Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10101 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10101 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

Data pubblicazione: 09/05/2014

SENTENZA

sul ricorso 7954-2009 proposto da:
COMUNE DI MONSERRATO (c.f. 92033080927), in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA N.S. DI LOURDES 25, presso l’avvocato
PETER FARRELL, rappresentato e difeso dall’avvocato
CARBONI GIANFRANCO, giusta procura speciale
2014
299

autenticata dal Vice Segretario Generale del Comune
di Monserrato dott.ssa LUISA BRUNA FRAU il 2.1.2014;
– ricorrente –


4

49

contro

1

TRUDU CECILIA (c.f. TRDCCL28T45F383X), in proprio e
nella qualità di procuratrice generale di MACCIOCCO
SALVATORE (C.F. MCCSVT57M22F3800), VINCIS ANNALISA
(C.F. VNCNLS54L64B354R), VINCIS MARIA FRANCESCA
(C.F. VNCMFR51S43B354Z), SECCI PIETRO (C.F.
VINCIS

ALESSANDRO

(C.F.

VNCLSN58M24B354G), e TRUDU RODOLFO (c.f.
TRDRLF45E24), elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA SAN GIOVANNI LATERANO 26, presso l’avvocato
LANFRANCO CUGINI, rappresentati e difesi
dall’avvocato MADEDDU MARINELLA, giusta procura a
margine del controricorso e procura speciale per
Notaio dott. RAIMONDO ZAGAMI di ROMA – Rep.n. 349
del 22.4.2009;
– controri correnti contro

TRUDU ADRIANA;
– intimata –

avverso la sentenza n.

282/2008 della CORTE

SCCPTR43A09B354R),

D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 23/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIANFRANCO
CARBONI che ha chiesto la cessazione della materia

2

del contendere;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato CUGINI,
con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per

ricorso.

4


r

l’inammissibilità o in subordine del rigetto del

3

Svolgimento del processo
I sig.ri TRUDU CECILIA, in proprio e nella qualità di
procuratrice generale di MACCIOCCO SALVATORE, VINCIS
ANNALISA, VINCIS MARIA FRANCESCA, SECCI PIETRO, VINCIS
ALESSANDRO e TRUDU RODOLFO proposero, dinanzi alla Corte

di appello di Cagliari, opposizione alla stima
dell’indennità di occupazione legittima delle aree di
loro proprietà, interessate da una procedura di
attuazione di un programma di edilizia abitativa
agevolata; il Comune di Monserrato eccepì il difetto di
legittimazione passiva, assumendo che obbligate al
pagamento delle indennità erano le società concessionarie
che avevano attuato gli interventi edilizi, dalle quali
chiese di essere tenuto indenne e chiese comunque il
rigetto della domanda.
La corte, con sentenza definitiva del 23 giugno 2008, ha
ritenuto la questione della legittimazione passiva già
decisa con sentenza non definitiva n. 353/2002, che aveva
dichiarato la esclusiva legittimazione passiva del detto
comune, in quanto beneficiario formale e sostanziale
dell’espropriazione e autore dell’occupazione; ha poi
quantificato l’indennità di occupazione in misura
corrispondente agli interessi calcolati anno per anno
sulla indennità virtuale di espropriazione determinata in
,

base al valore di mercato dei beni, con il metodo
analitico-ricostruttivo,

stante

la

ritenuta
4

inutilizzabilità del metodo sintetico-comparativo per la
mancanza di elementi certi di comparazione; ha condannato
il comune alle spese processuali.
Il Comune di Monserrato propone ricorso per cassazione
avverso entrambe le suddette sentenze sulla base di

cinque motivi, cui resistono gli intimati.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso, nel quale è sollevata la
questione della carenza di legittimazione attiva dei
resistenti per mancanza del titolo di proprietari, è
inammissibile perché non ha costituito oggetto di
dibattito nel giudizio di merito ed è stata sollevata per
la prima volta in questa sede di legittimità.
Il ricorso è improcedibile in relazione al secondo
motivo, nel quale è eccepita la carenza di legittimazione
passiva del comune (che spetterebbe alle società
concessionarie obbligatesi all’espletamento della
procedura espropriativa in forza di convenzione stipulata
inter partes),

questione sulla quale si è pronunciata la

sentenza non definitiva della corte di appello che è
stata impugnata in questa sede ma non depositata
unitamente al ricorso. Il deposito della copia autentica
della sentenza impugnata è richiesto, a pena di
improcedibilità, anche nel caso di ricorso contro una

sentenza non definitiva, ancorché l’art 369, n. 2, c.p.c.

5

non consideri espressamente tale ipotesi, sicché, nel
caso in cui il ricorrente abbia impugnato (come nella
specie) sia la sentenza non definitiva che quella
definitiva, ma abbia depositato solo la copia autentica
di quest’ultima, il ricorso va dichiarato improcedibile

limitatamente alle censure riguardanti la prima (Cass. n.
18844/2008, n. 13473/2002).
Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 37, commi 4,
5 e 6, dPR n. 327/2001, censurandosi la sentenza
impugnata per avere attribuito un valore superiore a
quello di mercato, senza tenere conto della situazione
fattuale dei beni valutati unitariamente, pur essendo
frazionati in piccoli appezzamenti, il che ne escludeva o
riduceva l’edificabilità, perché era la stessa
A

perimetrazione delle aree, a norma dell’art. 51 della
legge n. 865/1971, che attribuiva ai beni un plusvalore

»

di cui non si sarebbe dovuto tenere conto.
Il motivo è inammissibile, avendo ad oggetto un tema di
indagine nuovo, concernente gli effetti della suddetta
perimetrazione delle aree ai fini dell’estensione del
suolo e della concreta capacità edificatoria dello
stesso, che non risulta se e quando sia stato introdotto
nel giudizio di merito e, quindi, non può esserlo per la
prima volta in sede di legittimità, tanto più che esso si
,

traduce in una inammissibile istanza di revisione del

6

giudizio di fatto compiuto dai giudici di merito ai fini
della concreta determinazione del valore dei beni.
Il quarto motivo, denunciante un vizio di motivazione
nella determinazione del valore dei beni, è anch’esso
inammissibile, per mancanza del necessario momento di

alla fattispecie

ratione temporis

sintesi richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile
(v. Cass., sez. un.,

n.16528/2008).
Il quinto motivo contesta la liquidazione delle spese per
mancanza di equilibrio tra i diritti e gli onorari di
avvocato e il capitale liquidato e per mancata
applicazione della tariffa media dello scaglione di
valore della causa.
Il motivo è infondato. Esso non censura la violazione
della tariffa massima, nel qual caso la parte avrebbe
avuto comunque l’onere di specificare analiticamente le
singole voci di tabella violate (tra le tante, Cass. n.
14542/2011, n. 18086/2009), ma genericamente la mancata
applicazione dei valori medi della tariffa e si traduce
quindi in una impropria censura dell’esercizio di un
potere discrezionale del giudice del merito.
In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
,

P.Q.M.

7

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle
spese, liquidate in C 4200,00, di cui C 4000,00 per
compensi, oltre accessori di legge.

Roma, 4 febbraio 2014.

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