Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10101 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10101 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 6887-2009 proposto da:
, I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE

C.F.

80078750587, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2015
227

ALESSANDRO RICCIO, GIUSEPPINA GIANNICO, NICOLA
VALENTE, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

L
LA GIOIA LUdh;

Data pubblicazione: 18/05/2015

-p

– intimateL

avverso la sentenza n. 2015/2008 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 12/12/2008 r.g.n. 35/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/01/2015 dal Consigliere Dott. UMBERTO

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO per delega verbale
VALENTE NICOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

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BERRINO;

Svolgimento del processo
Con sentenza del 13/11 — 12/12/08, la Corte d’appello di Lecce ha parzialmente
accolto l’impugnazione proposta da La Gioia Lucia avverso la sentenza del giudice
del lavoro del Tribunale di Lecce che le aveva respinto la domanda volta al

l’appellante aveva diritto a tale prestazione a decorrere dall’11112006, per cui ha
condannato l’Inps a corrispondergliela.
La Corte territoriale ha spiegato che il consulente d’ufficio, nominato in seconde
cure, aveva accertato che l’assistita era portatrice di uno stato di invalidità
superiore ai 2/3 a decorrere dalli/1/06 e che tale conclusione era ineccepibile sul
piano tecnico-scientifico ed esente da vizi di carattere logico.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo.
Rimane solo intimata La Gioia Lucia.
Motivi della decisione
Con un solo motivo l’Inps censura l’impugnata sentenza per violazione degli artt.
61, 62, 194 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
A sostegno di tale censura la difesa dell’istituto deduce quanto segue:- La Corte
d’appello era incorsa nel denunziato vizio motivazionale in quanto non aveva
tenuto conto delle contrarie osservazioni formulate dal consulente tecnico di parte
dell’inps in ordine alla perizia medico-legale svolta d’ufficio e nemmeno aveva
rappresentato le ragioni scientifiche che avrebbero consentito di disattendere tali
osservazioni. Inoltre, contrariamente a quanto affermato nella sentenza, le
conclusioni cui era pervenuto l’ausiliare d’ufficio erano state tempestivamente
contestate mediante il deposito di note del perito di parte, circostanza, questa,
della quale la Corte di merito non aveva neanche dato atto. In ogni caso, il giudizio
espresso dal consulente d’ufficio e condiviso in maniera apodittica dal giudicante
appariva insufficiente ed in contraddizione con la visita personale, tanto che Io
stesso era stato dettagliatamente criticato nelle note del consulente di parte,

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conseguimento dell’assegno ordinario di invalidità e, per l’effetto, ha dichiarato che

senza che la Corte di merito ne avesse fatto menzione nella sentenza. Infine, le
conclusioni del perito d’ufficio non erano supportate da riscontri concreti all’esito
della visita personale ed erano censurabili per la loro devianza dai canoni
scientifici della scienza medico-legale, così come illustrato nelle note del perito di

Il ricorso è infondato.
Invero, premesso che l’impugnazione è proposta per un presunto vizio
motivazionale della sentenza, va ricordato che la valutazione espressa dal giudice
di merito in ordine alla obbiettiva esistenza delle infermità, alla loro natura ed
entità, nonché alla loro dipendenza dall’attività lavorativa svolta costituisce tipico
accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità quando è sorretto, come
nella fattispecie, da motivazione immune da vizi logici e giuridici che consenta di
identificare l’iter argomentativo posto a fondamento della decisione.
In effetti, allorquando il giudice di merito fondi, come nel caso in esame, la sua
decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie,
perché i lamentati errori e lacune della consulenza determinino un vizio di
motivazione della sentenza di merito, censurabile in sede di legittimità, è
necessario che essi siano la conseguenza di errori dovuti alla documentata
devianza dai canoni della scienza medica o di omissione degli accertamenti
strumentali e diagnostiche dai quali non si possa prescindere per la formulazione
di una corretta diagnosi.
Orbene, sotto questo specifico aspetto, non è sufficiente, per la sussistenza del
vizio di motivazione, la mera prospettazione di una semplice difformità tra le
valutazioni del CTU e quella della parte circa l’entità e l’incidenza del dato
patologico, poiché in mancanza degli errori e delle omissioni sopra specificate le
censure di difetto di motivazione costituiscono un mero dissenso diagnostico non
attinente a vizi del processo logico e si traducono in una inammissibile richiesta di
revisione del merito del convincimento dei giudice.

2

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parte alle quali la Corte d’appello aveva omesso di rispondere.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. lav. n. 9988 del 29/4/2009) che “in materia di
prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute
dell’assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza
che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è

la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali
secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una
corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce
mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale
traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del
giudice.”(conf. a Cass. Sez. lav. n. 15796 del 13/8/2004; v. altresì in senso
analogo Cass. sez. lav. n. 8654 del 31412008, Cass. sez. lav. n. 569 del 12/1/2011
e Sez. 6— Lav., Ordinanza n. 1652 del 3/2/2012)
Orbene, nella fattispecie il ricorrente ha contrapposto alla valutazione del
consulente tecnico d’ufficio, recepita dal giudice di appello, un diverso
apprezzamento della entità delle patologie riscontrate a suo carico, senza
evidenziare alcuna specifica carenza o deficienza diagnostica o errore scientifico,
bensì limitandosi ad esprimere una diversa valutazione del medesimo quadro
patologico. Infatti, la difesa dell’Inps si limita ad enunciare un’asserita devianza
delle conclusioni del perito d’ufficio dai canoni della scienza medica senza
specificare in concreto quali erano i canoni scientifici violati ed in che modo
sarebbe stata consumata l’asserita devianza dagli stessi. Egualmente infondata è
la doglianza della mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, delle
obiezioni sollevate dal consulente di parte con le proprie note, atteso che dal
giudizio attraverso il quale i giudici di seconde cure hanno condiviso le conclusioni
dell’ausiliario d’ufficio si deduce che le contrarie osservazioni erano da ritenere
implicitamente rigettate.
Pertanto, il ricorso va rigettato.

ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica,

Non va adottata alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio in
considerazione del fatto che l’assistita è rimasta solo intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

li Consigliere estensore

Così deciso in Roma il 15 gennaio 2015

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