale dello Stato,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’Avv. MARCELLO

BONOTTO per il controricorrente, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Le odierne società contribuenti, quali beneficiarie della scissa TONO DUE SPA, hanno impugnato il diniego di rimborso di un credito IVA, conseguente all’assoggettamento a IVA dell’indennità di occupazione erroneamente esposta in fattura e corrisposta alla società scissa dal Tennis Club Genova 1893.

La CTP di Genova ha dichiarato inammissibili per tardività i ricorsi riuniti. La CTR della Liguria, con sentenza in data 8 gennaio 2015, ha accolto l’appello, ritenendo tempestivo il ricorso e osservando nel merito che in relazione alle fatture in oggetto, aventi ad oggetto importi di natura risarcitoria non assoggettabili ad IVA, si sarebbero potute emettere note di variazione a termini del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, ove emesse entro l’anno, laddove per le fatture emesse oltre l’anno si sarebbe potuta presentare istanza di rimborso; ha, poi, accertato che il giudizio si riferisce a fatture emesse da oltre un anno, ritenendo non motivato il diniego al rimborso opposto dall’Agenzia delle Entrate.

Ha proposto ricorso l’Ufficio, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso parte contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo l’Ufficio censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 ed all’art. 2033 c.c., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che possa essere presentata domanda di rimborso per fatture emesse oltre l’anno, nonostante per tali fatture fosse stata emessa la nota di rettifica in diminuzione dell’IVA versata. Rileva il ricorrente in fatto, a fondamento del motivo, come siano state emesse note di rettifica per le fatture emesse oltre l’anno (le stesse per le quali è stata presentata la domanda di rimborso), così creando un indebito vantaggio fiscale per l’emittente e precludendo alla contribuente la presentazione della domanda di rimborso, salvo l’annullamento delle note di rettifica emesse. Rileva l’Ufficio come l’emissione della nota di rettifica si pone quale alternativa alla domanda di rimborso, per cui, una volta emessa la nota di rettifica, non sarebbe più possibile procedere con la domanda di rimborso, configurandosi l’emissione della nota di rettifica quale circostanza impeditiva per l’ottenimento del rimborso del credito.

Con il secondo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti, laddove la sentenza impugnata ha omesso di considerare che la contribuente avesse emesso note di rettifica in diminuzione IVA per le stesse fatture emesse da oltre un anno per cui ha presentato domanda di rimborso.

Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove la sentenza non ha pronunciato sull’eccezione dell’Ufficio che rilevava come la domanda giudiziale fosse di importo maggiore (Euro 11.420,76) rispetto alla originaria domanda di rimborso (Euro 9.309,01), limitandosi ad accertare esistente il diritto al rimborso.

2 – Il primo motivo (come anche il secondo) si fonda sulla circostanza in fatto secondo cui, in relazione alle stesse fatture emesse da oltre un anno (in relazione alle quali è stata presentata la domanda di rimborso), sarebbero state emesse note di rettifica in diminuzione dell’IVA versata, deducendosi da tale circostanza la violazione di legge, relativa alla impossibilità di chiedere il rimborso per le future per le quali siano state emesse note di rettifica.

2.1 – Va, a tale riguardo, rigettata la censura di inammissibilità per novità dei primi due motivi articolata dal controricorrente, non avendo il controricorrente ritrascritto il contenuto delle difese di primo grado e non consentendo, pertanto, di apprezzare la novità della censura.

2.2 – Il motivo è, tuttavia, inammissibile.

2.2.1 – La sentenza non contesta il principio secondo cui la emissione della nota di rettifica in diminuzione IVA e il rimborso da indebito versamento, in quanto finalizzati a recuperare la neutralità dell’imposta in tutte le ipotesi in cui il tributo assolto si riveli in tutto o in parte indebitamente acquisito, sono alternativi tra loro. Principio di alternatività che deriva dal fatto che in entrambi i casi l’emittente ottiene (con la creazione di un credito di imposta nel primo caso e con la erogazione del rimborso nel secondo) il recupero di quanto indebitamente versato all’Erario e il ripristino della neutralità. Afferma, al contrario, la sentenza impugnata (conformemente alle deduzioni dell’Ufficio), che la nota di rettifica IVA può essere emessa entro l’anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile, laddove l’istanza di rimborso può essere presentata per quelle emesse oltre l’anno. La sentenza impugnata ha, difatti, accertato che “il presente giudizio si riferisce esclusivamente a fatture emesse oltre un anno rispetto alle quali la procedura da applicare è quella del rimborso, rileva che tale è la procedura seguita dalle appellanti”.

Con il suddetto motivo il ricorrente intende, invece, ottenere un diverso esame del fatto, relativo all’accertamento dell’emissione di note di rettifica per le stesse fatture emesse oltre l’anno per le quali è stata presentata istanza di rimborso, accertamento che, oltre che incensurabile in sede di giudizio di legittimità – salvo l’errore revocatorio proponibile davanti al giudice che ha emesso la sentenza di appello – è stato compiuto dal giudice di appello. E’, difatti, principio affermato da questa Corte quello secondo cui in sede di legittimità sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass., Sez. III, 12 giugno 2018, n. 15196; Cass., Sez. II, 9 agosto 2005, n. 16742; Cass., Sez. Lav., 24 novembre 2004, n. 22154).

2.2.2 – Un ulteriore profilo di inammissibilità consegue, inoltre come rilevato dal controricorrente ed emerso nel corso della discussione – dalla mancanza di specificità del motivo, posto che delle menzionate note di rettifica, genericamente indicate dal ricorrente, non ne viene trascritto il contenuto, nè indicati gli estremi al fine (in tesi) di verificare la circostanza in fatto dell’emissione di tali note per le stesse fatture per le quali sia stato richiesto il rimborso. E’, difatti, principio condiviso che, in tema di emissione di note di rettifica, grava sulla parte che invochi l’esistenza di una nota di rettifica l’onere di provare la corrispondenza tra l’operazione originaria e quella sopravvenuta, mediante l’indicazione di quei dati che risultino idonei a collegare la nota alla fattura, ovvero dimostrando l’identità tra l’oggetto della fattura e delle registrazioni originarie e l’oggetto della registrazione della variazione (Cass., Sez. V, 18 gennaio 2019, n. 1303; Cass., Sez. V, 26 settembre 2018, n. 22940).

2.2.3 – Ancora, il motivo si rivela inammissibile per insufficienza del parametro normativo, non essendo stata indicata la ragione giuridica per la quale sarebbero state emesse le note di rettifica, posto che ai fini dell’emissione della nota di rettifica IVA occorre indicare, oltre alla realizzazione di un’operazione imponibile, al regolare adempimento e al decorso di un termine infrannuale tra compimento dell’operazione ed emissione della nota, il sopravvenire di una causa idonea all’emissione della nota medesima (Cass., n. 1303/2019, cit.), al fine di fornire elementi tali da ricondurre la variazione dell’importo originariamente fatturato tra le ipotesi contemplate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2, (Cass., Sez. V, 10 dicembre 2014, n. 25987).

3 – Il secondo motivo, fondato sulla medesima circostanza in fatto dell’emissione delle note di rettifica per le stesse fatture per le quali è stata presentata domanda di rimborso, è ugualmente inammissibile per le medesime considerazioni.

Si aggiunga, quale ulteriore motivo di inammissibilità, la circostanza secondo cui non viene indicato compiutamente il luogo processuale nel quale la questione avrebbe fatto ingresso nel giudizio, essendosi limitato l’Ufficio a riportare le sole deduzioni del grado di appello.

4 – Il terzo motivo è ugualmente inammissibile in quanto il ricorrente non ritrascrive nè il provvedimento impugnato, nè gli atti di parte dai quali desumere il vizio di ultrapetizione.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento delle spese processuali in favore di SOCIETA’ PER IL PATRIMONIO IMMOBILIARE S.P.IM. SPA e TONO SRL, in solido tra loro, che liquida in complessivi Euro 2.800,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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